Omaggio al cantautorato italiano. Intervista a Donato Dozzy ed Eva Geist
L’album “Il quadro di Troisi” è uscito un anno fa, ma è un enigma ancora da decifrare. Ne abbiamo parlato con i suoi autori: il maestro e veterano della techno italiana Donato Scaramuzzi e l'artista e cantautrice Andrea Noce
Un progetto enigmatico, uscito nel 2020, nato dalla collaborazione tra il maestro e veterano della techno italiana Donato Dozzy (Donato Scaramuzzi) e l’artista e cantautrice Eva Geist (Andrea Noce), che raccoglie e condensa decadi di storia musicale del nostro Paese, restituendo una versione personalissima, avventurosa e sognante del cantautorato.
Il quadro di Troisi, in cui hanno creduto, per portarlo alla luce, la Raster, oggi non solo celebre etichetta sperimentale tedesca ma autentica piattaforma artistica, e il festival milanese Terraforma, è una gemma rara nel nostro panorama musicale. Per questo abbiamo deciso di intervistare i suoi due autori, perché a un anno di distanza ci sembra ancora più bello. Uno squarcio aperto sul futuro dove il passato è ancora vivo ed emozionante, un luogo di affetti a cui tornare, come le radici, ma da cui anche partire per altri viaggi sonori.
Quando e come nasce il progetto?
Andrea Noce: Il progetto è nato dal nostro incontro al Primavera Sound a Barcellona. Quando abbiamo iniziato a dialogare abbiamo scoperto influenze e interessi che ci accomunavano. Tra cui anche la commedia all’italiana!
Perché questo titolo?
Donato Scaramuzzi: Continuava a tornare nelle conversazioni. Volevamo dare un’essenza libera, anarchica al nostro nome e a quello del progetto. Un po’ come si faceva nei primi Anni Settanta nella scena Prog, come nel caso de il Banco del Mutuo Soccorso, la Premiata Forneria Marconi, il Baricentro e tanti altri.
Andrea Noce: Inframezzavamo il lavoro scambiandoci informazioni più ludiche. I film di Troisi sono una metafora del nostro stare al mondo. Forse ci siamo sentiti dei suoi personaggi, l’incarnazione di alcune scene esistenziali. Entrambi siamo ironici e anche fragili.
TESTI E TEMI DE “IL QUADRO DI TROISI”
Il tema dell’amore è ricorrente nel cantautorato italiano. Pensate di averne dato una rilettura?
Donato Scaramuzzi: Ci siamo scritti canzoni l’un l’altro. Avevamo tanto da dirci, non solo in termini musicali. Ci sono stati diversi momenti di commozione, di profondo ritrovarsi e capirsi. All’inizio Andrea viveva a Berlino, io stavo a Roma, e comunicavamo a distanza. Ci siamo conosciuti piano piano, cercando di esplorare il territorio dell’altro e l’abbiamo fatto con dei brani sempre più mirati.
Avete usato il concetto di quadro anche da un punto di vista compositivo? Penso ai testi principalmente.
Andrea Noce: Ogni brano ha una sua personalità. Può essere preso singolarmente come un aneddoto che fa riferimento a una realtà materiale, oppure astratta, onirica, sognante. Si tratta di episodi che mi sono successi nel sonno o durante la veglia. Ci sono delle atmosfere, delle scene che probabilmente raccontano una storia, però si tratta di un viaggio intrapsichico e anche un po’ magico.
In che modo ti sei formata e hai sviluppato questo stile di scrittura onirico ma anche psichedelico?
Andrea Noce: Mi sono laureata in lettere e specializzata in cinema e produzione multimediale. Un filone letterario importante è stato sicuramente il Realismo Magico. Gli italiani come Italo Calvino, Dino Buzzati, Tommaso Landolfi. Il diagramma magico di Gustav Meyrink. Andando ancora a ritroso citerei Edgar Allan Poe e prima ancora Shakespeare. La commistione di mondi visibili e invisibili mi ha sempre affascinato. Di recente mi sono dedicata allo studio delle filosofie orientali, ho letto il Tao te Ching e I Ching, Il libro dei mutamenti. Sempre sul filone spirituale alternativo The Spiritual Journey di Alejandro Jodorowsky, capolavori come El Topo o The Holy Mountain, le sue esperienze con i Tarocchi.
LA MUSICA DI DONATO DOZZY ED EVA GEIST
Ci sono alcune influenze che vanno da un certo Battisti alla coppia Battiato e Alice. Autori e periodi storici musicali rientrano nell’album in maniera libera oppure programmatica?
Donato Scaramuzzi: Li avevamo già analizzati singolarmente. Siamo entrambi cresciuti con questi autori e molti altri. Quando abbiamo pensato di fare qualcosa guardando al futuro, siamo partiti da ciò che amavamo. L’aspetto interessante di questi autori è lo spirito di avventura, non solo dal punto di vista compositivo letterario, ma anche sonoro. L’abbinamento di quei testi con altrettante visioni psico-acustiche è ciò che li ha resi originali e innovativi.
Andrea Noce: Ci sono stati però dei dischi che, pur avendo ascoltato nei nostri percorsi individuali, abbiamo ristudiato, sia da soli che insieme. Due dischi che ho ascoltato tantissimo nel periodo di composizione sono stati Azimut di Alice ed E già di Battisti. Entrambi mi hanno ispirato nella scrittura, più di Battiato che considero un’influenza sonora. Alice invece mi è più affine, mi prende più allo stomaco e anche i testi di Velezia per E già.
Prendiamo due brani diversi: Sfere di Qi e Intenzioni. Che atmosfere hai voluto evocare e come le hai ottenute?
Donato Scaramuzzi: Sfere di Qi è stato uno di quei casi in cui ho ascoltato prima il testo e la musica l’ho visualizzata pensando a qualcosa di cibernetico. È un testo che induce degli stati di trance, alla Terry Riley per intenderci, così ho usato degli arpeggiatori che potessero creare quel tipo di ripetizione ipnotica e darle una struttura ritmica potente, quasi post wave, anarchica, punk, frenetica, forsennata, quasi D’n’B. Poi invece c’è Intenzioni che è un brano più romantico in cui celebriamo la nostra vicinanza, però da lontano. Per quanto riguarda la musica ci sono ispirazioni riferite a un sound più Anni Ottanta, quando ho iniziato a buttare giù i suoni pensavo ai Double, The Captain of Her Heart, a quel velluto sonoro che crea subito intimità.
E Beata?
Donato Scaramuzzi: Anche quello è un brano marcatamente Anni Ottanta, però non nella direzione Italo ma più Throbbing Gristle. C’è stata comunque una pioggia di nomi e di idee che sono confluiti l’uno nell’altro. Come in Non ricordi, che tra l’altro è stato il primo pezzo. Volendo andare proprio a fondo, una delle grandi ispirazioni è Fade To Grey dei Visage. L’uso della batteria CR-78 in quel modo, i suoni che diventano fortemente melodici però deep, sognanti, una carezza al New Romantic diciamo.
Andrea Noce: Non ricordi è stato anche l’unico testo improvvisato. Donato mi ha inviato la base e io sono andata al microfono e mi è venuta questa sorta di poesia. In quel momento abbiamo capito che sarebbe stato un progetto con i vocals.
‒ Carlotta Petracci
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati