È morta Marianne Faithfull. Cantante, attrice e musa dei Rolling Stones

Nota per la sua relazione con Mick Jagger, la cantante e attrice scomparsa a Londra all’età di 78 anni è stata molto di più di una semplice musa tutta sesso, droga e rock and roll. Un omaggio alla sua vera storia: tra letteratura e poesia

Marianne Faithfull (Londra, 29 dicembre 1946 – 30 gennaio 2025) non è stata solo l’icona della Swingin London o la “musa” di Mick Jagger- come hanno cominciato a titolare alcuni giornali giovedì 30 gennaio sera, quando si è diffusa la notizia della sua morte – è stata molto di più. Un’artista incredibile che ha vissuto molte vite, nata, morta e risorta così tante volte da portarci a sperare e credere nell’illusione impossibile che persino questa non sia la volta definitiva.

Marianne Faithfull singing This little bird, Yesterday, Summer nights and As Tears go by in Dutch TV programme Fanclub, 11 March 1966. Photographer A. Vente
Marianne Faithfull singing This little bird, Yesterday, Summer nights and As Tears go by in Dutch TV programme Fanclub, 11 March 1966. Photographer A. Vente

Chi era Marianne Faithfull

A 17 anni era già diventata involontariamente famosa. La storia è nota, ma è bene ripeterla. Nel 1964 viene notata durante una festa londinese dall’allora manager dei Rolling Stones, Andrew Loog Oldham, il quale decide di metterla subito sotto contratto senza averla sentita cantare. Sarà lui a darle l’appellativo sessista di “angelo dalle grandi tette”, nel tentativo maldestro di giustificare l’azzardo. Fatto sta che la canzone che le cuce addosso, As Tears Go By, scritta in collaborazione con Mick Jagger e Keith Richards, ottiene un successo clamoroso, trasformandola immediatamente in una star.

Marianne Faithfull non solo musa ispiratrice di Mick Jagger

La successiva relazione tumultuosa con Mick Jagger, a base di sesso, droga e rock’n’roll, farà il resto, ma la metterà anche a dura prova, facendola diventare un bersaglio fin troppo facile per gli spietati tabloid inglesi. Marianne Faithfull viene spesso descritta soltanto come la “musa ispiratrice di Mick Jagger”, ma in realtà, era più di una fidanzata carina a cui dedicare canzoni. Il loro rapporto, come lo descrisse lei stessa, era più “un reciproco scambio di idee, vecchi dischi e allucinogeni”. Tre prove su tutte: fu proprio Marianne Faithfull, da sempre appassionata di letteratura, a far conoscere a Jagger il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, e a suggerirgli di usarlo come base per una delle canzoni più famose degli Stones, ovvero Sympathy For The Devil (da Beggar’s Banquet, 1968). 

Marianne Faithfull singing Sunny Goodge Street, Les Parapluies de Cherbourg (Ne me quitte pas) and That's Right Baby in Dutch TV programme Fanclub. Registered 17 Sept. 1966, broadcast 23 Sept. 1966, Photographer A. Vente
Marianne Faithfull singing Sunny Goodge Street, Les Parapluies de Cherbourg (Ne me quitte pas) and That’s Right Baby in Dutch TV programme Fanclub. Registered 17 Sept. 1966, broadcast 23 Sept. 1966, Photographer A. Vente

Marianne Faithfull e il cortocircuito della musa

E fu sempre Faithfull a scrivere il testo di un’altra pietra miliare del gruppo come Sister Morphine (da Sticky Fingers, 1971), di cui poi la cantante si ri-appropierà, facendone una sua versione tremendamente più malinconica. E infine l’aneddoto che probabilmente ha creato il “cortocircuito della musa”: quando nel 1968 Faithfull andò in coma dopo aver tentato il suicidio, ingerendo una confezione di barbiturici mentre era in viaggio per l’Australia, ebbe un sogno in cui Brian Jones (chitarrista degli Stones morto a soli 27 anni in circostanze mai del tutto chiarite) le faceva cenno di gettarsi da una scogliera. Nel sogno lui saltò, mentre lei decise all’ultimo momento di restare. Quando riaprì gli occhi in una stanza d’ospedale, la prima cosa che disse per tranquillizzare uno spaventatissimo Mick Jagger fu: “wild horses couldn’t drag me away” (“I cavalli selvaggi non potevano trascinarmi via”); e da lì nacque Wild Horses.

Il disco capolavoro “Broken English” di Marianne Faithfull 

Dopo la fine della relazione con Jagger, durata 4 anni, per tutti gli anni ’70 M.F. attraversa un periodo caratterizzato da forti dipendenze e dal vagabondaggio in strada senza fissa dimora. Neanche la musica sembra riuscire a salvarla, finché – in maniera del tutto inaspettata – nel 1979 pubblica il suo disco capolavoro: Broken English. Un album miracoloso, dal sapore contemporaneo che si rifà tanto alla new wave nel sound, quanto al punk nell’anima. Basti pensare a un pezzo controverso come Why D’ya Do It, oppure provare ad ascoltare la sua cover trasfigurata di Working Class Hero di John Lennon. 

Una ballad sul ruolo stereotipato delle donne

A sconvolgere è soprattutto la sua nuova voce – irriconoscibile rispetto agli esordi – completamente stravolta dagli abusi: cavernosa, scartavetrata e profondamente dolente. Il brano che colpisce più di tutti è la cover di The Ballad of Lucy Jordan di Shel Silverstein, in cui si racconta la storia di una casalinga disperata, nel vero senso della parola: una donna annoiata che sogna un’altra vita fatta di avventure e finisce lentamente per impazzire: “È una canzone di identificazione con le donne che sono intrappolate tra quella vita e il vero orrore privato della ‘bella vita” – aveva dichiarato la cantante. Una lucida riflessione su come le donne vengono inquadrate alternativamente in uno di questi due ruoli e quanto questo pensiero possa condurle alla follia. 

Le collaborazioni: da Damon Albarn ai Metallica

Ma non sarà questo album acclamato dalla critica a segnare la rinascita dell’artista, che nel 1985 rischia un’altra volta di morire per overdose e finisce in riabilitazione. Negli anni successivi avrà comunque modo di ripulirsi e rialzarsi, pubblicando una serie di dischi raffinati e mai banali, dal jazz di Strange Weather (1987) all’opera di Kurt Weill e Bertold Brecht (The Seven Deadly Sins, 1998), fino alle collaborazioni con artisti di varia estrazione rock appartenenti a diverse scene e diverse generazioni, da Billy Corgan a Damon Albarn, passando per Mark Lanegan, PJ Harvey, Nick Cave, Warren Ellis e persino i Metallica. Faithfull sopravviverà anche alla pandemia e al Coronavirus, che purtroppo le lascerà strascichi pesanti, tra cui un problema ai polmoni che le impedirà definitivamente di cantare.

L’ultimo album: un disco di poesie di Keats e Byron

Neanche per sogno: il suo ultimo album in studio, She Walks In Beauty (2021), è un disco di poesie che la voce di M.F. recita con la stessa passione con cui ha sempre cantato. Si tratta di poesie prese dal Libro d’oro della poesia lirica inglese di Francis Turner Palgrave (John Keats, William Wordsworth, Shelley, Lord Byron ecc.) e musicate con l’aiuto di Brian Eno, Nick Cave e Warren Ellis. Sono poesie che parlano di lutto, di vagabondi suicidi, della maledizione di vivere nonostante tutto e della vecchiaia, ma anche della bellezza come concetto puro e assoluto a cui tendere, poesie che F. innerva con tutte le sfumature di buio e luce della sua esistenza.A emergere è la cosiddetta “capacità negativa” teorizzata da John Keats (non a caso Faithfull aveva intitolato un suo album proprio Negative Capability), ovvero la capacità dell’artista “di stare nelle incertezze, nei misteri, nei dubbi, senza cercare in modo irritante i fatti e la ragione”. Il potere ispiratore della bellezza, secondo Keats, è più importante della ricerca di fatti oggettivi. Marianne Faithfull ha fatto il suo ingresso nel mondo dello spettacolo entrando a una festa e “camminando nella bellezza”. Ne è uscita passandoci attraverso, fondendosi con essa e diventando lei stessa parte del concetto. Del resto ’‘La bellezza è verità, la verità bellezza’ – questo è tutto ciò che / sapete sulla terra, e tutto ciò che dovete sapere” (John Keats, “Ode su un’urna greca).

Fabrizio de Palma

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