Arte e musica. Intervista alla musicista sperimentale e rituale italiana Lili Refrain
Il quindicesimo appuntamento della rubrica Silver Walk of Muses dell’artista Samantha Stella presenta il ritratto della musicista sperimentale e rituale italiana Lili Refrain
Lili Refrain è una compositrice, chitarrista e performer nata a Roma e con base in città. Nel 2007 avvia il suo progetto solista partendo da chitarra elettrica, voce e loop registrati in tempo reale senza alcuna traccia pre-registrata. Da subito si distingue per uno stile unico grazie a continue stratificazioni di suoni che mescolano generi musicali diversi, psichedelia, folk, blues, metal, ambient minimalista e dark operistico. Negli anni, con un’intensissima attività live in Italia e Europa, la pubblicazione di cinque album ed EP con ottimo ritorno di critica e di pubblico, e sonorità vicine ad artisti come Diamanda Galás e Dead Can Dance, affina la tecnica dando spazio ad una vena altamente rituale ed evocativa, introducendo nuove sonorità come il taiko, il tamburo giapponese, che unisce due delle sue passioni più grandi, musica e arti marziali, e il synth, con cui crea dei bordoni di droni. Ma è soprattutto l’unione delle tecniche strumentali con le armonizzazioni create con la voce, utilizzando espressioni vocali dal throat singing alla lirica, e con una forte componente performativa, che avvia un’esplorazione sonora di natura ancestrale, focalizzata sull’origine della ricerca spirituale dell’uomo e la volontà di unire elementi di regioni, culture e storie di tutto il mondo. Dopo la prima autoproduzione Lili Refrain del 2007 e 9(2010, Trips und Träume/Three Legged Cat), inizia la fertile collaborazione con l’etichetta romana Subsound Records, con cui pubblica Kawax (2013), Ulu (2020) e Mana (2022), album che afferma definitivamente il suo talento internazionale. Tra il 2022 e il 2023 è stata in tour in Europa e UK come opening act prima con Heilung, gruppo di musica folk sperimentale di matrice nordica, poi con la leggendaria band di gothic rock inglese The Cult e la sua storica formazione progenitrice Death Cult.
Intervista a Lili Refrain
La tua definizione di arte.
L’arte è un’idea, un sogno, un’intuizione, una forte emozione che viene tradotta e plasmata in una forma più o meno tangibile con l’aiuto di una certa tecnica. È Il Gesto, un movimento estremo dal più profondo di se stessi verso l’esterno. Un linguaggio che parla dritto all’anima e che è in grado di cambiarne i connotati. È la comunicazione che mette in moto la visceralità sopita e che accresce lo spirito. È la risposta che fa porre molte domande, uno specchio, un dono, una necessità estrema.
La tua definizione di musica.
La musica è un linguaggio costituito da onde sonore. Non è diversa dalla definizione di Arte se non per il fatto che rispetto alla maggior parte delle opere che vengono raggruppate sotto questa definizione, non ha una forma visiva. È una traduzione dell’invisibile e resta tale, forse è proprio questa sua “invisibilità” a conferirle uno dei poteri più incredibili e mistici. È formata da frequenze fatte della stessa natura di cui sono fatti i nostri organi interni, può infatti curarli e dialogarvi in modo molto più diretto.
Ti definisci una “artista”?
Mi definisco una musicista.
L’opera di arte visiva che più ami.
Essere nata e cresciuta a Roma ha di certo aiutato i miei occhi stimolandoli con altisonante bellezza, sono fortemente anticlericale, ma non posso fare a meno di inseguire Caravaggio ovunque possa! Adoro Goya, Munch e Van Gogh, le performance di Sagazan, gli autoritratti di Bacon e le opere di Hokusai. Ho versato fiumi di lacrime davanti a Guernicadi Picasso. Sono una fervente lettrice di fumetti giapponesi e alcune tavole di Katsuhiro Ōtomo mi tolgono letteralmente il fiato. Amo fortissimamente la scultura e mi terrorizza allo stesso tempo. Non ho mai provato nulla di simile davanti a nessun’altra opera visiva. Ho avuto il mio primo ed unico attacco di panico della vita davanti a Ettore e Lica di Canova, e mi domando se sia questo il sublime.
La canzone che più ami.
Anche qui è impossibile non rispondere con un lungo, lunghissimo elenco pieno di amore e lacrime…. ma oggi metterei comunque al primo posto Proverb di Steve Reich con una certa sicurezza.
I tuoi recenti progetti.
Sono appena tornata da lunghi e meravigliosi tour, prima con Heilung e poi con The Cult e con Death Cult che mi hanno impegnata in tutto questo 2023 davvero molto intenso. Ho delle collaborazioni alle quali dedicarmi a brevissimo, con dei musicisti straordinari che stimo e amo dal profondo, e con i quali non vedo l’ora di sommare le energie. Attorno al mese di marzo 2024 ci sarà una nuova succulenta uscita destinata soprattutto ai collezionisti, e sto radunando il materiale emotivo per la stesura del prossimo disco.
Un ricordo della tua vita.
Ricordo con precisione il momento in cui ho deciso di consacrarmi alla musica. Era il 2007, ero andata a trovare mio padre in un periodo in cui tutto andava malissimo. Lavoravo come una schiava in un ristorante e stavo terminando i miei studi universitari, ma un litigio furioso con un professore mi aveva mortificata al punto che non sapevo cosa fare. Mio padre mi spiazzò totalmente chiedendomi quale fosse il mio sogno più grande, mi disse che dovevo tenere bene a mente di avere una vita sola e che si augurava che avrei fatto del mio meglio per vivere i miei sogni. Fu un dialogo bellissimo e prezioso al quale devo la persona che sono, oltre che tutta la spinta rivoluzionaria che mi ha portata ad avere il coraggio di sconvolgere tutti i miei piani, e dar vita a ciò che amo di più e che mi rende felice da ormai quasi 17 anni.
Samantha Stella
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