Arte e musica. Intervista alla musicista Petra Hermanova che fa avant pop/psych folk 

Un ritratto della musicista folk sperimentale e artista visiva della Repubblica Ceca con base a Berlino Petra Hermanova che suona un insolito strumento: l'autoharp

Petra Hermanova è una musicista e artista visiva nata a Valašské Meziříčí in Repubblica Ceca con attuale base a Berlino. Durante gli anni di studi artistici presso l’Università di Brno, nel 2008 fonda con Roman Přikryl il progetto musicale Fiordmoss, una miscela di radici e influenze diverse, tra canzoni folk tradizionali, elettronica, dance e rock, che alcuni hanno definito avant pop/psych folk. Vengono pubblicati due EP, Gliese nel 2010 e Ink Bitten nel 2012, anno in cui si trasferiscono a Berlino. Nel 2017 prende vita il pluripremiato album Kingdom Come, ma, nonostante gli venga attribuito il Premio Anděl come miglior album elettronico dell’anno dall’Accademia di Musica Popolare in Cecoslovacchia, la band si scioglie. Harmanova si dedica alla realizzazione di video musicali e animazioni che vengono utilizzati come proiezioni per concerti di progetti prevalentemente elettronici della scena musicale norvegese. In seguito alla morte della nonna, acquista un piano elettrico che utilizza con impostazione organistica e si innamora dell’autoharp, strumento musicale a corde pizzicate, utilizzato soprattutto nella musica folk.

Petra Hermanova. Photo Bine Banner
Petra Hermanova. Photo Bine Banner

Le fonti di ispirazione di Petra Hermanova: da Bach a Arvo Pärt 

Accanto ai suoi ascolti prediletti, Hildegard von Bingen, Johann Sebastian Bach e Arvo Pärt, trae ispirazione da stili e epoche diverse, musiche corali e barocche, droni elettronici di gusto medievale, doom metal, misticismo e simbolismo. Nata come una pratica personale per esorcizzare il dolore che attraversa, la perdita della nonna, del padre e del cane, che considera a tutti gli effetti un membro della famiglia, l’autoharp diventa il pilastro della sua pratica musicale, iniziando a creare arrangiamenti emotivi accompagnati dalla voce. Affascinata da tematiche spirituali, in primis dalla morte, nei suoi testi cerca di esprimere la fragilità della natura umana. Dall’incontro tra il trascendente e il terreno, e dalla necessità di offrire un supporto nell’elaborazione del lutto a chi stia attraversando un simile momento, nasce il suo album solista intitolato In Death’s Eyes pubblicato nell’ottobre 2023 per Unguarded. La forte carica religiosa si esprime anche con la scrittura di musica per organo a canne affidata all’acclamato organista Denny Wilke che utilizza l’organo Ladegast del XIX secolo della Cattedrale di Merseburg. Nascono nove brani che utilizzano tecniche musicali e strumentazioni folk e sacre “per produrre bellezza”, secondo le parole stesse della musicista, che si è appena esibita a Praga e Varsavia in apertura del musicista irlandese Glen Hansard. 

https://www.petrahermanova.com

Intervista a Petra Hermanova 

La tua definizione di arte. 
Il bello dell’arte è che significa cose diverse per persone diverse, e come tale sfugge al nostro bisogno di definizioni chiare. L’arte può essere una crisalide o un rifugio, un’espressione o una fuga, una ricerca di profondità terrificanti, un grido nel vuoto. 

La tua definizione di musica.  
Per me personalmente la musica è la forma d’arte più sfuggente, effimera, capace di cambiare il flusso del tempo, la materialità di un momento. È anche quella che colpisce più duramente, che va dritta alla giugulare del nostro nucleo emotivo. 

Ti definisci un’artista?  
Sì, ho provato a dirlo già nel 2012, anche se ero un’artista anche prima. 

L’opera di arte visiva che più ami.  
A dire il vero, questo cambia molto a seconda del momento, ma adoro le visioni di Hildegard von Bingen, le opere di Henry Darger e Francis Bacon. La fotografa mozzafiato Teri Varhol, il cui lavoro di fotografia in bianco e nero non è di questo mondo e mi piace perdermi in esso. Devo anche menzionare Evelyn Bencicova ed Enes Güç: sono due artisti davvero incredibili con i quali ho avuto l’onore di lavorare per l’artwork del mio album. Le profondità in cui ci siamo addentrati, lavorando a questo progetto, sono state come un dono del cielo e hanno superato di gran lunga lo scopo di una semplice collaborazione per l’artwork di un album, è stato davvero come fare breccia nel metafisico. 

La canzone che più ami. 
Ultimamente il mio brano di riferimento è stato Erbarm dich mein (BWV 721) perché è un brano molto insolito per Bach e come tale mi affascina. 

I tuoi recenti progetti. 
In ottobre ho pubblicato un album intitolato In Death’s Eyes, in cui ho scritto per autoharp, voce e organo a canne. È un album destinato a essere ascoltato in un’unica soluzione, almeno quando lo si scopre per la prima volta. L’ho scritto per salvarmi dopo la perdita di mio padre, ed è il mio conforto a chi sta vivendo un’esperienza simile.                                 

Un ricordo della tua vita. 
Penso spesso al fuoco. Molti momenti importanti della mia vita sono stati accompagnati dal fuoco, che si trattasse di fuoco in un appartamento o di una catasta di legna. 

Samantha Stella 

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Samantha Stella

Samantha Stella

Samantha Stella, nata a Genova, vive a Milano. Artista visiva, performer, set & costume designer, regista, musicista, cantante. Sviluppa principalmente progetti focalizzati sul corpo e pratiche di discipline live utilizzando differenti linguaggi, installazioni con elementi strutturali e corporei, fotografia, video,…

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