La svolta della Biennale Musica Venezia 2023, tra computer, organi e piste da ballo
L’edizione appena conclusa della rassegna, dedicata quest’anno alla musica elettronica, ha convinto un pubblico eterogeneo, che ha risposto compatto sia alle proposte dance che d’ascolto. Un bilancio
Da più parti si sente dire, e si legge, che questa è stata una Biennale Musica “di svolta”. Non lo si può negare. Certo, il fatto che l’edizione 2023 della rassegna lagunare fosse dedicata a un genere musicale attuale quant’altri mai, ovvero la musica elettronica, e quant’altri mai capace di aprirsi oltre le ristrette cerchie degli addetti ai lavori della musica contemporanea, e oggetto di interesse da parte di un pubblico molto diversificato, ha decisamente aiutato a parlare di svolta. Ma il tema in sé non sarebbe bastato, da solo, a segnare un forte cambiamento: lo si sarebbe potuto affrontare, infatti, in modi e forme più ingessate e vecchio stampo. Invece si è utilizzata la giusta dose di spregiudicatezza, mixando sperimentalismo e più ampia accessibilità, all’insegna di una qualità sempre sostenuta. Il pubblico ha premiato questo approccio: i diversi appuntamenti sono stati sempre molto seguiti, da una folla varia per età e per stili, in una gioiosa mescolanza inimmaginabile fino a qualche anno fa. Vedremo nelle prossime edizioni se la svolta sarà effettivamente tale, o solo una diversione momentanea, quando i generi affrontati saranno altri e soprattutto, come in tutti i festival, nuove direzioni artistiche si avvicenderanno (tema peraltro caldo in questi giorni, con la fresca nomina di Pietrangelo Buttafuocoa presidente della Biennale). Nell’attesa di capirlo, ripercorriamo quello che ci ha convinto di più nella fase conclusiva della terza Biennale Musica guidata da Lucia Ronchetti: suoni che abbiamo ascoltato, ma anche, in un paio d’occasioni, ballato (più svolta di così!).
Biennale Club nella “Notte di Nero”
Se l’avvio e la parte centrale della Biennale Musica hanno visto, tra i momenti culminanti, le affascinanti performance dei due Leoni di quest’anno (quello d’oro, Brian Eno, e quello d’argento, Miller Puckette), la parte finale della manifestazione ha mantenuto alto il livello della proposta. La Notte di Nero di venerdì 27 ottobre ha costituito un adeguato pendant della Notte di Sonic Acts di venerdì 20, nell’ambito della sezione Club Micro Music: ma se nella scoppiettante serata dedicata all’organizzazione olandese molto spazio aveva l’aspetto performativo, quella realizzata in collaborazione con Nero è stata una serata di clubbing più classica, ovvero frontale, con i dj intenti a creare alchimie sonore dietro la consolle e il pubblico lieto di dimenarsi di fronte a loro. Idue protagonisti della serata, Loraine James e Kode9, non hanno deluso le attese. La James è stata meno frenetica di quando l’abbiamo sentita a Roma, al festival Manifesto, nel 2022: anche in versione un po’ più ‘morbida’, comunque, la dj e produttrice britannica ha conquistato il pubblico, con suoni molto raffinati e ritmi incalzanti. Ancora più travolgente, forse, il successivo, ampio set di Kode9: il musicista-filosofo scozzese ha stregato la platea con il suo mix di jungle, drum and bass e dubstep, in cui a momenti più sperimentali si accompagnava una piena, festosa ballabilità.
Ascolti elettronici nella “Notte di Battiti”
Gli ultimi due appuntamenti della sezione Club Micro Music hanno avuto invece un carattere completamente diverso: elettronica da ascolto, con il pubblico seduto (o addirittura sdraiato), e atmosfere ipnotiche, quando non decisamente tetre. Il tutto accompagnato, è bene ricordarlo, da splendidi giochi di luce: il light design del Teatro delle Tese all’Arsenale (dovuto, in tre delle quattro serate, a Theresa Baumgartner) ha creato atmosfere di grande suggestione, che hanno magnificamente interagito con la musica. Nella Notte di Battiti di sabato 28 ottobre, realizzata in collaborazione con la nota trasmissione musicale di Rai Radio 3, si sono succedute tre pagine di notevole ampiezza, di timbro piuttosto diverso l’una dall’altra: ha aperto la serata il live di Jjjjjerome Ellis, in cui, su un delicato tappeto musicale elettronico, si distendevano caldi assoli vocali e al sassofono; è seguito Shafts of Sunlight di Lamin Fofana, onirico affresco di forse fin troppo vaste proporzioni; ha chiuso la serata Julius Eastman Memorial Dinner, variegato e a tratti ironico lavoro di Jace Clayton per elettronica, due pianoforti e interventi video dedicati alla figura di Eastman, compositore e attivista afroamericano gay degli Anni Settanta e Ottanta del Novecento. L’ultimo appuntamento con Club Micro Music, che è stato anche lo spettacolo conclusivo della Biennale di quest’anno, è stato quello della sera di domenica 29 ottobre 2023, con il live dei due compositori, sound-artist e sound-designer Nicolas Becker e Robert Aiki Aubrey Lowe, che hanno condotto gli ascoltatori, in bilico tra inquietudine e piacere estetico, nel loro iperuranio distopico.
Tra organi antichi e computer
Il concerto di John Zorn del pomeriggio di domenica 29 ottobre 2023 ha rappresentato la chiusura della sezione della Biennale Musica Stylus Phantasticus: the Sound diffused by Venetian Organs, una serie di concerti che hanno avuto luogo in alcune splendide chiese veneziane e per protagonisti stupendi organi antichi, sui quali sono stati eseguiti sia un repertorio d’epoca, seicentesco in particolare, che musiche del nostro tempo.
Tra tanti computer, poi, ha fatto la sua comparsa anche un’orchestra: gli strumentisti dell’Ensemble C Barré diretto da Sébastien Boin che, venerdì 27 ottobre, hanno eseguito, assieme ai celebri e sempre bravissimi Neue Vocalsolisten di Stoccarda, Songs&Voices di Francesca Verunelli, nuovo lavoro commissionato dalla Biennale alla compositrice fiorentina, già vincitrice, giovanissima, nel 2010, del Leone d’Argento.
Fabrizio Federici
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