La queer e club culture a New York in 9 date
Un tuffo in un ventennio davvero frenetico e vitale dall’altra parte dell’oceano. Ecco cosa succedeva a New York dagli Anni Settanta ai Novanta sul fronte della club culture.
Dopo i focus sulla cultura ballroom, sul fenomeno del clubbing e su quello del voguing, un prontuario in nove date per orientarsi nella scena newyorkese dagli Anni Settanta ai Novanta.
1969
Nell’anno dei moti di Stonewall, il bar assaltato dalla polizia semplicemente perché frequentato da omosessuali, c’è un altro locale gay in cui nasce la moderna figura del dj: lo Haven, con Francis Grasso alla consolle.
1970
Il dj David Mancuso apre nel suo appartamento di New York il Loft, dove i ballerini si identificano con la musica soul e funk. Un modello per tutti i successivi club del periodo, dal Paradise Garage allo Studio 54: un format universale, multietnico, dove gay, etero, uomini e donne si ritroveranno a ballare insieme.
1972
Nicky Siano e suo fratello aprono la Gallery, uno dei locali chiave della musica disco, genere che dominerà la scena dal 1974 al 1980. Da qui passano diverse star agli albori della carriera, fra i quali David Bowie, Grace Jones e Mick Jagger.
È anche l’anno della nascita della House of LaBeija – dal nome delle fondatrici, le drag queen Crystal LaBeija e Lottie LaBeija – e con essa della cultura delle House, ovvero delle famiglie alternative per gay e transessuali neri e portoricani di New York, in risposta al pregiudizio razziale nella scena ballroom.
1976
Nasce il Paradise Garage, casa del leggendario dj Larry Levan che, a differenza di altri club, ha una clientela a maggioranza nera. Qui si verificheranno le prime ball spontanee su basi garage, quindi con beat molto pesanti: la musica che, insieme al genere house, forgia l’immaginario sonoro originario della ballroom scene.
1977
Apre a Manhattan il mitico Studio 54, che durerà una manciata di anni (chiude nel 1980, ma riapre nel 1982 per cessare definitivamente l’attività nel 1986): un locale entrato nella storia dell’arte e del costume, con Andy Warhol gran cerimoniere dei suoi celebri party.
1982
Nasce House of Ninja, fondata dal ballerino e coreografo americano Willi Ninja, che si ispira al mimo, alle arti marziali e al mondo dell’alta moda per sviluppare uno stile unico di danza e movimento, dall’immaginario plastico.
1989
Nel video del singolo Deep in Vogue, realizzato da Malcolm McLaren in collaborazione con la Bootzilla Orchestra, che rivela al mondo l’esistenza del voguing, compare anche la leggenda della ballroom scene, Willi Ninja.
Nello stesso anno nasce la Sound Factory, una discoteca tradizionale ma così popolare da attrarre, per la prima volta, i voguer fuori dalle loro sale da ballo di Harlem.
1990
Il voguing, il cui stile di danza è il caratteristico movimento ispirato alle pose dei modelli fotografati sulla rivista di moda Vogue, diventa ufficialmente popolare. È Madonna a sdoganarlo con il suo pezzo dance, l’iconico Vogue appunto, che scala le classifiche.
1991
Debutta al cinema, con notevole successo di pubblico, il documentario Paris is Burning di Jennie Livingston, che racconta le origini del voguing, dove compare nuovamente il suo padrino Willi Ninja.
Sempre nel 1991 viene pubblicato The Ha Dance dei Master At Work, duo portoricano della scena house di matrice garage, e diventa la quintessenza del suono della cultura ballroom e del voguing, con il suo loop vocale martellante.
‒ Claudia Giraud
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #51
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