Torino Art Week 2022: gli highlight musicali dei 20 anni di C2C Festival

La celebrazione del ventennale di C2C festival (un tempo si chiamava “Club To Club”) è andata in scena durante l’appena conclusasi Torino Art Week con un parterre d’eccezione. Ecco il report delle esibizioni migliori

La celebrazione del ventennale di C2C festival (un tempo Club To Club), la storica rassegna di musica avant-pop che dal 2002 anima la città di Torino, è andata in scena dal 3 al 6 novembre e ha assorbito le notti del popolo dell’arte torinese e non con una sequenza di nomi da capogiro. Dalla serata queer capitanata da Arca ai suoni ipnotici di Caterina Barbieri, passando per l’eclettico Jamie XX, la qualità del parterre è stata più alta del solito, nonostante qualche problema di acustica. Vediamo gli highlight della rassegna appena conclusa.

LYRA PRAMUK

Lyra Pramuk, photo⁣ Kimberley Ross, courtesy C2C Festival

Lyra Pramuk, photo⁣ Kimberley Ross, courtesy C2C Festival

Il grande ritorno è sempre quello del corpo, come oggetto di discorso e trasformazione. Il corpo queer e mutante che definisce l’identità del performer, quando sul palco incontriamo nella medesima serata, quella di apertura di C2C 2022 a Torino, Lyra Pramuk e Arca. Non si può tralasciare l’idea di questo corpo inquieto nell’analizzare la produzione artistica di entrambe, quella discesa nel profondo dove l’incontro tra maschile e femminile è caos puro, dove il rigetto apre la strada alla sperimentazione e il desiderio di un corpo altro si estrinseca attraverso un diverso uso della voce. È stata proprio quest’ultima, non a caso, l’elemento più affascinante di entrambe le performance. Non nuovo nell’immaginario astratto, post-minimalista ed etereo di Lyra Pramuk, le cui collaborazioni con la compositrice Holly Herndon, contribuiscono a definire una direzione futuristica della componente vocale. La voce utilizzata e interpretata come uno strumento, assecondando le sue potenzialità espressive più che comunicative. (Carlotta Petracci)

ARCA

Arca, photo ⁣Kimberley Ross, courtesy C2C

Arca, photo ⁣Kimberley Ross, courtesy C2C

Nella performance di Arca, invece, la voce è diventata il manifesto della transizione, acuta come non lo era mai stata, si è fatta volto nella penombra, lineamenti di donna nella epilettica sovrapposizione di immagini delle sue molteplici incarnazioni. Del resto il corpo di Arca è un territorio sconfinato, in cui umano e fantastico generano entità aliene, come nel ciclo Cremaster di Matthew Barney, ricordandoci che non esiste confine che non possa essere superato, quando si è creatori totali di se stessi. Non è un confine l’abito, non lo è il genere, non lo è la carne. Così è il suo suono: selvaggio, spezzato, disarmonico, ma soprattutto è un suono che si riconosce perfettamente nella definizione di post-culturale, data da Teresa Macrì nella sua analisi delle pratiche artistiche post-coloniali, di quella America Latina in cerca di una nuova identità (mai compiuta) tra sincretismo, ibridismo e mezcla. (Carlotta Petracci)

AUTECHRE

Autechre, prima dell'inizio del concerto, foto Claudia Giraud, C2C Festival

Autechre, prima dell’inizio del concerto, foto Claudia Giraud, C2C Festival

Al buio totale, senza nessun tipo di elemento scenografico in grado di distrarre lo spettatore dall’ascolto di una musica prettamente mentale. È così che gli Autechre si sono presentati al pubblico in occasione della seconda serata di questa nuova edizione del festival torinese. Replicando una formula allestitiva già adottata per C2C nel 2016, i pionieri della cosiddetta IDM (Intelligent Dance Music) sono riusciti anche questa volta a portare avanti un live particolarissimo fatto di suoni affilati e imprevedibili, ritmi sincopati, e bassi a dir poco travolgenti: un viaggio pulsante e omogeno, della durata di circa 60 minuti, da affrontare ballando in primis con il proprio cervello. Un’esibizione estremamente coerente con la poetica del geniale duo britannico penalizzata purtroppo dall’acustica problematica presente in sala. A causa della vastità degli spazi del Lingotto il suono tende infatti a disperdersi in maniera confusionaria implicando un’apertura totale dei bassi (per non dire “smarmellata”) che mette in seconda luce sonorità meno percepibili e più ricercate. Un po’ un peccato se si considera tutto il lavoro chirurgico e certosino che si trova dietro il modus operandi di artisti del calibro degli Autechre. (Valerio Veneruso)

JAMIE XX

Jamie XX, foto Claudia Giraud, C2C Festival

Jamie XX, foto Claudia Giraud, C2C Festival

La seconda sera di C2C ha avuto due protagonisti indiscussi del dancefloor: Jeff Mills, che sul palco di Stone Island ha dato prova ancora una volta della sua inventiva da veterano e maestro della techno, e Jamie XX che sul main stage, nonostante l’acustica abbia penalizzato parte del suo set, ha dimostrato di essere uno dei producer più eclettici in circolazione. L’ultimo singolo Kill Dem ne è la prova: influenze caraibiche punteggiano un immaginario sonoro che più volte è stato definito post-dubstep, ma che in realtà si impone per la sua ricchezza “cromatica” e anche per la capacità di flirtare col pop, senza esserlo mai realmente. Amato dal suo pubblico erudito, Jamie è un talento che forse può essere apprezzato maggiormente in cuffia, per cogliere alla perfezione la sua sensibilità per il ritmo, tanto quanto la sua capacità di metterlo anche in discussione. Nonostante ciò non esserci sarebbe stato un delitto! (Carlotta Petracci)

PA SALIEU

Pa Salieu, foto Claudia Giraud, C2C Festival

Pa Salieu, foto Claudia Giraud, C2C Festival

Se la nostalgia rappresenta il tratto distintivo della produzione artistico-musicale della nostra epoca, Pa Salieu è senza dubbio un’eccezione. Il suo album di debutto Send Them To Coventry, che raccoglie gran parte dei singoli che hanno costellato la sua rapida ascesa, con una combinazione molto personale di grime e dancehall, quest’ultima con un’impronta minimalista, si è imposto all’attenzione di un pubblico sempre più ampio, anche grazie alla rete. E possiamo dire che, nell’energico live della ventesima edizione di C2C, questo percorso abbia preso una forma palpabile. Sui maxi schermi si imponeva un performer già maturo, a suo agio sul palco, empatico nei confronti del pubblico, senza incertezze vocali. La sua sola presenza ha catapultato Torino e l’Italia, per poco più di un’ora in un altrove internazionale, una sensazione che, nonostante i grandi nomi a cui ci ha abituato il festival, si è forse respirata per la prima volta. Dai margini Pa Salieu ha aperto la breccia verso un futuro in cui le logiche centro-periferia si perdono nella memoria, scrivendo in questo modo, attraverso la musica, un’altra Storia. (Carlotta Petracci)

CATERINA BARBIERI

Caterina Barbieri, photo⁣ Kimberley Ross, Courtesi C2C Festival

Caterina Barbieri, photo⁣ Kimberley Ross, Courtesy C2C Festival

Seguendo in qualche modo la traiettoria indicata dagli Autechre, Caterina Barbieri ha conquistato il pubblico del Main Stage offrendo uno show attento ad allietare sia la mente sia il cuore. Grazie infatti alla forte carica emotiva che trasuda dalle sue composizioni (come si evince anche dalla sua ultima fatica discografica, Spirit Exit), la musicista ha ben saputo diffondere un godibilissimo senso di malinconia che ammicca tanto a mostri sacri della musica elettronica, quali Jean Michel Jarre o gli Orbital, quanto a sonorità dilatate, più vicine a un sottogenere come quello della weirdcore. Un’esibizione stupefacente che, con la sua elegante presenza scenica, la Barbieri ha portato avanti alternando momenti di ampio respiro ad altri estremamente vorticosi. Tra suoni provenienti da pianeti lontani e immaginari pattern visivi, si ha avuto così modo di intraprendere un’esplorazione al contempo intima e collettiva che ha raggiunto il culmine in un climax così armonioso da risultare perfino estatico. (Valerio Veneruso)

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