I dischi in vinile superano il digitale nelle vendite. La controrivoluzione dell’LP parte dal Regno Unito
2,8 milioni di euro in una settimana per gli LP, rispetto a 2,5 milioni della musica digitale, secondo i dati rilasciati dall’E.R.A. (Entertainment Retailers Association)
Se parliamo di dischi LP sulla nostra testata pensate subito ad Andy Warhol con The Velvet Underground & Nico (1967), dei Velvet Underground, o a Salvador Dalí con Lonesome Echo, 1955, di Jackie Gleason, o magari a Gerard Richter con Daydream Nation, 1988, dei Sonic Youth? È normale, parliamo di alcuni dei casi più celebri di collaborazioni fra artisti visivi e musicisti, con la realizzazione di iconiche copertine passate ormai alla storia. Ma in questo caso ne parliamo per un motivo ben diverso, che attiene più al “mezzo”, alle dinamiche socio-tecno-culturali che si legano alla fruizione dell’arte, nella fattispecie della musica. Già, perché se è vero che da tempo ormai si discute del ritorno in auge del disco in vinile rispetto al digitale, finora la cosa pareva rivolta a una ristretta nicchia di nostalgici snob e romanticamente aggrappati al passato.
GIOVANISSIMI UNDER 25 ANNI
Ora invece pare proprio che si sia davanti a una realtà tutt’altro che aleatoria: tanto che dal Regno Unito, area da sempre in prima linea nelle questioni musicali, arriva la notizia che nella scorsa settimana le vendite di album in vinile hanno superato quelle dei download digitali. I numeri? 2,8 milioni di euro per gli LP, rispetto a 2,5 milioni della musica digitale, secondo i dati rilasciati dall’E.R.A. (Entertainment Retailers Association). Fra gli artisti più gettonati nel vecchio/nuovo formato, ci sono Kate Bush ed Amy Winehouse. Per cogliere il trend, lo scorso anno nello stesso periodo, il rapporto fu 1,4 milioni di euro contro i 5,1 milioni del digitale. E, cosa ancor più significativa, i dati segnalano che a guidare la storica svolta sarebbero i giovanissimi under 25 anni.
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