Musica. Enore Zaffiri e la sonorità dell’istante
L’opera cardine di Enore Zaffiri rivive su Mazagran in versione digitale. Sottolineando l’importanza dell’istante nella poetica sonora del compositore torinese.
“È molto difficile spiegare come succeda e perché succeda. È anche difficile sorprenderlo, scoprirlo. Parlo di quel minuto o di quell’ora, o di quel secondo, non importa, in cui a ogni nuovo risveglio la città si ritrova coperta dal silenzio”. È paradossale che Ritratto di città (1954), opera radiofonica composta da Luciano Berio e Bruno Maderna per mostrare le potenzialità del mezzo elettronico ai dirigenti RAI che di lì a poco avrebbe inaugurato lo Studio di Fonologia di Milano, inizi con parole che vanno alla ricerca del silenzio. Il fatto è che, a partire dal dopoguerra, le caratteristiche virtualmente illimitate della musica elettronica avevano alimentato un’utopia del suono che guardava più alle sfere celesti di Pitagora che ai rumori di Russolo o Schaeffer. Berio e Maderna sono interessati al contenitore-tempo: ciò che avviene al suo interno è accessorio, puro colore.
MUSICA PER UN ANNO
Questa tendenza è estremizzata in Musica per un anno di Enore Zaffiri (Torino, 1928): opera del 1968 dalla natura esplicitamente progettuale che è in realtà una partitura istanziabile in un’infinità di occorrenze. Diplomato in pianoforte, composizione e musica corale, anima dello Studio di Informazione Estetica, Zaffiri ha passato quasi tutta la vita nella sua città, dove ha fondato lo SMET e insegnato nella classe di musica elettronica del Conservatorio.
Già pubblicato da Die Schachtel in una versione analogica curata dall’autore, Musica per un anno rivede oggi la luce su Mazagran in versione digitale, a cura di Andrea Valle, con la partecipazione del sottoscritto nella realizzazione dei testi del booklet.
ISTANTI IRRIPETIBILI
“Nel caso di questa nuova pubblicazione, l’assunto di partenza, condiviso con Zaffiri, è stato quello di ripartire dalla notazione testuale”, ci ha spiegato Valle. “Ho codificato le istruzioni in un programma che ha generato una versione digitale del brano. Quest’ultima è da un lato molto pura, fredda, rispetto alla versione di Zaffiri, ma dall’altro è estremamente precisa nel rispettare le lente, continue, inesorabili trasformazioni dei parametri sonori richiesti dalla partitura” che dà vita a un unico, infinito, evento sonoro che si trasforma impercettibilmente in relazione ai mesi, ai giorni, alle ore. Perché “ogni istante”, come ha scritto il maestro torinese, “ha la sua sonorità irripetibile”.
‒ Vincenzo Santarcangelo
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #36
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