Patching Circle. La rassegna di Torino tra sperimentazione musicale e do it yourself

Il 5 febbraio inaugura a Torino la terza edizione di Turin Patching Circle, la rassegna interamente dedicata alla sperimentazione musicale e alla condivisione dei propri progetti. Tra incontri, live set e open jam. Abbiamo parlato con il suo ideatore

Dopo le precedenti due edizioni organizzate nel 2019 – poco prima dell’emergenza sanitaria da Covid-19 –, ritorna a Torino un interessante progetto rivolto espressamente a tutti gli appassionati di live coding e filosofia DIY, Turin Patching Circle. In attesa dell’evento, che si svolgerà presso il Parco del Valentino, abbiamo fatto qualche domanda al suo ideatore, l’artista e musicista Giorgio Alloatti.

Giorgio Alloatti

Giorgio Alloatti

Prima di arrivare a parlare dell’evento che stai curando, ci spieghi brevemente cosa si intende quando si parla di “patching circle”?
I patching circle sono gruppi di persone che si trovano per condividere una “patch”, intesa tanto come programma, software, quanto come un insieme di cavi destinati a creare una composizione, un sistema. Si mostra il proprio lavoro, soprattutto se non ancora ultimato, quello che dagli anglosassoni viene chiamato show and tell. Il Turin Patching Circle è un luogo dove poter creare delle connessioni umane, elettroniche, o un ibrido tra le due. L’idea è quella di portare l’ambiente dei sintetizzatori modulari, il coding in tutte le sue forme (sia il live coding che il creative coding), e l’elettronica do it yourself all’interno di un gruppo, di una cerchia. Molto spesso chi si occupa di un aspetto è interessato anche agli altri mondi, che facilmente si intersecano e si fondono tra loro.

Come mai hai deciso di organizzarne uno a Torino?
Innanzitutto perché è la città dove sono nato e dove vivo, ma soprattutto perché credo che questa città meriti molto di più. Torino è piena di persone che “smanettano” in diversi campi: dall’autocostruzione di circuiti per le più svariate applicazioni audio e/o video ai programmatori a tempo pieno che, una volta arrivati a casa, non vedono l’ora di mettersi al computer per scrivere linee di codice al fine di generare composizioni musicali, ambienti sonori o installazioni artistiche. A Torino si suona sempre e tanto, il numero di musicisti e appassionati è enorme ed è bellissimo vedere come le varie scene si evolvono mescolandosi tra loro.

Turin Patching Circle 2019. Bunker, Torino

Turin Patching Circle 2019. Bunker, Torino

IL PROGRAMMA DI TURIN PATCHING CIRCLE

Cosa dobbiamo aspettarci da questa iniziativa?
Il TPC deriva dall’esperienza degli ultimi anni del collettivo Audiohacklab ed è da considerarsi come una sorta di spin-off dello stesso. Il 5 febbraio approdiamo per la prima volta all’Imbarchino del Parco del Valentino, un luogo che dopo la sua rinascita ha saputo dare spazio a diverse realtà diversificando le proposte musicali in maniera esemplare, ed è per questo che si è trovato subito in connessione con la filosofia di Turin Patching Circle. Durante gli incontri ci sarà sempre musica, inizieremo alle 19 con una jam aperta gestita dai collettivi Sintetica e Stasis. Dalle 22 in poi ci saranno diversi live set realizzati con sintetizzatori modulari, live coding e device elettronici autocostruiti e non.

La città di Torino è ormai nota per essere un importante punto di riferimento della cultura underground italiana, soprattutto in campo musicale. Quanto ha influito la pandemia sulla scena torinese?
Torino da sempre è stata una città devota alla musica underground: le risorse che puoi trovare, e lo dico da musicista, sono tante e diversificate, è davvero facile incontrare sempre nuove persone con cui connettersi e non solo afk (“away from keyboard”) ma anche in spazi digitali e virtuali che, come nella vita, penetrano all’interno della scena musicale. In generale la pandemia ha influito su tutto e tutti inevitabilmente, io mi ci metto in primis, tante sono le cose che sono cambiate e tante sono le cose che personalmente ho paura di perdere.

Sei attivo sul territorio piemontese da molti anni, ci racconti un po’ del tuo percorso professionale accennando a qualche esperienza passata che reputi fondamentale per la tua formazione artistica?
Ho iniziato nel 2007 producendo musica elettronica e poco tempo dopo mi sono appassionato di sintetizzatori hardware oltre che software, e così dopo varie esperienze con i collettivi Jungle Pride, LFZ, Yellows e Blaspho ho incontrato i ragazzi di Audiohacklab. Da un po’ di tempo sono concentrato sul mio progetto personale, Mo_o, e su altri progetti come Plesetsk e PJP, oltre che su Turin Patching Circle. Il mio percorso è cambiato nel corso degli anni, non mi considero solo un musicista. Mi piace costruire con la musica, che siano strumenti elettronici o elettroacustici, sculture sonore o composizioni musicali. Credo fermamente che questi aspetti debbano fondersi in un’unica entità e, anche se a tratti può essere fuorviante, io mi ci ritrovo molto bene.

Valerio Veneruso

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Valerio Veneruso

Valerio Veneruso

Esploratore visivo nato a Napoli nel 1984. Si occupa, sia come artista che come curatore indipendente, dell’impatto delle immagini nella società contemporanea e di tutto ciò che è legato alla sperimentazione audiovideo. Tra le mostre recenti: la personale RUBEDODOOM –…

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