Tra pop e psichedelia. Intervista con Andrea Tich
Quarant’anni di carriera di uno dei protagonisti della scena musicale alternativa italiana. Anche artista visivo, ora è in uscita con un nuovo album, un viaggio tra pop, psichedelia flower-power e cantautorato. Lo abbiamo intervistato.
Il cantautore milanese e artista visivo di origini siciliane Andrea Tich, uno dei protagonisti della scena musicale alternativa italiana degli Anni Settanta, insieme a Franco Battiato, Claudio Rocchi, Eugenio Finardi, per citarne alcuni, si racconta in un’intervista a tutto campo, in occasione dell’uscita del suo ultimo album, Parlerò dentro di te.
Dal suo esordio discografico con la Cramps di Gianni Sassi, che pubblicò il suo primo LP, Masturbati, nel 1978 (nato dall’amore per Frank Zappa) ai progetti di sonorizzazione per il grande schermo, come Stereo di David Cronenberg, ecco un ritratto della quarantennale carriera di questo cantautore sui generis, autore dei disegni delle cover di tutti i suoi dischi che ne rispecchiano sempre il contenuto.
Raccontaci di come sei arrivato alla Cramps.
Fu grazie a una trasmissione radiofonica intitolata Pop Off, condotta da Michelangelo Romano. Lui invitava i musicisti a inviare le loro proposte musicali, le quali sarebbero state valutate ed eventualmente indirizzate. Anch’io lo feci e, incredibile ma vero, mi rispose dicendomi però che le mie canzoni erano alquanto “strane” e che forse l’unica etichetta possibile poteva essere la neonata Cramps di Gianni Sassi. Così fissai un appuntamento a Milano (allora abitavo ancora in Sicilia) e, con il mio fido batterista, nonché futuro produttore di tutta la mia musica, Claudio Panarello, partimmo per Milano e da lì cominciò tutto.
Come fu il tuo incontro con Gianni Sassi?
Con Sassi ci fu subito un’ottima intesa, anche se di fatto non era un discografico, bensì un creativo con una lungimiranza sconfinata. Decise quindi di “arruolarmi” nella sua scuderia producendo il mio primo disco dal titolo Masturbati, che fece abbastanza scalpore, un po’ per il titolo e un po’ per la precoce, lungimirante scrittura e concezione musicale. Grazie a quel disco, oggi posso muovermi nella musica alternativa schierandomi come paladino della resistenza musicale non allineata.
Qui entra in gioco Claudio Rocchi…
La produzione di quel disco fu affidata a Claudio Rocchi, mio idolo pre-Zappa, ma sempre molto apprezzato. Fu un sogno vivere quell’esperienza in quanto Claudio è stato rispettoso nei miei confronti, mantenendo l’essenza dei miei provini riproducendoli con gli strumenti “veri” e arricchendo le canzoni con il contributo di musicisti del calibro di Lucio Fabbri, Daniele Cavallanti, Hugh Bullen.
Quali sono stati i riferimenti musicali che ti hanno portato all’esordio discografico nel 1978 con Masturbati?
Avevo grande passione per la musica non convenzionale, ascoltando per caso un disco di Frank Zappa mi si aprì un mondo completamente opposto e di conseguenza mi appropriai delle alchimie strumentali e delle inusualità compositive che la musica poteva offrire.
Come è nata l’idea di un brano come Sono Tich e il tuo passaggio alla Polygram?
A un certo punto mi resi conto che dovevo darmi da fare perché il mio nome girasse, io e Claudio Panarello eravamo abbastanza spaesati a Milano, ci eravamo trasferiti da poco e facevamo un po’ fatica a inserirci nel circuito rodato della musica alternativa, da quel punto di vista l’etichetta non ci aiutava molto, diceva Sassi: “Ragazzi dovete disciularvi un po’”. Allora pensai che, se avessi scritto una canzone orecchiabile, avrei potuto ottenere un contratto con una major, entrare nel circuito e poi avrei continuato a produrre la mia musica. Nacque così Sono Tich, canzone che fu pubblicata da Polygram e lanciata nell’estate del 1982 riscuotendo tra l’altro un modesto ma decoroso successo. La canzone parlava del mio alter ego “Tich”, personaggio che avevo inventato da adolescente e che sono riuscito anche a pubblicare su riviste a fumetti. Purtroppo non andò come pensavo, tutto troppo preparato e programmato secondo parametri che non coincidevano con il mio mondo musicale e quindi annullai il contratto con Polygram e continuai per la mia strada.
In seguito ti sei dedicato a colonne sonore e a progetti di sonorizzazioni per il grande schermo, come Stereo di David Cronenberg.
Alla fine degli Anni Ottanta, ebbi l’occasione di incontrare Maurizio Marsico. Con lui oltre, che una sincera amicizia, cominciò un ottimo periodo di collaborazione che ci portò a unire la sua e la mia creatività realizzando diversi progetti, tra cui la sonorizzazione di film come Stereo di Cronenberg e The Farmer’s Wife di Alfred Hitchcock, vecchie pellicole senza colonna sonora per le quali abbiamo scritto musiche originali e il progetto Milano città nella città. Scritto e autoprodotto interamente da noi, si tratta di appunti di colonna sonora per una città parziale, haiku musicali per una mappa invisibile fatta di attimi. Il disco uscì nel 1992 ed è praticamente introvabile. Più tantissime musiche, produzioni e partecipazioni a progetti di alto contenuto artistico.
Hai scritto, tra l’autunno 2017 e la primavera 2018, Parlerò dentro te, il tuo nuovo album, prodotto da Claudio Panarello e pubblicato da I dischi di plastica, label dei Camillas, con una speciale release in vinile su M.P.& Records. Come è avvenuto l’incontro con i Camillas e come ha preso forma la vostra collaborazione?
Devo ringraziare Piergiorgio Pardo, giornalista nonché cantante della formazione Egokid, perché fu proprio lui che mi suggerì di provare a contattare i Camillas, gruppo di Pesaro ed etichetta discografica, per produrre il mio nuovo album. Infatti ci fu subito “feeling” e la cosa si concretizzò. E poi l’incontro con Vannuccio Zanella e Antonino Destra della M.P.& Records e GT Music che hanno prodotto la versione in vinile del disco e con cui è nata una meravigliosa collaborazione. La concezione del mio nuovo album, Parlerò dentro te, si ispira alla musica in generale che ha attraversato la mia vita e che inconsapevolmente ha ispirato il mio modo di scrivere canzoni. Io le ho raccolte in undici brani con caratteristiche ben precise che hanno un denominatore comune, la gioia di ascoltare qualcosa che ti porta lontano nel tempo.
La cover dell’album è la rielaborazione grafica di Raffaella Riva di un tuo disegno. Che ruolo ricopre l’aspetto visivo nelle tue produzioni musicali e come è nata la cover di Masturbati?
Le copertine dei miei dischi fino a oggi hanno sempre una caratteristica e cioè riprodurre miei disegni che rispecchiano il contenuto del disco stesso. In questo caso specifico rappresento me stesso che “parlo” con un pesce del mio acquario, così come voglio parlare attraverso la mia musica con ognuno di voi. Raffaella Riva del Gruppo Italiano, grande amica, mi ha aiutato nella parte tecnica mettendo a disposizione la sua esperienza come grafica. I miei concerti li chiudo sempre con un remix di Masturbati, questa speciale versione è stata realizzata da un musicista che si chiama Francesco Franqsmusic Martini che, ispirato dalla versione originale, ne ha fatto un gioiello che ho molto apprezzato e che si concretizzerà a breve in un progetto speciale di cui però è ancora presto parlare.
‒ Paolo Tarsi
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