Musica. Cos’è rimasto dell’improvvisazione?
Quali caratteristiche accompagnano l’improvvisazione libera? E cosa c’entra Ennio Morricone con la free music?
Nella caterva di ristampe che rinfocolano ogni anno la leggenda di Ennio Morricone abbiamo intercettato, in questo 2017 da poco concluso, la colonna sonora del film di Elio Petri La proprietà non è più un furto (Goodfellas). Musicando l’ultimo capitolo della cosiddetta “trilogia della nevrosi”, il maestro non poté fare a meno di confezionare una OST disturbata da – rubiamo le parole a Stefano Di Trapani – “rantoli, stridori noise, violini scordati e suonati con archetti quasi senza cera, insomma un macello”. L’album, se lo si ascolta oggi, sembra mettere in scena un soggetto che è un “ininterrotto susseguirsi di piccolissime improvvisazioni” – e qui scomodiamo niente meno che Walter Benjamin. La cosa, come sempre accade con il maestro romano, lascia non poco disorientati, soprattutto se si confronta questo Morricone con il Morricone che verrà.
Il fatto è che esiste un Morricone-durante e un Morricone-post Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza. La cosa è emersa chiaramente durante la tre giorni di A partire da un’intesa, il convegno organizzato dall’Associazione Nuova Consonanza tenutosi al Macro di Roma dal 14 al 16 dicembre 2017 dedicato proprio al Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza e – individuata in quell’esperienza un caso studio esemplare – all’improvvisazione collettiva in generale.
L’IMPROVVISAZIONE LIBERA
L’improvvisazione libera nasce come preciso indirizzo musicale negli Anni Sessanta del Novecento, con la caratteristica specifica di presentarsi come musica del tutto o in parte indeterminata, in aperta contrapposizione alla musica seriale che è invece del tutto determinata. La free music è animata dall’intento di introdurre l’improvvisazione in ogni dimensione della musica (armonia, ritmo, melodia). Malgrado possa essere altamente stilizzata, l’improvvisazione libera non è in genere legata alla rappresentazione di un’identità idiomatica – come l’improvvisazione jazz, flamenco o barocca – ma risulta essere piuttosto il frutto di una più generale crisi delle forme musicali tradizionali, laddove nell’atto di rifiutare la contestualità musicale prefissata in un certo senso rifiuta e rigetta il suo contesto sociale. Come amava ricordare Franco Evangelisti, l’ideologo del Gruppo, l’improvvisazione tradizionale “è una particolarità dei processi mentali e, a volte, è un fatto puramente mnemonico; ricorda o può ricordare una determinata epoca, uno stile, questo o quell’altro compositore”.
L’avvenimento sonoro diventa così non la risultante di un atto determinato – la lettura e l’interpretazione di simboli su una partitura: processo dotato di un inizio, uno sviluppo e una conclusione – quanto piuttosto una sollecitazione a compiere dei ragionamenti in itinere, delle disposizioni, delle scelte istantanee nel campo di quei settori da sempre componenti il linguaggio musicale. È precisamente questo carattere sui generis dell’improvvisazione libera che permette successivamente di riconoscere le singolarità dell’improvvisazione dentro generi o idiomi particolari della musica.
IL GRADO ZERO DELLA MUSICA
Basta osservare una registrazione video di una qualsiasi delle performance di storici gruppi composti da compositori-improvvisatori come il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, MEV (Musica Elettronica Viva) o AMM per rendersi conto che già la conformazione dell’organico che prende parte alla performance e la totale indeterminatezza del ruolo dei musicisti esprimono la volontà di farla finita con la tradizione musicale e di ripartire da un grado zero della musica – uno stadio più o meno utopico più volte evocato negli scritti di Evangelisti.
Cos’è rimasto di quell’esperienza? Per lo più aneddoti, esperienze di vita, a giudicare dai pungenti interventi di Morricone durante la tavola rotonda che ha fatto riunire i vecchi compagni di Gruppo: John Heineman, Antonello Neri, Giovanni Piazza, Jesús Villa-Rojo e Walter Branchi. Moltissimo, a sentire tutti gli altri, ma soprattutto gli interventi degli studiosi che hanno fatto il punto su un’intesa straordinaria e probabilmente irripetibile.
‒ Vincenzo Santarcangelo
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #41
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