Black playlist. 8 album musicali da ascoltare
Dopo le serie tv e i libri, una selezione di album musicali a tema black.
MILES DAVIS ‒ KIND OF BLUE ‒ 1959
Una pietra miliare del jazz, un manifesto del cambiamento. Considerato il disco della svolta modale, deve la sua fama al carattere sospeso ed etereo della musica. L’ingresso nella mitologia è accompagnato anche dal titolo seducente, che non parla del blues nella sua forma canonica, bensì di atmosfera, di metafora visiva, di sfumatura particolare di quel colore malinconico.
JOHN COLTRANE ‒ A LOVE SUPREME ‒ 1965
Un capolavoro che chiude la carriera dell’inimitabile John Coltrane, il più grande sassofonista di tutti i tempi, abilissimo nel rileggere in chiave più moderna la direzione di Charlie Parker. L’album è un flusso di coscienza in quattro movimenti che introduce alla forma più alta di amore, quella mistica. Trentatré minuti di musica, percorsi da un’energia debordante, che parlano all’anima.
NINA SIMONE ‒ WILD IS THE WIND ‒ 1966
Il 1963 è l’anno della strage del Ku Klux Klan a Birmingham, in Alabama. La morte di quattro bambine ispira l’album più politico di Nina Simone, dove va alle radici del razzismo: la schiavitù. In Four Women, il caso di cronaca apre anche a una riflessione sugli stereotipi che riguardano le donne nere nell’era dei Diritti Civili: vecchie zie, emarginate birazziali, prostitute, rivoluzionarie.
ALICE COLTRANE ‒ JOURNEY IN SATCHIDANANDA ‒ 1970
La morte di John Coltrane, Swami Satchidananda, il guru spirituale di Woodstock, i viaggi in India, ma soprattutto quell’arpa celestiale che John non aveva potuto suonare. Journey in Satchidananda è un album cosmico, senza inizio né fine. Un’esperienza visionaria, come il cammino di Alice, dove loop e irregolarità preludono a un’inesausta esplorazione interiore, tanto quanto del jazz.
WU-TANG CLAN ‒ ENTER THE WU-TANG (36 CHAMBERS) ‒ 1993
Grazie all’umorismo caustico, al sapiente uso del collage, alla visione critica della vita di strada, alla qualità sporca del suono e alla bizzarria dei testi, l’album di debutto del Wu-Tang Clan è essenziale per comprendere la rinascita dell’hip hop della East Coast e la formula magica che ha trasformato l’underground in mainstream, rimasticando la cultura popolare: dai film di kung fu ai fumetti.
NAS ‒ ILLMATIC ‒ 1994
Chi è Nas? Un poeta-reporter che racconta Queensbridge orchestrando, come Gillo Pontecorvo, documentario e finzione. Illmatic non è un album gangsta ma un coming-of-age, dove attraverso lo sguardo di un bambino, uno slang vernacolare e una commistione di riferimenti ‒ dall’hip hop old school al blues all’avant-garde jazz ‒ viene cartografata la vita del ghetto più famoso di New York.
DREXCIYA ‒ THE QUEST ‒ 1997
L’Atlantico Nero di Paul Gilroy, la doppia coscienza afroamericana e Drexciya: la città subacquea dei guerrieri anfibi, figli mai nati dalle donne uccise durante la tratta degli schiavi. The Quest è una sorta di manifesto del duo techno più enigmatico di Detroit, formato da James Stinson e Gerald Donald. Un viaggio negli abissi interiori, dove la fuga prende le sembianze del mito afrofuturista.
KANYE WEST ‒ MY BEAUTIFUL DARK TWISTED FANTASY ‒ 2010
L’ossessione per la fama e l’esilio volontario. Nasce così l’album più eccentrico, massimalista e maniacale di Kanye West. Quello col maggior numero di collaborazioni, che attinge a piene mani da stili diversissimi: soul, barocco, electro, sinfonico, rock progressivo; dove sesso, romanticismo, insicurezza e manie di grandezza delineano una vorticosa esplorazione interiore ed esteriore.
‒ Carlotta Petracci
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #49
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