La storia del film Koyaanisqatsi con le musiche di Philip Glass all’Auditorium Parco della Musica

Gran successo per l'Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia per il concerto di Philip Glass e la proiezione del film a proiezione del mitologico film Koyaanisqatsi – La vita senza equilibrio

“Nella lingua degli indiani Hopi la parola Koyaanisqatsi significa vita priva di bilanciamento o anche vita disintegrata, con l’evidente allusione alle condizioni di vita dell’uomo moderno” (Philip Glass) è su questa tematica che verte il film muto del regista Godfrey Reggio, con la fotografia di Ron Fricke e la musica di Philip Glass. Giovedì 11 novembre (con repliche venerdì 12 e sabato 13) l’Accademia di Santa Cecilia ha presentato – in collaborazione con il Romaeuropa Festival – la proiezione del film Koyaanisqatsi – La vita senza equilibrio. La musica è stata composta da Philip Glass su richiesta del regista e, sulla base delle immagini filmiche, l’artista di Baltimora ha deciso di organizzarla in 6 movimenti. L’opera è stata eseguita dal vivo dall’Orchestra e dal Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretti da Michael Riesman insieme al The Philip Glass Ensemble (PGE), esecutore esclusivo del repertorio del pioniere della musica minimalista e sperimentale. Il collettivo, fondato dallo stesso Glass nel 1968 a New York, ha debuttato al Whitney Museum of American Art nel 1969. Agli esordi si è esibito principalmente nelle gallerie, nei loft degli artisti e nei musei dell’allora fiorente comunità artistica di SoHo.

KOYAANISQATSI LA VITA SENZA EQUILIBRIO

Koyaanisqatsi, pellicola a sfondo ambientalista, è un excursus sull’ambiente e sulla civiltà, sulla precarietà degli equilibri tra uomo e natura. È il primo film della trilogia qatsi, che comprende inoltre Powaqqatsi (1988) e Naqoyqatsi (2002). Nel 1976 Godfrey Reggio e Ron Fricke iniziarono le riprese per questo impegnativo documentario che conquistò subito il pubblico tanto da essere proposto immediatamente per una tournée. L’operatore Ron Fricke, considerato un maestro della fotografia con tecnica time-lapse, regala delle inquadrature mozzafiato, tra quelle naturalistiche: lo Utah, il Canyonlands National Park, il Lake Powell in Arizona. L’immagine dell’Horseshoe Canyon con la Grande Galleria (61 m di lunghezza e 4,6 m di altezza) una delle più grandi collezioni di arte rupestre in stile Barrier Canyon conclude il film: delle figure antropomorfe a grandezza naturale, la più grande delle quali misura oltre 7 piedi (2,1 m) di altezza. Le riprese più impressionanti sono tuttavia quelle legate allo sfruttamento esasperato del suolo da parte dell’uomo, sull’incubo di un’industrializzazione senza freni e di un sovrappopolamento che preannuncia le crisi attuali, climatica in primis: la centrale nucleare di San Onofre in California, il centro spaziale Kennedy in Florida e i grattacieli di Chicago e New York.

KOYAANISQATSI E PHILIP GLASS

Se all’inizio i nostri occhi sono invasi dalla maestosità delle nuvole che diradano laddove inizia il mare o al contrario si addensano, si colorano di rosa o si trasformano in onde bianche, le orecchie pulsano al ritmo dei sassofoni, poi quando l’acqua delle cascate scroscia e viaggiamo tra i Fiordi imperversa il clarinetto e il flauto traverso. Si aggiungono i violini quando la telecamera si sofferma sulle enormi ruote di trattori e furgoni e un denso fumo nero soffoca il cielo. Si alternano le immagini con andamento incalzante, non si riescono a staccare gli occhi dallo schermo o dagli strumenti che si fondono in 90 minuti di poesia. Industrie con canne fumarie, enormi vasche d’acqua, gru e poi l’esplosione di una bomba atomica. Appena l’immagine viene zoomata sulla schiena di un bambino in costume – sullo sfondo un gigante industriale deturpa il paesaggio – attacca la voce del coro. Dall’aereo si passa al traffico stradale, poi ad una schiera di carri armati ed ancora bombe, razzi, lo Skyline di New York, palazzi che si piegano su se stessi in nuvole di vapore. Le riprese insistono sulle folle di persone ma anche sui gruppi – come le donne vestite in giallo innanzi ad un casinò – e sui singoli, come il primo piano del volto di un aviatore. Non viene mossa solo una critica, ma ci si sofferma anche sull’inquieta bellezza dell’urbanizzazione, insolita ma accattivante, puro artificio. Eppure, rimane la sensazione che questo fulgore sia solo specchio di ciò che è già insito nella natura: ecco che, nella parete formata dai grattacieli, nel verde delle finestre, fa capolino il sole prima di colorare d’arancio lo spettacolo del tramonto. Non solo il lavoro ma anche il tempo libero diventano formule ripetitive e asfissianti: nelle città che non dormono mai le filiere industriali (tessile, gastronomia, trasporti) creano un loop con le scale mobili, con le luci rosse e bianche delle auto che corrono sull’asfalto, con i videogiochi come Pac man, le macchine a gettoni e le sale da Bowling.

– Giorgia Basili

https://philipglassensemble.com

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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