Al museo MAXXI una rassegna all’insegna delle sperimentazioni sonore
Fino a dicembre a Roma si va al museo per i concerti di AXES, a cura degli ideatori del Terraforma Festival. E il fondatore di Threes, Ruggero Pietromarchi ci rivela le ultime novità
Esperimenti sonori che indagano le linee di confine tra musica e architettura per immergere la mente e il corpo dello spettatore nello spazio architettonico. Sono i live della rassegna AXES in corso fino all’11 dicembre 2024 al MAXXI di Roma (con un’appendice a Milano al Pirelli Hangar Bicocca) a cura di Threes productions, in collaborazione con Miniera. In occasione della performance di Bendik Giske, abbiamo intervistato Ruggero Pietromarchi, fondatore di Threes, agenzia creativa e piattaforma multiculturale con lo scopo di progettare festival e manifestazioni, come il notissimo Terraforma. Un’occasione per fare il punto sulle tante produzioni dell’agenzia che, ponendo al centro la musica come linguaggio e la sostenibilità, crea un dialogo con le istituzioni culturali pubbliche e private, italiane e internazionali.
“Threes” un’associazione nata per ampliare gli orizzonti culturali
Terraforma ha introdotto una nuova idea di festival nel panorama italiano. Con quale obiettivo è nato?
Ho sempre desiderato organizzare un festival. Ciò che mi appassiona è la natura socio-antropologica e immersiva di queste manifestazioni, l’idea di creare una dimensione altra, in cui sperimentare nuovi linguaggi e formule di coesistenza. Threes è nata come associazione con lo scopo di realizzare Terraforma, un festival ideato per portare in Italia una specifica scena legata alla musica elettronica e sperimentale, ampliando gli orizzonti culturali.
Perché la sostenibilità è diventata un elemento distintivo del vostro approccio progettuale?
In una contemporaneità volta allo spreco e al consumismo, volevamo sviluppare un progetto che avesse una valenza culturale e un potere rigenerativo; che fosse capace di reinterpretare e recuperare un luogo: Villa Arconati. “Terraformare” significa creare nuove possibilità di vita, attraverso la musica che è il nostro linguaggio e la sostenibilità che è la nostra metodologia.
Avevate dei modelli di riferimento?
Più che dei modelli c’erano degli spunti. La Serpentine con i suoi Pavilions, oppure il Labyrinth. Un festival in Giappone a cui sono andato nel 2013. L’idea di avere un palco alla volta viene da lì. Anche se noi l’abbiamo portata ad un altro livello, proponendo un mix di generi musicali in grado di creare una frizione nuova. A Terraforma si passava dalla musica concreta al dub e al chitarrista sperimentale, in un crescendo, fino a Jeff Mills, gli Autechre, Mica Levi.
In che modo Threes si relaziona con le istituzioni pubbliche e private?
Ancora oggi fare impresa nel campo della cultura non è semplice. Threes è una realtà che opera nel settore culturale con un linguaggio che è quello sonoro, su diverse scale: quella delle produzioni, che sono Terraforma, Nextones, i concerti alla Chiesa Rossa, e quella delle curatele come nel caso del MAXXI e dei progetti di agenzia.
“Threes” un’idea creativa di festival
Possiamo considerare Terraforma EXO uno nuovo capitolo dell’esperienza festival?
Assolutamente sì. Con il termine “exo”, che in greco indica la condizione di “essere fuori”, abbiamo voluto comunicare che il nostro festival era uscito dalla dimensione iniziatica ed era pronto a “terraformare” nuovi spazi e realtà. In questo caso un’istituzione: la Triennale di Milano. Il nuovo progetto è più trasversale e accessibile di quello originario. Siamo in centro città e le performance hanno luogo dal mattino alla sera. In altre parole, abbiamo iniziato a dialogare in maniera più sinergica e adulta con le istituzioni del territorio. Oltre alla Triennale, il Comune di Milano, la Fondazione Cariplo e la Regione Lombardia.
Come contenuti vi siete spostati in una direzione più multidisciplinare, giusto?
Siamo partiti ragionando sul paesaggio sonoro (con riferimento all’omonimo libro dello studioso canadese Raymond Murray Schafer), declinandolo attraverso diverse tipologie di intervento. Passando, per citarne alcuni, da David Toop, autore del testo seminale Oceano di suono, che ha presentato una lecture e un paesaggio sonoro nel Teatro di Mendini, a Landscape, l’extended performance audiovisiva a cura del collettivo Tutto Questo Sentire. Fino a Robert Henke che, ricorrendo a quattro vecchi Commodore, ha posto in relazione suono e immagine.
Threes al MAXXI con la rassegna “AXES
Parliamo di AXES, la serie di concerti che state curando al MAXXI di Roma, mettendo in relazione musica e architettura, a partire dal concetto di risonanza. In che modo avete enfatizzato il rapporto tra lo spazio e il suono?
Siamo partiti dall’architettura di Zaha Hadid, creando uno spazio sonoro, molto preciso e delimitato, all’interno di quello architettonico. Perché il suono non doveva disperdersi nell’ambiente. Abbiamo optato per una quadrifonia, scegliendo un impianto che rispondesse sia alle logiche dello spazio sia a quelle del tipo di performance che avevamo pensato.
Quali sono stati i criteri della curatela?
Con Astrid Sonne abbiamo voluto proporre il cantautorato in chiave sperimentale. Lo show pur essendo connotato dalla voce, ha previsto anche l’utilizzo dell’elettronica e della viola. Il concerto di Bendik Giske il 21 novembre, invece, sarà puramente strumentale, basato sul sassofono. La riflessività è il fulcro del suo lavoro, quindi instaurerà un dialogo tra il suono e lo spazio. L’11 dicembre presenteremo il live del duo LF58. Il nostro obiettivo è alzare costantemente l’asticella della sperimentazione.
Scopri di più
Carlotta Petracci
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati