Musica e intelligenza artificiale. Intervista all’artista Lorem
Tra i protagonisti della mostra “Archivio Contemporaneo” in corso al Mattatoio di Roma, Francesco D’Abbraccio (aka Lorem) è musicista e artista attivo nel campo dei new media, noto per le sue sperimentazioni con il machine learning. Ci siamo fatti raccontare il suo lavoro
In occasione della mostra Archivio Contemporaneo, curata da Visioni Parallele, all’interno del Padiglione 9b del Mattatoio di Roma, abbiamo incontrato l’artista Francesco D’Abbraccio che, dopo l’esperienza di Aucan, ci ha raccontato di Lorem, il suo nuovo progetto audiovisivo e multidisciplinare. Musicista e artista attivo nel campo dei new media, D’Abbraccio ha alle spalle un approfondito percorso di ricerca teorico con Krisis Publishing, di cui è stato tra i fondatori. Oggi il suo nome viene associato alla modalità non convenzionale con cui approccia al machine learning. A partire da Arc, l’installazione presente in mostra, e dal nuovo album Time Coils, da cui ha preso forma anche la live perfomance del 27 aprile, gli abbiamo domandato cosa significhi avere uno sguardo contemporaneo sulla tecnologia e sull’arte. Sono emersi spunti molto originali.
Intervista all’artista Lorem
Il titolo del tuo ultimo disco, Time Coils, richiama una riflessione sul tempo. Qual è la tua concezione?
Il tempo è il tema chiave dell’album. In particolare c’è un riferimento esplicito, che emerge nella traccia At the wrong speed, al romanzo Jerusalem di Alan Moore. Nel racconto viene presentato questo spazio multidimensionale, all’interno del quale il tempo assume una dimensione essa stessa spaziale. Per cui i personaggi, che si trovano fuori dalla linearità, hanno la possibilità di percepire e vedere diverse epoche che coesistono.
Queste speculazioni che forma prendono nell’album?
Questa visione influenza l’album da un punto di vista concettuale, tecnico ed evocativo. Mi piace che il rumore e il suono degli strumenti analogici registrati su nastro entrino in dialogo con il glitch e con l’errore delle macchine, confondendosi. Nel disco ci sono campioni che vengono dai primi cartoni animati di Walt Disney rimasticati dalle reti neurali, nei data set delle voci ci sono voci che vengono da vecchi acappella sperimentali di rap americano, ci sono suoni che appartengono a universi molto lontani fra di loro. Mi piace farli coesistere in una forma liquida.
In che modo hai usato il machine learning per produrlo?
Non utilizzo il machine learning (o Intelligenza Artificiale) in maniera generativa bensì come strumento di trasformazione. Faccio riferimento all’idea e alla pratica dell’Ipercollage, coniata da Jason Bailey,cercando di ibridare strumenti, fonti sonore e campioni, osservando l’interpolazione che si crea tra loro. Per lavorare sulla voce per esempio sono partito da voci diverse, prendendo le caratteristiche timbriche di ciascuna di esse, per ottenere una voce nuova, che non è un copia e incolla delle precedenti e neanche qualcosa che viene generato da zero.
Però sotto a questa complessità ci sono dei riferimenti chiari…
Sicuramente sì, sono cresciuto ascoltando post-hardcore, noise, dubstep, bass music e free tekno, reference presenti sia in questo che in altri lavori. Inoltre in Time Coils la bass music entra in dialogo con la dimensione della voce, quindi anche col mondo della cultura hip hop e del rap. Oltre a questi riferimenti va citata l’estetica glitch e digitale.
L’installazione di Francesco D’Abbraccio in mostra al Mattatoio di Roma
Arc è l’istallazione inclusa nella mostra Archivio Contemporaneo che concretizza la tensione narrativa che ha permeato il tuo lavoro per alcuni anni. Ma non è la prima…
Il primo lavoro in questa direzione è stato Distrust Everything, che risale al 2021 e all’incontro con l’artista americano Mirek Hardiker, conosciuto online durante la pandemia, che per ventun anni ha raccolto le trascrizioni dei suoi sogni, dando corpo a un grande archivio testuale, che mi ha passato per utilizzarlo come data set per il machine learning. Lo scopo era generare la sceneggiatura di un nuovo sogno a partire da un’esperienza traumatica centrale nella vita di Mirek, che coincide con la morte della madre avvenuta quando aveva diciassette anni. A partire da questa esperienza ho cominciato ad approfondire gli stati di coscienza e la scrittura.
E qui arriviamo ad Arc…
Esattamente. Arc, che nel nome richiama sia l’idea di arca che di archivio, parte da questo grande data set di sogni a cui è stato aggiunto un ulteriore archivio di testi che descrivono stati di coscienza di altre persone. Utilizza un sistema di generazione dei testi che, come in Adversarial Feelings, mette in relazione stati di coscienza che sono in contraddizione tra loro, dando luogo a sessanta visualizzazioni che si rifanno a venti coppie di emozioni apparentemente contrastanti.
Carlotta Petracci
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