Musica. 25 anni di Sónar a Barcellona

La storia di uno dei festival di musica elettronica più longevi del pianeta. Fra suono e arti visive.

Tra i più longevi raduni di musica elettronica al mondo, in questi 25 anni di attività il Sónar di Barcellona è cambiato nella forma, ma non nello spirito pionieristico. Se dal punto di vista musicale ha subìto pochi significativi cambiamenti, con alcuni nomi sempre presenti in line up – nonostante l’apertura alla commistione di generi e l’incremento progressivo di pubblico (100mila presenze per ogni edizione, che quest’anno sarà dal 14 al 16 giugno) – non si può dire lo stesso da quello più legato alle arti visive. Qui l’evoluzione è stata più marcata, a dimostrazione della sua natura di festival contaminato, dove sono confluite fin dall’inizio varie sfere della creatività digitale e della cultura tecnologica.

Sónar 1994 © Sergio Caballero

Sónar 1994 © Sergio Caballero

LA STORIA

Il debutto nel 1993 è stato, infatti, un meeting point di arti nel Centro di Cultura Contemporanea della città catalana, il CCCB. “La musica era per noi un’arte multimedia come le altre, per l’interconnessione con il linguaggio video, con la macchina e la tecnologia visuale e di presentazione”, racconta ad Artribune Georgia Taglietti, responsabile dei rapporti coi media internazionali, nel team del Sónar dalle origini. Il tutto declinato nei programmi specializzati del Sónar Pro, SónarMàtica, SónarCinema, SónarRama che, insieme ai palcoscenici del festival SónarVillage, SónarHall e SónarClub, hanno funzionato sempre come incubatori di tendenze in campo musicale, multimediale e artistico-digitale. Fino alla nascita, nel 2013, del Sónar+D, il congresso/conferenza/incontro con artisti, musicisti, registi, designer, che ha raccolto l’eredità di tutte le antiche sezioni, ma aggiungendo una serie di attività nel campo dell’odierna innovazione tecnologico-creativa: app, prototipi, start-up, la realtà virtuale di Realities +D, l’intelligenza artificiale. Con tanto spazio per le installazioni immersive monumentali, come Earthworks dello studio britannico Semiconductor per SónarPLANTA – l’iniziativa congiunta Sónar+D e Fondazione Sorigue – presentata all’edizione 2016 del Sónar by Day, il lato diurno del festival che si svolge principalmente presso il centro congressi Fira Montjuïc, accanto a quello notturno organizzato alla Fira Gran Via, nella periferia sud di Barcellona; e Microtonal Wall dell’artista newyorkese Tristan Perich, concepita per gli spazi della Fondazione Mies van der Rohe. E poi varie mostre in collaborazione con il CCCB e il Centre d’Art Santa Mònica, come quelle del 2017 su Björk – un mix di cinema, arte, installazioni e video creati ad hoc da nomi come Alexander McQueen e Jesse Kanda – e su Brian Eno, con il nuovo progetto Music for Santa Monica.

Sónar 2016. Sónar Village

Sónar 2016. Sónar Village

LE EVOLUZIONI

Negli anni, a cambiare non sono stati però solo i formati e le piattaforme, ma anche l’identità visiva del Sónar che, a parte le prime due edizioni del ’94 e ’95, molto pulite graficamente, ha sempre privilegiato la figura umana (utilizzando anche testimonial famosi e fuori contesto come Maradona) e il nonsense, con il risultato di restare sempre fedele a se stessa. Con una svolta quest’anno, legata alla decisione di raccontare il progetto speciale, pensato per questo 25esimo anniversario: il lancio della musica del Sónar nello Spazio. “L’evoluzione grafica del festival viene da un immaginario molto personale. Un immaginario che è stato sempre legato al linguaggio del cinema e della musica”, ci spiega uno dei tre direttori e fondatori del festival insieme a Enric Palau e Ricard Robles, l’artista e regista Sergio Caballero, che da sempre ne cura la grafica. “Sebbene l’immagine di quest’anno possa, in parte, rivelare una rottura con il passato, in realtà ci sono diversi elementi di continuità con le passate edizioni. Si ripetono archetipi del mio lavoro come il freddo, la neve, i paesaggi deserti… ma soprattutto la provocazione. Quest’anno l’immagine del Sónar è, per la prima volta, un’azione. Ma il progetto ‘Sónar Calling’, un progetto di natura scientifica mai realizzato prima, lascia spazio a numerose riflessioni e, perché no, a provocazioni. Dell’azione ‘Sónar Calling’, che costituisce il nucleo dell’immagine 2018 del festival, a parte il materiale grafico che si sta creando per comunicare il festival, si troverà traccia grazie a una vera e propria installazione che si potrà vedere all’interno del festival”.

Claudia Giraud

https://sonar.es/

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #42

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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