L’esperimento musicale che unisce musica e cinema
Creare una colonna visiva per la musica: è questo l’obiettivo del quartetto alternative rock bolognese Earthset, come evidenziato dal loro ultimo disco
Fare un’operazione legata all’esperienza dei cine-concerti, ma con un percorso inverso rispetto a quello della sonorizzazione di un film: dal creare una colonna sonora per le immagini al creare una colonna visiva per la musica. È questa l’idea alla base di Bound, il nuovo disco del quartetto alternative rock bolognese Earthset, composto da Luigi Varanese, Costantino Mazzoccoli, Emanuele Orsini ed Ezio Romano, noto per aver firmato, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, la soundtrack del primo film muto di fantascienza/horror prodotto in Italia: L’Uomo Meccanico.
BOUND, L’ALBUM DI EARTHSET
Uscito a marzo, Bound è un concept album esistenzialista, sul tema delle relazioni, umane e non, dove ogni canzone è collegata alla precedente e alla successiva, dove ogni brano ha il proprio video che va a comporre un’unica narrazione audiovisiva, dalle sonorità spesso evocative e malinconiche, squarciate da improvvise impennate noise e dodecafoniche. “Non dei semplici videoclip, ma undici video-ritratti, uno per ogni canzone del disco, che visti nell’ordine della tracklist andranno a comporre un’unitaria narrazione dell’album”, precisa la band, che ha coinvolto due artisti visivi di Bologna, Elide Blind e Simone Tacconelli, anche nella creazione delle foto, delle copertine dei singoli e del progetto grafico del supporto fisico del disco: un progetto multidisciplinare, fatto di musica, letteratura, fotografia, performance live e arti visive.
CINEMA E MUSICA SECONDO EARTHSET
“Il legame che si è deciso di trattare è quello che si manifesta attraverso l’atto del ricordare”, raccontano i due artisti. “La rievocazione di una memoria è una relazione che persiste anche dopo l’assenza, la mancanza, la morte”. Per farlo hanno utilizzato il piano-sequenza e un’estetica rétro, ispirata alle avanguardie cinematografiche degli Anni Venti (in particolare Man Ray), ma anche a David Lynch, realizzando “immagini statiche che nel loro fluire raccontano di un’unica emozione attraverso diversi simboli. Non stupisce che sbattendo le ciglia alla fine di ciascun brano, un televisore possa diventare un’alba in riva al mare, oppure un sasso nel fiume, una pillola in un bicchiere”.
Il risultato è un po’ alla Bill Viola, dove la camera fissa raggiunge vette di sublime poesia nel dare impercettibile movimento al suono di The Stranger’s Eye, il secondo singolo: “Mi son perso nell’occhio dell’estraneo, ho sentito il tepore di quella vista sconosciuta, e ora son qui seduto coi miei pensieri, cullato dal dubbio… riusciremo mai a sopravvivere a questi giorni di aprile?”.
‒ Claudia Giraud
https://orcd.co/earthset_bound
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #65
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