Arte e musica. Intervista all‘artista e cantautore Jesse Perret
Ritratto del songwriter e artista italiano Jesse Perret, fondatore della band noise rock Lasael. Dalle atmosfere visive e sonore decadenti in stile The Birthday Party di Nick Cave/Rowland S. Howard
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Jesse Perret (Monza, 1988) è un songwriter, cantante e artista con un’intensa ricerca basata, perlopiù, sull’esperienza rituale del proprio corpo, che verte a una presa di coscienza superiore: pittura, scultura, video, installazione, scrittura, performance e soprattutto musica. Dal 2009 realizza registrazioni in analogico su piccoli registratori a nastro, utilizzando la propria voce, e suonando chitarra, pianoforte e mellotron. Un songwriting intimo e minimale, di matrice americana, vicino alla malinconia di Vincent Gallo e allo spirito lo-fi di Jandek. Nascono Ivory (2011), Lasael (2014) e Krogheum Vester (2016). Dopo la parentesi nel 2016 a nome Masak Mavdil – con cui realizza una registrazione ritual-drone in presa diretta di una performance in un bosco -, nel 2017 Long Nail, realizzato tra America e Italia, rappresenta la parte finale di un periodo complesso, segnato da abuso di droghe, alcol e depressione.
Le intersezioni della ricerca di Jesse Perret con le altre arti
Parallelamente, porta avanti la sua ricerca con altri linguaggi. Nel 2013 Solar Plexus è presentato al Premio Suzzara da Mario Airò: una scultura in vetro e un’installazione video, realizzata con la collaborazione registica di Atelier Impopulaire di Pia Bolognesi e Giulio Bursi, che documenta un’estenuante performance notturna, dove Perret trascina la sua scultura tra le montagne. Nel 2011 fa una performance per Luigi Presicce, nel 2014 allo spazio Codalunga di Nico Vascellari, nel 2015 collabora con la designer di gioielli Ilenia Corti. Oltre la pubblicazione di due libri, nel 2016 presenta il lungometraggio Achernar.
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Fondatore della band noise-rock Lasael in stile Nick Cave
Nel 2021 fonda la band noise-rock Lasael con il chitarrista Stefano Lattanzio, il batterista Luca Brunelli e il bassista Andrea Palmas, che poi abbandona il progetto. “Momenti di desolazione sonora evocano spazi desertici e solitari, alternandosi a improvvisi lampi di luce estatica, rivelazione che ripara il dolore, ma che porta con sé il caos e l’ambiguità dell’estasi” descrive l’artista. Con un timbro vocale tra Michael Gira (Swans) e Joe Cardamone (The Icarus Line), e un’ambiente visivo e sonoro che rimanda a The Birthday Party di Nick Cave/Rowland S.Howard, dopo i singoli Drown Your Eaters e 7 Medals (2022), nel 2023 l’EP Foghorn è pubblicato su cassetta dalla label inglese Ramber Records, seguito nel 2024 dal singolo Glimmer of God.
Intervista a Jesse Perret
La tua definizione di arte.
L’arte è l’interruzione del flusso entropico dell’esistenza, è una strategia per smantellare le strutture mentali e per riconnettersi alla sorgente. Non è decorazione, né intrattenimento: è un codice segreto, una chiave per l’immortalità o per l’autodistruzione. È lo strappo nel velo di Maya, il punto di fuga dove il tempo collassa e si ricrea. Creare non è un’innocente aspirazione estetica, ma un rito di passaggio: l’artista è un Santero, che naviga tra dimensioni, manipolando simboli e strutture per interferire con le convenzioni, per smascherare l’illusione del tempo lineare. Decostruisce il linguaggio per liberare la mente. L’arte è oggettiva, perché opera su principi universali che vanno oltre la percezione: trasforma e agisce al di là del soggetto, con la consapevolezza che ogni forma, ogni suono, ogni segno, hanno un effetto preciso sulla psiche e sulla realtà, producendo un impatto inevitabile su chi li sperimenta.
La tua definizione di musica.
Credo sia la parte di me che non riesco a nascondere. La musica è una confessione, è l’Essenza, è un luogo sacro, è una preghiera in continua evoluzione, è qualcosa di troppo necessario per essere solo intrattenimento e troppo velenoso per essere una cura. È un atto di esistenza che spero qualcuno possa sentire, ma che non voglio mai davvero spiegare.
Ti definisci un “artista”?
Sì, ma non nel modo in cui questo ruolo è comunemente inteso nella società.
L’opera di arte visiva che più ami
Il colore del melograno di S. I. Paradzanov (1969).
La canzone che più ami.
Everyday’s Torture di Jackie Cornell.
I tuoi progetti recenti.
Attualmente sto scrivendo il nuovo album dei Lasael e sono ormai alle fasi finali del mio secondo lungometraggio, The One Eyebrow Brothers. Inoltre vorrei pubblicare il mio terzo libro.
Un ricordo della tua vita.
Durante i miei viaggi avevo l’abitudine di nascondere i miei dischi e libri tra altri dischi e libri nei negozi, forse per lasciare un segno del mio passaggio. Un giorno a New Orleans venni a sapere di una Bruja, sorta di sacerdotessa della Santería. Soffrivo di un dolore incessante alla gamba e decisi di entrare nella sua bottega. La donna mi scrutò dicendomi che avevo l’energia di un serpente e mi chiese cosa stessi cercando. Non avevo ancora avuto il tempo di nascondere i miei libri o dischi, diedi una vaga risposta e lei mi disse che avevo bisogno di una gamba sana con cui muovermi. Rimasi impietrito. Lei mi guardò e sorrise. Un sorriso intenso che ricordava una madre, un padre o uno spettro. Poi alzò il volume della musica e sentii una voce incredibile che cantava durante una sorta di rituale. Era la sua voce, accompagnata da tamburi confusi. Feci un passo indietro, in quell’istante mi resi conto che il dolore alla gamba era scomparso. Nel mio petto sentivo un vuoto che, lentamente, si stava riempiendo di qualcosa che ancora oggi non so esprimere a parole.
Samantha Stella
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