Tra musica e arti visive il musicista Lorenzo Senni presenta il suo nuovo progetto. L’intervista
È tra i vincitori della dodicesima edizione di Italian Council il progetto dell’artista di Cesena presentato alla Fundação de Serralves di Porto e che a settembre sarà al MAXXI L’Aquila. Ecco cosa ha raccontato ad Artribune
“Sono un fotografo che sopravvive facendo musica”, esordisce così Lorenzo Senni (Cesena, 1983), artista multidisciplinare, compositore e produttore che ha esposto e si è esibito nel corso della sua carriera in musei e istituzioni internazionali, dal Centre Pompidou alla TATE Modern e dalla Bourse de Commerce a Pirelli Hangar Bicocca. Al momento, oltre a chiudere il nuovo album, sta presentando Windows to look in, un progetto espositivo tra musica e arti visive – vincitore della dodicesima edizione di Italian Council (2023) –, realizzato in collaborazione con il fotografo americano John Divola (Los Angeles, 1949). Già inaugurato, insieme a Threes Productions, alla Fundação de Serralves di Porto e promosso con due eventi dedicati alla Bourse de Commerce di Parigi e al MUNCH di Oslo, Windows to look in sarà esposto a settembre al MAXXI L’Aquila per entrare poi a far parte della sua collezione permanente, mentre l’intero processo artistico sarà documentato in una pubblicazione che sarà presentata da Fondazione ICA Milano. Dalla genesi del progetto alla sua realizzazione e dalla passione per la fotografia nata grazie al maestro Guido Guidi all’amicizia con Yuri Ancarani, ecco cosa ci ha raccontato Lorenzo Senni.
Lorenzo Senni presenta “Windows to look in”. L’intervista
Come è nato il progetto?
Windows to look in è un’opera inedita, costituita da una serie di stampe fotografiche e una composizione musicale. Il progetto risale a qualche anno fa, ma nasce da una gestazione durata circa 20 anni, ossia da quando ho scoperto la fotografia, perché in realtà io sono un fotografo che sopravvive facendo musica. Quando ero iscritto al secondo anno di Dams (Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo) a Bologna scelsi alcuni esami sulla fotografia contemporanea e durante una delle lezioni con il professor Claudio Marra ho incontrato Guido Guidi. Sapevo chi fosse, eravamo vicini di casa e i miei lavorarono la terra per i suoi a Ronta di Cesena, così decisi di andarlo a trovare e mi innamorai di lui. Per tre anni, tutti i giorni, andai da lui. Ero proprio il ragazzo di bottega.
In che cosa consiste?
Il progetto parte da un’osservazione: quando nel 2020 andai a Los Angeles rimasi molto suggestionato dal modo in cui coprono i graffiti per ripulire la città. Lo fanno in maniera molto precisa, sovrapponendovi dei rettangoli di vernice grigia e poi fotografando il lavoro svolto. E cambiando i quartieri cambiano anche i modi in cui i graffiti vengono coperti. È come se questi eroi locali che intervengono, spesso anche volontariamente, riuscissero nel gesto meccanico comunque a preservare una propria personalità artistica. Da lì mi sono collegato a Guido Guidi e John Divola, che appartengono a una scena fotografica documentaristica, in cui non è presente l’ego dell’artista ma solo il modo in cui questo guarda. E per me, chi copre i graffiti a Los Angeles è un po’ come questi fotografi, perché non ha la pretesa di realizzare un’opera d’arte ma ognuno, con la sua modalità, crea qualcosa di unico. Da artista sarebbe bello essere radicali e puri ma spesso un gesto racchiude tutto il nostro background creativo. Comunque ho cercato di fare la stessa cosa in Italia, in studio, per strada, fingendo di dover coprire qualcosa per poi fotografarlo.
Lorenzo Senni presenta “Windows to look in”. Il rapport tra musica e arti visive
Come porti la fotografia nella musica e viceversa?
La contaminazione è concettuale, chi ha familiarità con le foto di Guido Guidi e conosce il mio lavoro può notare delle affinità. Credo di aver assorbito proprio il suo processo mentale, come una certa rigidità per esempio, mi è sempre piaciuto trasporre ciò che mi dava Guido nella musica. E poi è grazie a lui che ho conosciuto John Divola, che ormai seguo da 20 anni. Nel 2020 ho avuto la possibilità di incontrarlo e chiedergli una sua foto per la cover del mio disco Scacco Matto. Credo che Windows to look in sia un punto di partenza, io non ho mai fatto nulla con la fotografia ma è 20 anni che fotografo tutti i giorni, Guido mi diceva sempre che dovevo fare come Stephen Shore.
Cosa intendi per falsa riflettenza?
John Divola negli Anni ’70 presentando la celebre serie Dead mirrors riflette sulla capacità del fotografo di essere presente nelle opere che realizza. In questi scatti si riflette la sua ombra e leggo di conseguenza la volontà di evocare l’atto di guardare e di guardarsi, di essere presente senza invadere lo stato delle cose. Quello che stiamo facendo è puro a sufficienza? Abbiamo il coraggio di guardare in maniera semplice, qualcosa che nessuno guarda o su cui nessuno ci si sofferma? Ci sono fotografi che, oltre a Guido, come Gabriele Basilico e Luigi Ghirri, hanno fatto dell’oggettività del mezzo fotografico parte della loro poetica.
Qual è il tuo rapporto con le arti visive? Quali le collaborazioni?
Faccio musica ma mi piace coinvolgere artisti visivi o farmi ispirare da loro. Uno dei miei primi dischi, per esempio, ha in cover un’opera di Anne De Vries e ora che ne sto realizzando uno nuovo sono alla ricerca di riferimenti esterni alla musica. Una collaborazione che mi ha entusiasmato tanto è stata quella con Yuri Ancarani, per cui ho prodotto la musica dei film Atlantide, Da Vinci, San Siro e The Challenge. Ma c’è qualcosa in più tra noi, perché anche Yuri è stato allievo di Guido e siamo cresciuti insieme a casa sua. Per me è tutto un flusso che non farei mai cessare, dentro di me musica e arti visive parlano allo stesso modo.
Caterina Angelucci
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