Songs of stone: le poesie in musica di Gabriele Tinti
Ispirate dai capolavori dell’arte antica, le poesie dell’autore e critico d’arte scoprono una nuova dimensione, che dal reading porta alla registrazione di un album, con la band Zu
“Ho affidato questi miei versi a Malcolm McDowell che li ha letti in modo violento, tragico, cinico. È stato un onore collaborare con lui. Massimo ha raccolto questi materiali dando loro nuovo respiro”. Con queste parole, Gabriele Tinti introduce il suo nuovo progetto di reading poetico, questa volta trasformato dal fondatore della band romana di rock strumentale sperimentale Zu, Massimo Pupillo, in un album dal titolo Songs of stone, edito da Subsound Records.
La poesia secondo Gabriele Tinti
È da anni, infatti, che Tinti porta le sue poesie in giro per i musei di tutto il mondo, facendole leggere ad attori di fama di fronte alle opere che li hanno ispirati. Questa volta il progetto prende le mosse dal suo ultimo libro Sanguinamenti – Incipit Tragoedia che raccoglie 140 epigrammi funebri greci e latini, realizzati nel 2020 a partire dalle suggestioni verbovisive provenienti dalle collezioni epigrafiche in pietra del Museo Nazionale Romano, dei Musei Capitolini e del Museo Archeologico di Napoli. “Ho utilizzato il distico elegiaco che è il metro dell’elegia, delle iscrizioni funebri, la struttura che veniva scelta per esprimere le lamentazioni, i compianti per la condizione dell’uomo, lo sconforto individuale”, ci spiega Tinti.
“La poesia nasce da un accumulo. A partire da Omero, è sempre stato un lavoro su del materiale preesistente. In ogni poeta si troveranno delle reinvenzioni di alcuni versi, prestiti di parole, metafore, immagini, persino delle parafrasi di poeti precedenti. È sempre stato così: chi viene dopo deve fare i conti con chi c’è stato prima. Debito naturale che si esprime però in un’opera riconoscibile, differente”.
Dal reading poetico alla musica
Da queste riflessioni nasce un disco che, in realtà, doveva essere un’installazione sonora. “L’idea originaria era quella di far entrare il pubblico nei grandi ambienti delle Terme di Diocleziano chiamandolo alla sosta e all’ascolto, grazie alla voce e alla musica che sarebbero emerse nello spazio dirigendo la visione”, ci racconta Pupillo. “Il Covid ha rallentato l’entusiasmo iniziale. Abbiamo quindi pensato di realizzare il progetto nella forma di un album vero e proprio, destinato a un ascolto più intimo. Lavorando con un timbro vocale così eloquente, ho cercato di costruire un teatro immaginario, uno sfondo e quinte fatte di suono”. Il risultato? Un flusso sonoro sospeso tra il sogno e l’incubo, interrotto di tanto in tanto dalla voce processata dell’attore di Arancia Meccanica, la cui gravità fa calare in pieno nel dramma delle “canzoni di pietra”.
Claudia Giraud
Scopri Subsound Records
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #72
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