Arte e musica. Intervista a Simon Bonney, fondatore dei Crime & the City Solution
Quali sono le fonti di ispirazioni artistiche di un musicista? E come influenzano la sua storia? Lo abbiamo chiesto a Simon Bonney, “anima” della band Crime & the City Solution
Simon Bonney (Sydney, 1961) è un musicista australiano di rock alternativo, fondatore e cantante della band post-punk Crime & the City Solution. Formatosi nel 1977, negli anni il gruppo ha cambiato continuamente line-up e da Sydney, dove era nato, si è spostato in diverse città, Melbourne, Londra, Berlino, Detroit. Le influenze venivano per lo più da musicisti statunitensi come Television, Richard Hell, Ramones, Talking Heads, Lou Reed/Velvet Underground, e anche da David Bowie. Nella formazione inglese confluirono Mick Harvey, che introdusse la band alla celebre etichetta Mute, e Roland S. Howard, già membri di The Birthday Party, band post-punk fondata dal musicista australiano Nick Cave, contribuendo a portare la band verso sonorità ancora più blues-gotiche.
Crime & the City Solution sono diventati una vera icona della musica alternativa grazie anche all’apparizione nel film Wings of Desire (Il Cielo sopra Berlino, 1987) di Wim Wenders, dove eseguono la canzone Six Bells Chime tratta dall’album, Room of Light, pubblicato con Mute nel 1986. Wenders ha incluso una loro canzone anche nella colonna sonora del successivo film Until the End of the World (Fino alla fine del mondo, 1991). La violinista Bronwyn Adams, entrata nella band nel 1986, è diventata in seguito la moglie di Simon. Insieme, quando la band si è sciolta nel 1991, si sono spostati a Los Angeles dove Simon ha pubblicato due album da solista nel 1992 e 1995. Dopo essersi ritirato per lungo tempo dalle scene, dedicandosi alla famiglia e scrivendo musica per film e tv, nel 2012 ha riformato la band a Detroit pubblicando l’album American Twilight, sempre per Mute. La nuova formazione, oltre a Bronwyn, includeva tra gli altri Alexander Hacke (Einstürzende Neubauten), che aveva già collaborato negli Anni Ottanta con la band, Danielle De Picciotto e David Eugene Edwards (Wovenhand). La band è tornata nuovamente in tour quest’anno con una formazione inedita che include tra gli altri il bassista belga Fred Lyenn, già collaboratore del musicista statunitense rock grunge Mark Lanegan, scomparso quest’anno, con cui Simon aveva condiviso più volte il palco.
Il tour History of Crime 2022, iniziato a fine maggio in Europa con diversi appuntamenti anche in Italia, proseguirà a settembre in attesa del nuovo album attualmente in registrazione a Berlino.
INTERVISTA A SIMON BONNEY
La tua definizione di arte.
Alcuni concetti necessitano di grande specificità per trasmettere il significato inteso e per esprimere un’idea in modo accurato, l’arte invece deve essere illimitata e libera di esplorare ed espandersi, quindi preferisco non definirla, non ne sento il bisogno, non lo troverei utile.
La tua definizione di musica.
Come l’arte, non è qualcosa per cui cerco una definizione restrittiva. Quindi, dalla precisione tecnica di Take Five ai suoni che scopro nella natura selvaggia, a tutto ciò che sta nel mezzo e oltre, può essere musica.
Ti definisci un “artista”?
No, mi avvicino alla scrittura guidato da un’etica di incorporamento, osservazione, testimonianza, partecipazione e documentazione senza giudizio (morale). Quindi, mi aggiro su questo sfondo e quello e le impressioni si insinuano nella mia coscienza, interagendo con le mie altre esperienze e costrutti.
L’opera di arte visiva che più ami.
Orfeo (film, regia di Jean Cocteau, 1950, N.d.R.) e Il bacio (Gustav Klimt).
La canzone che più ami.
Cambia continuamente, ma al momento Hard Times (Baby Huey), Inner City Blues (Marvin Gaye), Little Child Running Wild (Curtis Mayfield) e Across 110th Street (Bobby Womack). Domani potrebbe essere Free Bird o Coney Island Baby.
I tuoi recenti progetti.
I Crime stanno registrando un nuovo album a Berlino in uscita a maggio del 2023.
Un ricordo della tua vita.
Uno dei ricordi più forti e duraturi viene da quando ero un bracciante di fattoria e mio zio mi diede l’incarico di uccidere un vitello con un martello di pietra. L’ho fatto senza esitazione, tale era l’importanza che davo all’insegnamento di mio zio, all’appartenenza alla sua famiglia, ma ricordo ancora ogni dettaglio, in particolare il suono del martello sull’osso. La morte era sempre a portata di mano in una fattoria, ma lo era anche la vita. Mio zio, che amavo profondamente, passava ore ad aiutare a partorire un vitello quando la mucca era in quel delicato momento, viveva nel ciclo della vita e della morte e se mangi carne penso che dovresti sapere da dove viene: le circostanze della vita e della morte di un animale.
‒ Samantha Stella
http://crimeandthecitysolution.org/
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