A Parigi apre la casa-museo dedicata al cantante Serge Gainsbourg
È stata la figlia Charlotte a voler aprire al pubblico la casa di famiglia e soprattutto dell’autore della canzone scandalo Je t'aime... moi non plus
Parigi, rue Verneuil 5 bis: un indirizzo diventato di culto da quando, il 2 marzo 1991, Serge Gainsbourg si spegne da solo in quella che è stata la sua casa fin dal 1969. Durante gli oltre trent’anni trascorsi da quella data, i fan del cantante – parigini, francesi, ma anche gente che arriva da tutto il mondo – hanno lasciato sul muro esterno scritte, graffiti, messaggi per esprimere i loro sentimenti nei confronti di un artista che aveva incarnato per almeno un ventennio l’anticonformismo provocatorio di tutta una generazione.
Chi erano Serge Gainsbourg e Jane Birkin
Una casa che è rimasta come sigillata nel tempo, con gli arredi, i libri, i dischi, le opere d’arte, gli oggetti del vivere quotidiano conservati al loro posto per volere di Charlotte Gainsbourg, la figlia di Serge e Jane Birkin. L’attrice e regista – che da poco ha perso la madre alla quale ha dedicato nel 2021 il film Jane by Charlotte – confessa di esser ritornata spesso nella casa vuota di rue Verneuil, per sostare in solitudine o fotografare gli ambienti. Siamo nel 7° arrondissement, a pochi passi da Saint Germain des Pres: “per me, quest’indirizzo è diventato un luogo di pellegrinaggio, di memoria. Giro la chiave, entro. Richiudo la porta dietro di me. Il tempo si è fermato. Mi concedo un viaggio nella mia memoria. Gli odori sono ancora gli stessi, mi avvolgo nei ricordi. Nel silenzio. A volte sento dei mormorii provenire dalla strada. Queste persone, questi fan che sono arrivati fino qui, che sfilano davanti ai graffiti, che scrivono e disegnano qualcosa a loro volta…”.
Charlotte ricorda così la casa della sua infanzia, dove Serge e Jane traslocano nel maggio 1969. Sono in tre, perché Jane ha già avuto Kate dalla relazione con John Barry. Poi nel 1971 nasce Charlotte e, nel ricordo di una bambina, quella è l’ordinaria vita di una famiglia di quattro persone, anche se di ordinario probabilmente aveva poco. E ancora più tardi, dopo la separazione dei genitori, quella sarà la casa dei fine settimana trascorsi in compagnia di un padre protettivo, che la vizia. Il silenzio della domenica mattina in rue Verneuil, le uscite con Bambou, la nuova compagna del padre, le corse alla tabaccheria di rue des Saints-Pères per comprare i giornali, la stecca di Gitanes e le ricariche per l’accendino Zippo per il genitore-artista che aveva l’abitudine di dormire fino a tardi.
La Maison Gainsbourg a Parigi
Dopo aver acquistato le quote dai suoi fratelli ed esser diventata l’unica proprietaria dell’alloggio di rue Verneuil, Charlotte Gainsbourg ha infine maturato l’idea di aprire al pubblico la casa del padre: “con il senno di poi, penso che il progetto non fosse maturo nella mia testa. Questo scrigno, questo giardino segreto doveva essere solo mio. Ho avuto bisogno di questi trent’anni e oltre per convincermi che era giusto condividerlo…” La Maison Gainsbourg ha aperto le porte al pubblico il 20 settembre e le visite sono subito andate sold-out. Le previsioni dicono che la casa dell’artista e il museo a lui dedicato sull’altro lato della strada (rue Verneuil 14) accoglieranno 100.000 visitatori all’anno. Un numero necessario per rendere finanziariamente sostenibile un progetto costato 6 milioni di euro (di cui 800.000 pubblici, sostenuti dalla regione Île-de-France). Nella boutique non mancano i gadget, da quelli a pochi euro a quelli più costosi, come la riproduzione firmata Saint Laurent dell’iconica giacca da donna in gessato che Gainsbourg aveva acquistato per poche sterline nel 1973 a Londra al mercato di Portobello e che divenne la sua divisa per negli anni seguenti.
Il museo dedicato a Gainsbourg
Il museo racconta la vita e la carriera di Gainsbourg in otto capitoli cronologici con l’aiuto di 450 pezzi esposti: manoscritti, oggetti personali, fotografie, vestiti, gioielli. Fra le opere esposte c’è anche l’Homme à Tête de chou (L’uomo con la testa di cavolo) una scultura di Claude Lalanne in cui Serge si riconosceva. Appassionato d’arte, la acquistò d’impulso entrando in una galleria e successivamente fu fonte di ispirazione per il concept-album che porta lo stesso titolo. Esposti ci sono anche La chasse aux papillons di Salvador Dalí e il manoscritto originale della Marsigliese di Rouget de Lisle. Il percorso del museo è completato da una libreria-boutique e da Le Gainsbarre , caffé, piano-bar che ripropone gli ambienti nei quali l’autore di Je t’aime… moi non plus ha cominciato la sua carriera prima del grande successo. L’esposizione temporanea, nel livello interrato del museo, è dedicata al titolo più famoso del duo Birkin-Gainsbourg registrato nel dicembre 1968, anche se come raccontano le cronache mondane la canzone fu ispirata da un breve flirt avuto l’estate precedente con Brigitte Bardot. La mostra documenta lo scandalo provocato da questo celebre brano arrivato alla testa delle hit-parade di molti paesi (in Gran Bretagna il primo in lingua non inglese a raggiungere la vetta), venduto in quattro milioni di copie, nonostante la censura e l’interdizione in Olanda su volere esplicito della regina Giuliana.
L’accesso all’appartamento è invece un percorso immersivo di una trentina di minuti che i visitatori (si entra a due a due), muniti di cuffie geolocalizzanti, fanno in compagnia della voce di Charlotte Gainsbourg che fa da guida nella casa dell’infanzia con il supporto della colonna sonora originale creata da Soundwalk Collective.
Dario Bragaglia
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