20 anni di Apolide Festival con Jeff Mills: il report del concerto a Torino
Per la sua XX edizione, l’Apolide Festival cambia sede: dai boschi del Canavese a Torino. Con una serata inaugurale del geniale Jeff Mills e i suoi Tomorrow Comes the Harvest
Anche se dall’esterno è impossibile vedere certe cose, organizzare un festival – musicale, artistico o quant’altro – non è mai una questione semplice. Ne sa qualcosa il team dell’Apolide Festival che, arrivato al suo ventesimo anno di attività, si è ritrovato in pochissimo tempo a dover fare capriole e salti mortali pur di non gettare alle ortiche un anno di lavoro portato avanti con un unico obiettivo: quello di continuare a offrire una preziosa esperienza collettiva mossa dalla volontà di ristabilire dei contatti con la natura. Purtroppo (o per fortuna?), il mantenimento di alcuni equilibri tra specie e luoghi differenti non sempre consente di dar vita a progetti simili, per quanto possano essere nobili gli intenti che li animino. E così, dopo nove anni di accoglienza nell’Area Naturalistica Pianezze di Vialfré, nel canavese, il Comune ha vietato lo svolgimento del festival – e non solo di quello – giocandosi la carta della preservazione dell’ambiente e degli ecosistemi del territorio. Una decisione che ha il sapore del pretesto considerando sia l’impegno da parte del festival nell’accertarsi di non danneggiare nulla, sia l’ostruzionismo comunale manifestatosi con silenzi e dilatazioni dei tempi burocratici. Malgrado tutto, la rassegna musicale (che mai come questa volta può realmente considerarsi “apolide”) non si è fatta prendere troppo dallo scoraggiamento riuscendo comunque a garantire (nei giorni dal 20 al 22 luglio, con chiusura il 23 luglio con Lucio Corsi, Deadletter, il collettivo Pietra Tonale, il mix di calcio e musica dei Materazi Future Club, Leatherette, R.Y.F. e i SofaSoGood), i suoi concerti ma in altre location: il Cortile della Lavanderia a Vapore nel Parco della Certosa di Collegno, e il Magazzino sul Po, nel pieno centro di Torino.
La prima serata dell’Apolide Festival
Accolta da un pubblico non proprio folto e comprensibilmente spaesato, la serata di giovedì 20 è partita in sordina per poi raggiungere il culmine con l’esibizione dei Tomorrow Comes the Harvest, il super progetto messo in piedi dal celeberrimo papà della techno di Detroit, Jeff Mills, insieme al suonatore di tabla Prabhu Edouard e al tastierista francese di origine guyanese Jean Phi-Dary. Suddiviso in tre aree prinicipali – l’Apolide lounge, il Boobs stage e il Main stage – il Parco della Certosa si è ben prestato ad accogliere tanto artisti nostrani (Hey! Himalaya, Società Cosmica) quanto internazionali (gli svizzeri Saitün, e i belgi Avalanche Kaito) che hanno pervaso l’intero spazio di sonorità tribali e psichedeliche. Un’impronta incisiva che ha preso sempre più forma con l’imponente live di Theon Cross e dei suoi altrettanto impressionanti compagni di viaggio. Membro fondatore dei Sons of Kemet, Cross ha ammaliato chiunque grazie al suo particolarissimo approccio con la tuba in grado di muoversi tra African-Diaspora Music e atmosfere Dub. Uno spettacolo energico e sorprendente che ha preparato il terreno per Mills e soci.
L’esibizione di Jeff Mills dei Tomorrow Comes the Harvest
Scaldatosi perbene, il Main stage ha cominciato realmente a tramutarsi in qualcos’altro dalle 22:50 circa in poi, ovvero dal momento in cui Jeff Mills, Prabhu Edouard e Jean Phi-Dary (che l’8 settembre daranno alle stampe il loro nuovo album, Evolution) si sono rivelati in tutta la loro eleganza: un tratto distintivo determinato non solo dalla loro estetica, quanto dai movimenti fisici di ogni singolo musicista. La nonchalance con la quale dita e mani si confrontavano con i rispettivi strumenti ha da subito fatto capire che quello non sarebbe stato un live qualsiasi, bensì un rituale ipnotico a metà strada fra una jam session misticheggiante e un intervento chirurgico a cuore aperto. Un viaggio incredibile, durante il quale lo stesso Mills invitava a lasciarsi andare per accogliere quell’alchimia unica che da più di 35 anni a questa parte contraddistingue la sua ricerca. Alternandosi fra drum machine, conga e tamburelli, Mills ha piano piano assunto le sembianze di una creatura mitologica, mezzo sacerdote e mezzo direttore d’orchestra, un mago alieno capace di dare e seguire il tempo con una precisione da pelle d’oca. La medesima meticolosità si è potuta ritrovare anche negli altri due, in particolar modo nell’incredibile Prabhu Edouard che, nonostante qualche piccolo problema di sonorizzazione, non ha mai perso il controllo di quello che stava creando con le sue fantastiche tabla. Per quasi due ore si è dunque stati in balia di un flusso energetico stupefacente nel quale strumenti analogici e reminiscenze digitali hanno dato vita a un momento ipnotico di una bellezza più unica che rara nel quale la Fusion e la Techno hanno potuto camminare insieme con armonia.
Alla ricerca di un’armonia perduta: il concerto dei Tomorrow Comes the Harvest
Il motivo per cui il live dei Tomorrow Comes the Harvest non è stato solo un semplice concerto è dato dal fatto che ha saputo dimostrare quanto sia possibile – con dedizione, studio e pazienza – riuscire a trovare accordi impensabili tra esperienze e suoni così diametralmente opposti. Ed è proprio questo l’augurio che vogliamo rivolgere a tutti gli organizzatori del festival, ovvero trovare quell’armonia nascosta fra due mondi differenti. Un invito a insistere sulla propria identità apolide prendendo magari in considerazione l’idea di un festival itinerante e camaleontico che possa rimettere le carte in tavola e dare inizio a una vera e propria rivoluzione. Un progetto che magari possa riuscire a mettere un pò più da parte concezioni prettamente antropocentriche anche perché, se ci pensiamo bene, i veri apolidi ostacolati e messi in difficoltà in questo mondo non siamo noi esseri umani.
Valerio Veneruso
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