Walk of Muses #11: Giovanni Sollima e Julia Kent
Il nuovo appuntamento con “Walk of Muses” presenta il ritratto del violoncellista e compositore italiano Giovanni Sollima e della violoncellista e compositrice canadese Julia Kent.
Giovanni Sollima (Palermo, 1962) è un violoncellista e compositore con contaminazioni fra musica classica, rock, jazz, elettronica, minimalismo anglosassone e musica etnica mediterranea. Oltre a una carriera internazionale di violoncellista (collaborazioni tra gli altri con Claudio Abbado e Martha Argerich), la sua musica è eseguita da un’infinita lista di interpreti classici internazionali. Compone per il cinema e la televisione (Peter Greenaway, John Turturro), scrive ed esegue musiche di scena per registi teatrali come Bob Wilson, collabora con importanti coreografi (Karole Armitage, Micha van Hoecke, Fabrizio Monteverde, Matteo Levaggi e Carolyn Carlson). In veste di solista, o con diversi gruppi strumentali, esegue le sue composizioni sia su prestigiosi palchi di tutto il mondo, sia in ambiti alternativi. Nel 2020 il Premio Pulitzer Justin Davidson lo ha definito “The Jimi Hendrix of the Cello”. Per la Festa della Repubblica nel 2017 ha eseguito un concerto al Quirinale di fronte ai Presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato, e agli ambasciatori di tutti i Paesi del mondo.
La tua definizione di arte.
Non saprei, c’è da sempre… intesa come approccio alla creatività, all’espressività, alla necessità di cercare tra simboli, solchi, linguaggi. Penso a una sorta di plesiomorfia rimasta immutata nell’essere umano, quindi ancestrale. Sinceramente non ho una definizione chiara e convinta o convincente se non che l’arte può essere un “fatto” congenito, insito dentro di noi fin dalla nascita. Può restare nascosto o manifestarsi.
La tua definizione di musica.
Direi più o meno come per l’arte. Con la differenza che si ritrova a essere un flusso che percepisci fortemente e che ‒ almeno credo ‒ è impossibile ignorare o rimuovere a comando dalla propria testa. Sì, un fluido, un flusso che riassume e sintetizza lingue, popoli, luoghi e capace di provocare ogni genere di reazione. Flusso.
Ti definisci un “artista”?
Manipolatore di suoni, artigiano…
L’opera di arte visiva che più ami.
Difficile, ne ho tante in mente, come tanti artisti. Penso a Bob Wilson, Robert Rauschenberg (soprattutto un certo periodo) ma poi ‒ non so come, né perché ‒ improvvisamente ho pensato al Cristo velato di Giuseppe Sanmartino (scultura marmorea, 1753), che si trova nella Cappella Sansevero a Napoli.
https://www.facebook.com/sollimamusic/
INTERVISTA A JULIA KENT
Julia Kent, originaria di Vancouver, è una violoncellista e compositrice con base a New York. Dopo una formazione classica, si è avvicinata alla sperimentazione attraverso l’uso di una loop station con cui crea un beat armonico ossessivo che evolve in atmosfere malinconiche e sfuggenti. Si è esibita tra il 1991 e il 1999 con la band Raspuntina (formata con la violoncellista Melora Creager, che si era esibita anche con i Nirvana, cui si aggiunse Chris Vrenna, componente di Nine Inch Nails e Marylin Manson), e tra il 2005 e il 2009 con Antony and The Johnsons. Julia ha debuttato nel 2007 con un suo album solista, cui sono seguiti altri album, ha suonato tra Nord America ed Europa, anche come accompagnamento a performance teatrali e di danza contemporanea per le quali ha composto intensamente (Norwegian National Ballet, Ballett Nationaltheater Mannheim, Balletto Civile). La sua musica è stata utilizzata nelle colonne sonore di diversi film, compreso This must be the place di Paolo Sorrentino.
La tua definizione di arte.
Definirei l’arte come il processo di condivisione del pensiero, della creazione di qualcosa di tangibile da qualcosa di intangibile, o almeno della creazione di qualcosa che ha origine invisibile, nella mente, percepibile dagli altri. Sebbene il processo di creazione dell’arte possa essere solitario, la sua manifestazione mi sembra dipendere dall’interazione: richiede la collaborazione di uno spettatore, un ascoltatore, un partecipante.
La tua definizione di musica.
La musica, per me, riguarda principalmente l’espressione ‒ dell’emozione, dell’atmosfera, della memoria ‒ elementi della coscienza umana che condividiamo tutti. È un modo di comunicare che trascende i confini e le differenze culturali e linguistiche.
Ti definisci un’“artista”?
Non mi definirei un’artista. Penso che ci sia molto da affrontare per meritare quel titolo.
L’opera di arte visiva che più ami.
Sono sempre attratta dal lavoro asemico, in particolare i dipinti a “lavagna” di Cy Twombly, che sono così gestuali ed enigmatici, in particolare cito Untitled (pittura a olio e pastello su tela, 1970, MoMA, New York). La loro evocazione della calligrafia è quasi elegiaca.
‒ Samantha Stella
LE PUNTATE PRECEDENTI
Walk of Muses #1: Hugo Race e New Candys
Walk of Muses #2: Jozef Van Wissem e The Underground Youth
Walk of Muses #3: The Winstons e Tess Parks
Walk of Muses #4: Scott Gibbons e freddie Murphy
Walk of Muses #5: Marissa Nadler e The Third Sound
Walk of Muses #6: Andrea Liberovici e Squadra Omega
Walk of Muses #7: Jarboe e Kill Your Boyfriend
Walk of Muses #8: Alessandro Cadario e Mauro Martinuz
Walk of Muses #9: James Johnston e The Three Blind Mice
Walk of Muses #10: Simone Marie Butler e The Vacant Lots
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