Arte e musica. Intervista a Antonina Nowacka, sperimentatrice della voce
Un ritratto della vocalist e sound artist polacca che crea paesaggi sonori minimalisti e immersivi immaginari, ispirati all’acustica e all’estetica di luoghi insoliti dei vari continenti attraversati
Antonina Nowacka è una vocalist, sound artist e compositrice sperimentale polacca che da anni svolge un’esplorazione sonora utilizzando in primis la sua voce. Laureata all’Accademia di Arti Visive di Varsavia, l’artista crea paesaggi sonori minimalisti conducendo l’ascoltatore attraverso viaggi immaginari ispirati all’acustica e all’estetica di luoghi insoliti dei vari continenti, dove da anni si svolgono le sue ricerche. Il suo primo progetto WIDT, co-fondato insieme alla sorella Bogumiła Piotrowska, responsabile dell’aspetto visivo, ha attirato l’attenzione della stampa tra i circuiti d’avanguardia. Il portale britannico The Quietus ha inserito il loro album tra le migliori uscite del 2015.
Nowaca: sperimentatrice della voce come l’americana Meredith Monk
Interessata alle sfere sonore delle diverse culture e all’uso di strumentazioni locali, tra il 2018 e il 2019 Nowacka si è recata in Indonesia per studiare la musica tradizionale. Dal soggiorno a Giava è nato nel 2020 il suo primo album solista Lamunan – in indonesiano “sognare” – una musica senza tempo, onirica, ultraterrena, accostata dalla critica alle opere dell’artista americana multidisciplinare Meredith Monk. Dal viaggio successivo nelle chiese e nei santuari messicani di Oaxaca, è stato pubblicato l’album Vocal Sketches from Oaxaca (2021), seguito nel 2022 da Languoria, co-firmato con la musicista ambient danese Sofie Birch. Nel 2024 il nuovo album solista Sylphine Soporifera. Composizioni che rimandano alla meditazione New Age e ad una versione minimale dell’opera classica occidentale – derivata dalla frequentazione in giovane età del teatro dell’opera voluta dalla mamma -, impregnate di una spiritualità intesa come infinita bellezza e pace, una manifestazione di energia raggiungibile solo in determinate condizioni.
Nowacka: esibizioni da New York a Roma
Antonina Nowacka si è esibita al Lincoln Centre di New York, al Barbican Centre di Londra, al Silent Green di Berlino, nel Centro National de las Artes di Città del Messico, alla Casa Encendida di Madrid, alla Bourse de Commerce di Parigi, al PONEC Theatre di Praga e al National Museum di Varsavia. I suoi viaggi l’hanno portata a vivere anche in Italia, a Reggio Emilia e Roma, dove si è recentemente esibita negli splendidi spazi di Sant’Ivo alla Sapienza per il festival Romadiffusa 2024.
Intervista ad Antonina Nowacka
La tua definizione di arte.
Credo che l’arte possa avere tante forme quante sono le creature umane nel mondo, ma ciò che mi tocca e mi ispira di più sono le creazioni che si espandono oltre la personalità e il carattere e raggiungono qualcosa di universale, cosmico o spirituale. Arte che ricorda qualcosa di indescrivibilmente bello, qualcosa che va oltre la nostra comprensione o parti misteriose dell’esistenza che non vogliamo toccare perché forse abbiamo troppa paura.
La tua definizione di musica.
La musica è una raccolta intenzionale di suoni.
Ti definisci una “artista”?
Si.
L’opera di arte visiva che più ami.
Nutro un’eterna ammirazione per le opere di pittori naïf e visionari come Martin Ramirez, Anna Zemánková, Noviadi Angkasapura, Minnie Evans, Emma Kunz, così come per i paesaggi romantici e nebulosi di Caspar David Friedrich o Stefan Baumann e altri rappresentanti del luminismo americano.
La canzone che più ami.
Molto difficile sceglierne una, magari Trompe‐l’œil di Midori Takada o Illusion di Geinoh Yamashirogumi.
I tuoi recenti progetti.
Alla ricerca di paesaggi e spazi stimolanti
Un ricordo della tua vita.
Uno dei miei ricordi preferiti è la mia prima visita alla grotta nell’isola di Giava. Una mattina mi sono svegliata molto presto e ho deciso di andare a vedere il vulcano più vicino guidando il mio scooter. Quando il vulcano era chiaramente di fronte a me, magnifico tra i sottili e nebulosi raggi del sole, mi sono incredibilmente emozionata. Ho poi proseguito verso quello successivo e il giorno dopo un altro ancora. Dopo tre giorni, ho deciso di tornare indietro, dato che non avevo portato nulla con me. Durante il tragitto ho visto un cartello stradale con la scritta Goa Seplawan e ho deciso di seguirlo, ero curiosa. Non c’erano informazioni sulla distanza, mi addentravo nelle montagne e nella giungla, la strada si restringeva e diventava sempre più umida, nebbiosa e ripida tanto da spaventarmi.
Cosa è successo poi?
Sono arrivata all’ingresso della grotta dove ho incontrato una guida, ma ho deciso di entrare da sola. Era un bellissimo giardino nella giungla con scale verdi e rotonde che scendevano, coperto dalla nebbia che faceva rabbrividire. Scesi le scale e mi addentrai nella grotta scarsamente illuminata. Prima dovetti entrare nel laghetto e passare attraverso un buco molto stretto nella minuscola camera piena di stalattiti e stalagmiti, poi camminare lungo un canale pieno di magnifiche, strane forme di stalattiti giganti e montagne di argilla, sino ad arrivare alla camera della cascata e salire ulteriormente le scale d’argilla. Alla fine, mi sono ritrovata in una stanza gigantesca con un soffitto altissimo come una cattedrale gotica. Provai una strana ammirazione. Sono tornata in questa grotta molte volte.
Samantha Stella
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