Il nostro corpo vibra. La rivoluzione della musicoterapia di Giulia Cremaschi Trovesi 

Pioniera della musicoterapia in Italia, ha trasformato l'approccio alla relazione tra suono e corpo dimostrando come ogni persona vive immersa in vibrazioni sonore. Ecco la sua storia

Quando iniziamo a fare le prime esperienze musicali? Siamo certi che la musica sia accessibile solo attraverso il senso dell’udito? E in che modo interferisce con la nostra vita? Da queste domande, che sembrano le linee originarie della filosofia del suono, partono invece studi e ricerche molto concrete che in più di vent’ anni hanno consentito a numerosi bambini e ragazzi di incontrare fisicamente la musica, ognuno a modo suo.   

Giulia Cremaschi Trovesi
Giulia Cremaschi Trovesi

La formazione e la ricerca di Giulia Cremaschi  

Su questi pilastri del pensiero nasce l’attività decennale di Giulia Cremaschi Trovesi, la prima musicoterapeuta certificata in Italia, allieva di Edgar Willems, uno dei grandi della pedagogia musicale. Presidentessa dell’APMM (Associazione Pedagogia Musicale e Musicoterapia) e della FIM (Federazione Italiana Musicoterapeuti), fondatrice della musicoterapia umanistica. Fondatrice della modalità terapeutica “Relazione Circolare” (utilizzata nella riabilitazione delle patologie come autismo, lesioni cerebrali, sordocecità, afasie, esiti da nascita gravemente prematura, cardiopatie), fa parte del Comitato Scientifico della Fondazione Irene Ets, l’unica in Italia ad occuparsi di DSA e apprendimento in modo integrato. Ha insegnato musicoterapia in scuole e università italiane ed estere ed è autrice di numerose pubblicazioni. Occhi curiosi come dal primo giorno di Conservatorio, il tempo sembra non aver segnato il viso di Giulia Cremaschi, che oggi vanta più di mezzo secolo di ricerca. Ironia pungente la sua, non fa sconti a nessuno e non ha timori formali. Nemo propheta acceptus est in patria sua, ci dicono i Vangeli. E per lei questa definizione è quanto 
di più adeguato si possa immaginare. Controcorrente, rivoluzionaria, visionaria. In un’intervista andata in onda qualche anno fa per la Rai, ringrazia di non essere vissuta nel tempo in cui alcune donne venivano ritenute streghe e mandate al rogo. Troppo pochi i riconoscimenti per una studiosa che ha dato un nuovo statuto alla musicoterapia grazie all’incontro tra scienze dure e relazione umanistica, ridefinendo il rapporto tra uomo e suono, tra ritmo e vita.   

Giulia Cremaschi alias Maria Montessori?  

Non è iperbolico affermare che Giulia Cremaschi sembra stare alla musicoterapia come Maria Montessori alla pedagogia, con la differenza che in Italia la formazione in musicoterapia risente ancora di uno stigma più che silente, che considera questa disciplina coadiuvante, accessoria, complementare. Mai sostanziale. La sua scontrosa grazia, come direbbe Umberto Saba, non ha incontrato spesso il favore di politica e amministrazioni locali. Ma Cremaschi ha fondato un metodo e lo ha messo al servizio di famiglie intere, dimostrando che prima dei dogmi c’è il dialogo e l’osservazione.  “Il corpo vibrante è una partitura musicale che io leggo”. Su questi presupposti concettuali, Giulia Cremaschi ha iniziato i primi studi musicali pionieristici con bambini sordi, osservando che attraverso il contatto fisico con lo strumento, per esempio sdraiandosi sul pianoforte, coglievano con il loro corpo le frequenze emesse e rispondevano allo stimolo sonoro.  

Giulia Cremaschi Trovesi
Giulia Cremaschi Trovesi

Giulia Cremaschi e il corpo vibrante 

Ogni bambino è diverso. Ogni bambino ha la sua vibrazione “Quando ho visto un bambino sordo muoversi sul pianoforte all’emissione del suono, ho innanzitutto rinforzato il pianoforte. Poi ho capito che la strada era quella giusta. Tutto è nato da un bambino disabile, figlio di un collega. Il mio intervento sembrava funzionare, così ci ho creduto.  Noi siamo immersi nelle onde sonore ed è il corpo che le recepisce. Non è l’udito il medium, almeno non solo”. Nella sua attività di ricerca, Giulia Cremaschi ha reso evidente un aspetto forse prima trascurato: non è possibile separare la sensorialità in parti. La cassa armonica di un pianoforte è come un grande cuore che consente a ognuno di rivelarsi per come è. “Non è necessario differenziare stigmatizzando un bambino sordo o autistico rispetto a un altro normodotato. Il bambino che ha un ordine ritmico lo vedi direttamente. Ma il bambino è bambino ed è innanzitutto emozione fisica. Se penso che lui non possa capire, rovino tutto”.   

Le neuroscienze e la percezione della musica  

Le neuroscienze oggi confermano che il feto fa esperienza di stimoli sonori veicolati dalle vibrazioni trasmesse dal liquido amniotico; già Alfred Tomatis sosteneva che il feto risponde ai suoni attraverso reazioni di tipo motorio e che il suo cuore risuona con la frequenza della voce materna. La linguistica lo chiama baby talking, ma forse c’è molto di più. Non dimentichiamo che l’udito è il primo organo sensoriale che si sviluppa ed è già funzionale a quattro mesi e mezzo prima della nascita. Ma è la fisica (acustica) che sembra offrire alcune risposte, come si dice evidence-based: un corpo che vibra innesca la vibrazione di un altro corpo atto a vibrare con le stesse frequenze, entrando in risonanza con esso. La risonanza è un dato di realtà che ci riguarda tutti, come la forza di gravità.   

Ritmo e origine di ogni movimento  

Il ritmo e il suono sono dunque dentro la fisiologia dell’essere perché il grembo materno si configura come la prima grande orchestra. I passi della mamma, la sua voce, il suo respiro creano il ritmo di quella che è l’esperienza motoria corporea e psichica. Ogni persona è quindi una partitura vivente” che entra in risonanza, fin dalla sua origine, con una dimensione sonora più ampia, continua, sintonizzabile. Il ruolo della musicoterapia non è dunque usare la musica per riabilitare, ma leggere questo spartito cellulare in cui c’è già scritto tutto.   

Il suono come prolungamento del nostro corpo  

Cosa succede quando l’esperienza sonora si interrompe?  Come per esempio nelle condizioni di afasia? C’è assenza di movimento. La relazione è congelata. Il suono nasce con la vita e non c’è suono se non c’è relazione: cioè se questo suono non entra in risonanza con il corpo. La strada del recupero è mettere la persona nelle condizioni di essere un continuum con lo strumento, di sentire le vibrazioni attraverso il suo corpo.  Incredibile pensare che nella vicina Germania, presso l’Istituto di Lichtenberg per l’uso della voce (Lichtenberger® Institut für angewandte Stimmphysiologie), sembrano risuonare gli studi pionieristici di Cremaschi. Grazie alla combinazione di esercizi vocali con il training generale della percezione e la comprensione del contatto tra suono e corpo, il suono risulta non solo amplificato dagli spazi di risonanza conosciuti, ma è in grado di sfruttare e di esperire la partecipazione del corpo intero. In questo modo si possono scoprire e sviluppare sorprendenti timbriche sonore e capacità vocali inattese. In Italia, invece, ancora oggi questa preziosa e documentata attività è sconosciuta o trascurata da alcuni. Come sempre, di fronte alla lucidità dell’intelligenza, qualcuno oppone un’asfissiante miopia intellettuale più comoda e conciliante. Ma le rivoluzioni prima o poi generano cambiamento. 
 
Rosa Revellino 

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