Witch House torinese. Una scena underground
Witch House: un movimento nato verso la fine del 2009 negli Stati Uniti, che ingloba ogni tipo di sonorità metropolitana del passato per ricreare un codice sonoro ben leggibile in questo tempo presente, dove la parola d'ordine è diventata “miscelazione”. E in Italia?
In Italia Witch House fa rima con Belzebau, un progetto musicale curato da Roberto Vaio, “sperimentatore mediatico” con un passato radiofonico a Radio Flash di Torino, che da qualche tempo si dedica proprio a questa mescolanza di suoni, per molti versi ancora sconosciuta sul suolo italico.
“Mi sono avvicinato a questo genere”, spiega Vaio, “perché rispecchia i miei gusti musicali: new wave, ambient, hip hop, metal, industrial, acid house, trance, funky e techno diventano, metaforicamente parlando, gli strumenti che servono alla creazione della musica witch house, e il tutto senza dimenticare le atmosfere tanto surreali quanto macabre della serie televisiva più gettonata negli Anni Novanta, ovvero ‘Twin Peaks’ di David Linch. Un vero e proprio stampo atmosferico di questo genere musicale”.
Perché l’uso di questo nome? “Ho miscelato la paura dei grandi con quella dei piccoli, Belzebù (il diavolo) e il Babau (l’uomo nero)”. Una crasi rivelatrice dello spirito giocoso di questo genere musicale che elegge Youtube a luogo deputato di ascolto. Se la cultura hip hop è fatta di musica, poesia, e graffiti, quella witch house è fatta di immagini e video amatoriali, dove moda, vintage, spezzoni di film Anni Quaranta/Cinquanta/Sessanta con meravigliose donne dell’epoca si fondono digitalmente in atmosfere oscure.
Anche Belzebau si attiene a questi schemi, sia visivi sia sonori, ma aggiunge qualcosa di personale, miscelando per lo più il genere dark a quello funky, ovviamente rallentato. Nonostante questo, è facile riconoscere tra i brani l’influenza di gruppi come Tangerine Dream, Kraftwerk, Tuxedomoon, Christian Death, e Skinny Puppy. Inoltre, Belzebau è una costola del progetto Mesmer Korps, fondato da Lorenzo Giorda aka Lord Theremin, che assieme al duo di videoartisti torinesi Fannidada costruisce “rituali contemporanei sotto il segno dell’ironia”, per sottolineare il lato spirituale del digitale. Da vedere e, soprattutto, sentire prossimamente nei locali più underground di Torino.
Claudia Giraud
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #24
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