A Milano in Triennale una serata di musica elettronica e videoarte con Oneohtrix Point Never
Unica data per il Nord Italia, Io spettacolo multimediale del produttore americano andato in scena nel giardino della Triennale è stata un'occasione per riflettere sul potere dell'immagine
È tempo di far convergere mondi. La musica entra nei musei e nelle gallerie pagando un prezzo – la perdita dell’autonomia artistica, del suo statuto indipendente e del valore socio-politico – o guadagnando un’opportunità, cioè la commistione con altre arti, principalmente visive? Scrivere o parlare di musica sembra diventata un’attività desueta, tanto che anche in seno alla critica ci si domanda se abbia ancora senso farlo alla stessa maniera, o non si debba, invece, affrontare l’argomento a partire da una prospettiva multi e cross-disciplinare.
Musica da club o da spazi d’arte?
La novità è che questo approccio non riguarderebbe più solo il pop, quello commerciale tanto quanto quello avant, ma anche la “musica colta”, l’elettronica d’avanguardia. O forse, come ha sottolineato Simon Reynolds su Pitchfork*: la conceptronica. Che si tratti di una tendenza emersa intorno agli Anni dieci del Duemila è storicizzato, da quando diversi musicisti e compositori hanno cominciato a produrre un tipo di musica più adatta agli spazi d’arte che ai club, dove l’aspetto concettuale e quello multi/cross-displinare sono diventati preponderanti.
La musica di Oneohtrix Point Never
Oneohtrix Point Never oltrepassa questa definizione, per la ricchezza e unicità del suo percorso, ma non possiamo affermare che si posizioni completamente fuori da questa tendenza, considerato che gli album con cui si è imposto alle orecchie della critica e del pubblico, tra cui Replica, R Plus Seven e Garden Of Delete, si collocano come date di uscita tra il 2011 e il 2015. E non possiamo neanche dire che un certo passato musicale non sia un elemento chiave della sua identità, strizzando essa stessa l’occhio al retrofuturo. Intendendo con questa espressione dei suoni futuristici del passato, dal sapore nostalgico tanto quanto attuale, perché completamente reimmaginati. Non sembra comunque esserci in lui la volontà esplicita di operare in un determinato modo sulla musica, che invece si riscontra in Lorenzo Senni (che ha parlato di Pointillistic Trance per definire il suo stile), negli Amnesia Scanner o nello stesso Arca.
L’ultimo album: “Again” di Oneohtrix Point Never
La peculiarità di Daniel Lopatin (OPN) è la capacità di cogliere il tempo in cui viviamo, anche in tutte le sue sfaccettature pop (dagli artisti alla musica usa e getta, alle sigle, ai jingle pubblicitari, dall’analogico al digitale, ovvero tutti i suoni che permeano la nostra quotidianità a partire dai diversi media che utilizziamo) e restituirlo in una forma fantascientifica tanto quanto fantastica. Non fa eccezione l’ultimo album, Again, uscito su Warp a settembre 2023, considerato al contempo il punto più alto della maturità artistica del suo autore e un esercizio di stile nostalgico. Il pendolarismo tra queste due posizioni ha effettivamente contraddistinto l’ascolto del live nel giardino della Triennale, il 5 luglio, dove OPN si è esibito insieme all’artista multidisciplinare Freeka Tet, che aveva precedentemente diretto il video di A Barely Lit Path.
“Again”, lo spettacolo multimediale di Oneohtrix Point Never
Unica data per il Nord Italia, grazie alla collaborazione tra Triennale, Basemental, Influxus e Le Cannibale, Io spettacolo multimediale di Again è stata un’occasione per riflettere sul potere dell’immagine, sulla sua capacità di appiattire la ricchezza dell’esperienza uditiva, in favore di un più immediato entusiasmo. Allo stesso tempo lo spettacolo audiovisivo, considerato nella sua interezza, ci è parso come un oggetto sfuggente, un mondo nel quale l’occhio desiderasse immergersi trascinandosi dietro il corpo. Una delle tante possibili narrazioni evocate dalla musica di Lopatin, che nella sua astrazione non dimentica mai il carattere cinematico dell’esperienza sonora, riuscendo a portare la mente laddove non è più abituata a stare: tra il sogno e il perturbante.
Carlotta Petracci
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