Il progetto artistico-scientifico che dà voce a un ghiacciaio in estinzione
Ha come protagonista il Ghiacciaio dell’Adamello il progetto sviluppato dal sound artist Sergio Maggioni insieme a un team multidisciplinare in cui confluiscono arte, scienza e tecnologia. L’obiettivo? Preservare il suono di un ghiacciaio destinato a scomparire
NEUNAU è un progetto di ricerca sviluppato da Sergio Maggioni, sound artist che da anni indaga il rapporto sonoro tra elementi antropici e naturali in Valcamonica.
Un suono in estinzione è una delle opere scaturite, che vede coinvolti numerosi centri di ricerca universitaria. Abbiamo intervistato l’artista e Filippo Rosati, presidente di Umanesimo Artificiale e coordinatore del progetto, per farci raccontare la sua genesi e le evoluzioni future.
Sergio, il lavoro che stai portando avanti da anni ha un valore non solo estetico, ma anche politico. Quali sono le ragioni che ti hanno spinto in questa ricerca?
Un suono in estinzione nasce dal mio interesse per il Ghiacciaio dell’Adamello, il più esteso dell’arco alpino italiano, che si trova in Val Camonica, territorio in cui vivo. Uno studio dell’Università di Brescia ha previsto la sua estinzione, così come quella del 92% dei ghiacciai alpini, entro la fine di questo secolo. Frequento da sempre la montagna e in questi anni ho assistito in prima persona ai mutamenti in corso. Sapere che in pochi decenni sparirà ha generato la voglia di raccontarlo.
Da dove deriva il titolo del progetto?
Nel libro La leggenda dei monti naviganti Paolo Rumiz descrive così il Ghiacciaio dell’Adamello: “La bocca perdeva acqua a tutta forza. Un’emorragia inarrestabile. La montagna aveva la febbre. Aveva sempre taciuto, nelle notti d’inverno; il gelo l’aveva sempre chiuso in una morsa di silenzio. Ora era finita”.
La bocca del ghiacciaio è il luogo da cui fuoriesce l’acqua di fusione, potente cascata sonora. La sua emorragia produce un rumore inarrestabile che ne provocherà il silenzio: da questa suggestione è nato il titolo del progetto.
SERGIO MAGGIONI E IL GHIACCIAIO DELL’ADAMELLO
Il valore di Un suono in estinzione non è solo quello dell’opera, ma dell’intero processo. Ce lo racconti?
Registrare il suono dei ghiacciai non è cosa nuova. Chris Watson, ad esempio, lo fece in Antartide; queste registrazioni, però, avvengono solitamente in presenza e sono come la fotografia di un evento nell’istante stesso in cui accade. Un suono in estinzione, invece, usa il suono non solo come dato estetico, ma anche scientifico.
Per questo ho creato un gruppo di lavoro composto anche da docenti universitari che con il loro contributo hanno consolidato tale aspetto. Dopo una lunga fase preparatoria abbiamo programmato la prima spedizione nell’estate del 2021. Sono stati installati quattro registratori bioacustici dentro ai crepacci per monitorare il flusso di acqua di fusione, un idrofono a contatto con il ghiaccio e uno in superficie. Quattro spedizioni successive, per un totale di 70 chilometri e 9000 metri di dislivello, sono servite a monitorare l’andamento del processo.
E poi cosa accadde?
Nei mesi successivi, con il prof. Roberto Ranzi (Università di Brescia), il ricercatore Gianni Pavan (Università di Pavia) e Alessio Degani, abbiamo analizzato i dati acquisiti; un lavoro impegnativo che sta rivelando elementi artistici e scientifici molto interessanti. Le fenomenologie sonore registrate sono sorprendenti. Fenomeni eclatanti e di grandi dimensioni come, ad esempio, assestamenti strutturali che si propagano nel corpo del ghiacciaio o curiosissimi fenomeni di minore dimensione associabili ad attività di origine antropica o animale. Ascoltando questi suoni si ha la sensazione di essere di fronte a un organismo vivente che esprime un alfabeto che va decifrato per determinarne il grado di sofferenza. La composizione geologica sulla quale i ghiacciai si poggiano, infatti, determina l’espressione sonora di quei luoghi, oggi minacciata dai cambiamenti climatici. Preserviamo il suono dei ghiacciai alpini.
PAROLA A FILIPPO ROSATI
Filippo, come accennava Sergio, il progetto si caratterizza per numerose collaborazioni transdisciplinari. Qual è il valore di questa scelta?
Un suono in estinzione è un progetto di arte, scienza e tecnologia.
Non è un progetto artistico che si ispira alla scienza. E non è neppure un progetto scientifico in cui si cerca di dare una patina estetica alla ricerca. Per questo motivo le collaborazioni attivate coinvolgono pariteticamente università, accademie, enti di sviluppo territoriale, parchi nazionali, festival e musei. Le stesse composizioni del team e del comitato scientifico rispecchiano questa impostazione: un ingegnere idraulico, un ricercatore di bioacustica, glaciologi, il direttore della NABA, ingegneri del suono, designer e risorse che provengono dal business e dal marketing.
Un suono in estinzione, per le sue caratteristiche ibride, è stato accolto in festival di arti digitali e conferenze di arte e scienza, diventando oggetto di paper accademici scientifici in via di pubblicazione sui risultati ottenuti.
Il valore di queste collaborazioni transdisciplinari consente di raggiungere un pubblico ampio: il mondo accademico, quello culturale e quello degli attivisti. Progetti di questo genere, infatti, grazie anche alla loro natura fortemente emozionale, aiutano sia la promozione del territorio sia la sensibilizzazione ambientale, stimolando l’azione di ciascuno di noi in prima persona.
State lavorando a Un suono in estinzione già da due anni: quali sono le evoluzioni del progetto che state immaginando?
Filippo Rosati: Un suono in estinzione prevede un arco progettuale di almeno cinque anni, per rispettare il rigore del metodo scientifico e avere la possibilità di divulgare le tematiche in modo approfondito e continuo.
Dopo le prime spedizioni pilota ci stiamo preparando a nuove uscite per l’estate 2022, in cui integreremo la tecnologia già utilizzata con nuovi registratori che ci permetteranno di mappare il ghiacciaio in modo più capillare. Stiamo contemporaneamente lavorando a creare un ponte comunicativo tra le aree del ghiacciaio (a 3000 metri, senza segnale) con dei laboratori a valle per monitorare da remoto i suoni del ghiacciaio. Abbiamo inoltre cominciato a dialogare con altri parchi nazionali dell’arco alpino per monitorare altri ghiacciai, prima che anch’essi scompaiano. Le spedizioni sono altamente sfidanti e richiedono una preparazione di mesi. Per questo stiamo collaborando con guide alpine locali per pianificare delle riprese video durante le spedizioni, che ci consentiranno una documentazione di qualità. Sul ghiacciaio non ci si può improvvisare.
‒ Federico Bomba
https://www.neunau.org/
https://www.umanesimoartificiale.xyz/
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