Musica visiva: Davide Dileo (Boosta dei Subsonica) apre galleria-atelier a Torino. L’intervista

“È un atelier dove do corpo ai suoni”. Il compositore e co-fondatore della famosa band torinese elettronica diventa artista visivo, rappresentato dalla Galleria Raffaella De Chirico: ha aperto uno spazio in San Salvario

Molto spesso noi musicisti lavoriamo, magari anche in modo più semplice, per far sentire a maggior persone possibili quello che facciamo. Invece qui è il contrario: tu lavori al meglio delle tue possibilità perché qualcuno ti scelga, scelga di prendersi cura di quello che tu hai dentro”. Con queste parole Davide Dileo, meglio noto come Boosta (Torino, 1974), tastierista, compositore e co-fondatore dei Subsonica, spiega le ragioni del suo nuovo percorso (non estemporaneo perché frutto di anni di gestazione, ma ora ufficiale) nell’ambito delle arti visive che va ad aggiungersi a quello della scrittura e della regìa cinematografica.  

LO SPAZIO A SAN SALVARIO DI BOOSTA

Per mostrare tutto il carico di idee che ha già realizzato e che ha in serbo ancora di creare, il musicista ha deciso di aprire uno spazio espositivo a Torino, la sua città, in zona San Salvario: due stanze, una per le esposizioni, e una più piccola in forma di pensatoio, con un pozzo 700esco in un muro e vista sulle guglie della Sinagoga, al piano terra della Residenza Luoghi Comuni, il progetto di social housing della Fondazione Compagnia di Sanpaolo in collaborazione con l’Ufficio Pio che prevede spazi dedicati alle attività aperte al quartiere e al territorio. “Avere uno spazio così mi permette di non dovermi confrontare con il pop: per me è una libertà immensa”, continua Dileo che aggiunge: “è un atelier dove do corpo ai suoni perché tutto è suono, tutto è una colonna sonora”.  

LA COLLABORAZIONE CON RAFFAELLA DE CHIRICO

La Galleria (diretta per la parte commerciale dalla gallerista torinese Raffaella De Chirico che lo rappresenta e che ha appena aperto uno spazio anche a Milano) si chiama semplicemente Davide Dileo, come il suo fondatore e direttore artistico, e si è appena inaugurato con la mostra Index, a cura di Francesca Canfora: una serie di pezzi unici, tra opere, installazioni e allestimenti di stampo autobiografico, all’insegna dell’ibridazione e della contaminazione tra le varie forme d’arte, ma sempre sotto il denominatore comune della musica. Come la trasposizione in note delle poesie di Giuseppe Ungaretti: “Tu non suoni per le parole o sulle parole, ma suoni la musica delle parole, perché il codice di decrittazione è quello delle note in inglese che sono alfabetiche”. Delle ragioni che hanno portato all’apertura di questo spazio ne abbiamo parlato con Davide Dileo.

Quale percorso ti ha portato ad aprire una galleria?
La musica è arte per definizione e il percorso che attraverso, lineare. Ma la musica è soprattutto uno strumento. Di bellezza, di necessità e, sempre più spesso di intrattenimento.  Questo  è stato l’accelerante. La digitalizzazione della fruizione ci ha regalato tutto quel che desideriamo: ascoltiamo suoni e canzoni da ogni parte del mondo, ma ci ha reso anche più superficiali nell’ascolto e nella scelta. Ha sbiadito la consapevolezza e la volontà di desiderare quello che amiamo. Così, da ascoltatori, diamo inevitabilmente meno valore a quel che sentiamo, sapendo di poterlo sostituire con uno swipe del pollice, e da compositori perché, con consapevolezza o meno, ci adeguiamo ad un paradigma di scrittura musica più semplice, più “orecchiabile”: non è un termine orribile? 

Cosa rappresenta per te questo spazio?
La Galleria diventa un posto fisico in cui, per ascoltare, devi esserci fisicamente, perché la composizione viene prodotta e non ri-prodotta. Solo recuperando il significato di scelta e di volontà nella ricerca di un suono per la propria colonna sonora possiamo riprenderci uno dei valori più trascurati di questa forma d’arte: la cura. 

Lo spazio nasce dentro la residenza temporanea Luoghi Comuni…
Mi piace l’idea di poter collaborare con gli inquilini. È stata una coincidenza molto fortunata perché cercavo proprio un posto che non fosse una torre d’avorio chiusa, ma un luogo aperto alla contaminazione: la musica non può esistere se non c’è curiosità e apertura verso gli altri. 

Come interagirai con gli inquilini?
Non ho ancora dei programmi, voglio prima conoscerli e vedere se può nascere qualcosa. Per esempio, c’è un ragazzo bravissimo con le biciclette. Io ho ripreso a scrivere musica per carta perforata che è musica per carillon che ha tutti i meccanismi come le ruote, i denti: con lui mi piacerebbe lavorare a un supercarillon, utilizzando il suo lavoro sulle catene, sui denti delle ruote delle bici. Le opere non è necessario che nascano da ispirazioni musicali, ma dalla vita. 

Quali saranno gli ambiti artistici su cui lavorerai?
Il suono e la sua forma. Tutto ha un suono e tutto merita una colonna sonora. Questo semplice assunto guida il passo. Io sono un compositore. Voglio, da sempre, che tutto abbia il suono giusto. La forma è un mezzo. Ma il risultato che inseguirò sempre  è sinestesia tra note, percezione tattile e visiva, e sentimento. Io faccio musica, non voglio sprecare la possibilità di farla più bella possibile. 

– Claudia Giraud

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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