Baustelle. L’amore, la violenza e l’arte di vivere

Come (soprav)vivere, in leggerezza, negli anni del terrore. Ricominciando ad amare. I Baustelle sfornano un nuovo disco, a quattro anni di distanza dal monumentale “Fantasma”. Un disco di cui tutti parlano e che divide. Da un lato i delusi, dall’altro gli entusiasti. Che è già una buona cosa. L’intelligenza musicale certo non manca. Insieme alla consueta sfilza di citazioni.

Per chi s’era lasciato avvolgere dalla coltre plumbea, romantica ed esistenzialista del concept album Fantasma, tutto spleen e rapimenti sinfonici, il nuovo disco dei Baustelle potrebbe non sembrare all’altezza. Quelli che invece avevano rimpianto freschezza e groove agrodolce dei primi tempi, ecco che L’amore e la violenza sarà una bella scarica di ritrovato vigore. Oppure, li si potrà leggere come la doppia frequenza di una medesima narrazione, di un’unica vocazione. Non per forza aspettandosi, a ogni release, architetture epiche e capolavori radicali.
Certo, lì c’erano cimiteri monumentali, diorami di fossili, spettri inquieti, meditazioni sul tempo e la morte, Baudelaire, Poe, Morricone, l’amore mistico, delitti di sangue, organi e violini, mentre qui ci trovi Amanda Lear, Foster Wallace, l’Eurofestival, il Jetsemani, la sigla di Sandokan (nell’intro di Basso e Batteria), discoteche, iPhone, l’Era dell’Acquario per inguaribili fricchettoni, ragazzine candide e adolescenti eterni, le dannunziane tamerici de La pioggia nel pineto con i 5000 amici di Facebook (accostati nel languido ritratto di Betty).

E però, il passo lento di Francesco Bianconi, l’occhio nostalgico e sottilmente spietato, l’appeal da chansonnier contemporaneo – un po’ hypster, un po’ filosofo, a osservare il mondo da dietro i vetri in un principio d’autunno – sono ancora quelli. Mentre echi robusti di Battiato (passando, a piacere, da Pulp, Abba, Matia Bazar, Viola Valentino) si mischiano qui al sempre mirabilmente evocato De André, senza dimenticare De Gregori, Tenco, Ciampi, Brel, Gainsbourg.
I Baustelle si confermano maestri nella loro missione: fondere l’irresistibile leggerezza del pop con la migliore tradizione cantautoriale, contaminando passioni vintage anni ‘60/’80, citazionismi alti, tessiture elettroniche ed enfasi orchestrale.

Baustelle, Fantasma, 2013

Baustelle, Fantasma, 2013

CARTOLINE DAL PRESENTE

Se Fantasma era un disco sontuosamente notturno, L’amore e la violenza è un tuffo nella vita ­– di nuovo accelerata, radiosa, contagiosa – con le sue mezze tinte e le molte sfumature, fra melodia e beat, artificio e verità. Un album “oscenamente pop”: così lo hanno definito gli stessi Baustelle. Rimarcando il distacco dal lavoro di quattro anni fa.
I testi restano un fiore all’occhiello. Perfettamente sbozzati, fra la penombra e l’aurora, fra luci al neon e sintetizzatori analogici, scivolano con grazia, figli di esercizi di meditazione in salsa metropolitana. Esistenzialismi d’oggi, senza troppo caricare e senza mai abdicare alla coscienza delle cose: la storia, il passato, la memoria. E da qui il presente, da schizzare sul foglio.
Ancora una volta la band di Montepulciano scatta una fotografia del reale, passando da elucubrazioni concettuali e linee dell’emotività, riferimenti colti e nazionalpopolari. E tutto risulta ancora più crudele, nel cinico cut up dei frammenti e delle cartoline. l’Isis, la guerra, i profughi, le orde di stranieri dentro le fontane, i social network e l’idiozia di questi anni; ma anche strette al cuore per una stagione che svapora, ricordi d’infanzia in un cortile, tradimenti di coppia a un concerto rock e ventate di passione. Così procede, ad esempio, la bella traccia d’apertura, Il vangelo di Giovanni: armonie trascinanti e suoni sintetici, celebrando un’esistenza che ha l’ombra delle cose più crudeli e il profumo di quelle migliori.

I Baustelle

I Baustelle

INUTILE E BELLISSIMA. LA VITA, SECONDO I BAUSTELLE

E se “Essere felici non è facile”, come insegna La musica sinfonica, tentando di “vivere e rimanere giovani”, una cosa è sicura: La vita è bellissima in quanto inutile” (La vita). Che è alla fine una disperata liberazione, rinunciando al senso ultimo delle cose, a uno scopo, una verità, una funzione. La dismisura di ciò che è quel che è, nella propria meraviglia. Inutile, come un’opera d’arte, come l’amore, come “una falena/le notti d’estate” (Lepidoptera).
E l’amore qui non ha tratti sovrumani, spirituali. Lo si racconta con micro sceneggiature, brandelli di storie comuni eppure salvifiche, quand’è ora di scontrarsi con la parte violenta della trama. Canzoni sentimentali ai tempi del terrore? In un certo senso sì. Una strategia per sopravvivere: “Io non sono stato mai così tanto/Schiavo del mondo e attaccato alla vita”, e “Che fesseria la guerra/Quando finirà davvero/Ce ne andremo in Inghilterra/A far l’amore senza paura, io e te”.
L’ultimo brano, Ragazzina, che Bianconi dedica alla figlia, è tra i pezzi più ispirati di questo lavoro, nel complesso ben costruito, sincero, intelligente, anche se certo non innovativo rispetto alla loro produzione. La voce cavernosa-vellutata di lui si intreccia con quella angelica di Rachele Bastreghi, e insieme intonano una speciale versione di Tu scendi dalle stelle, dopo la sfilata di balene, brontosauri, sirene, soldati e ballerine, vipere, mostri, orsi buoni, tempeste di bora e rime da rappare. L’innocenza mischiata alla gioia, al pericolo, alla paura e alla fantasia.
Forse l’immagine che meglio racchiude l’esprit di questo album. Joie de vivre, con tutta la fatica e la malinconia del caso, rassegnandosi alla corrente dolce (ma mai addomesticata) delle cose.

Helga Marsala

http://baustelle.it/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

Scopri di più