Kitty Whitelaw, la cantante scozzese che rilegge il folklore nordico in chiave jazz

Sirene e fate abitano l’estetica dell’attrice e cantante scozzese Kitty Whitelaw, co-fondatrice del duo Sealionwoman. Conosciamo il suo lavoro in questa intervista

Kitty Whitelaw è una cantante jazz e attrice di teatro, cinema e televisione con base a Londra, fondatrice con il contrabbassista Tye McGivern, del duo folk jazz Sealionwoman. Si è esibita in tutto il Regno Unito, Europa e Asia. Grande appassionata di jazz, ha debuttato all’EFG London Jazz Festival nel 2019, registrando il tutto esaurito con un concerto tributo alla cantante jazz americana Anita O’Day. Un successo anche di critica che ha sottolineato, oltre la padronanza stilistica, il carisma e la vena teatrale della Whitelaw, qui accompagnata da musicisti al pianoforte, basso e batteria. 

Le esperienze da attrice di teatro, in spot, installazioni e colonne sonore di film

Come attrice, ha recitato in spettacoli teatrali in festival britannici come Rada, Vault, Brighton Fringe e Hever Castle Theatre. In quest’ultimo ha interpretato il ruolo principale di Jane Boleyn, nobildonna inglese del XVI Secolo, cognata di Anna Bolena. Ha preso parte a numerosi spot pubblicitari, collaborato a installazioni artistiche e colonne sonore di film. 

Il primo album sul mito nordico della sirena

Nel 2018 pubblica Siren, il primo album insieme a Tye McGivern, a firma Sealionwoman – letteralmente la donna del leone marino – figura mitologica presente nel folklore nordico. Nell’Irlanda, nelle Orcadi e nelle Isole Shetland corrisponde a una “selkie”, sirena irresistibile che si spoglia della sua pelle marina per lussuriosi contadini, per poi trovarsi intrappolata sulla terraferma. Un suono unico e inclassificabile, una voce ammaliante su una strumentazione minimale – un contrabbasso da cui si ottengono droni freddi e abrasivi attraverso tecniche digitali come il looping – e un senso di imminente fine. 

Il secondo album di Kitty Whitelaw dalle atmosfere lynchiane

Sealionwoman ritornano nel 2024 con il secondo album Nothing Will Crow In The Soil, sviluppato dalla fascinazione verso un albero di tasso di oltre 4mila anni incontrato nel cimitero della chiesa di St. George a Crowhust, nel Surrey, capace di resistere al tempo e altamente velenoso. Vibrazioni profonde rievocano culti pagani e cristiani, mentre un senso quasi malefico si avvicina ad atmosfere lynchiane, a Julee Cruise e Diamanda Galas, ma con estrema grazia e magia. I Sealionwoman, più volte suonati nelle emittenti della BBC, si sono esibiti in numerosi locali nel Regno Unito, incluso il Cafe Oto e la Union Chapel.

Sealionwoman, courtesy of the artists
Sealionwoman, courtesy of the artists

Intervista a Kitty Whitelaw

La tua definizione di arte.
L’arte è un dono che può aiutarci a ritrovare la nostra umanità. Senza di essa, gli esseri umani si dissolverebbero in un guscio secco e vuoto. La gente dà sempre per scontata l’arte, che viene trascurata, dimenticata, gettata via. Ma mentre il mondo continua a dividersi e a marcire, ne abbiamo ancora più bisogno per aiutarci a costruire insieme un futuro migliore.

La tua definizione di musica. 
Ho bisogno della musica come dell’aria. Appena mi sveglio sento la musica in ogni cosa. Il gocciolio del rubinetto, gli uccelli fuori dalla mia finestra. Se ascoltate la versione di Blossom Dearie di I Hear Music (composta da Burton Lane, con testi di Frank Loesser) è così che mi sento ogni giorno. È smielato, ma è vero. Sembra che al mondo ci siano due tipi di persone. Alcune persone che hanno bisogno di una costante colonna sonora musicale per la loro vita quotidiana e altre che non hanno bisogno di nulla. Il secondo tipo di persone mi affascina molto. Non so come ci si debba sentire, forse quelle persone sono più in pace?


Ti definisci una “artista”? 

Sì, sono orgogliosa di definirmi un’artista. Ma ci sono voluti anni per avere la sicurezza di dirlo. Credo che le persone che provengono da contesti normali a volte facciano fatica a definirsi artisti, perché c’è molta pressione quando devi destreggiarti con altri lavori per sopravvivere, mentre cerchi di creare la tua arte. Inoltre, nel nostro mondo capitalistico all’ultimo stadio, il valore di un artista può essere legato al suo valore finanziario. Così, quando l’arte diventa lavoro, quasi non ci si vuole definire artisti. È come se non ti appartenesse più.

L’opera di arte visiva che più ami.
Sono nata a Edimburgo e ogni volta che vado a visitarla faccio sempre un salto alla National Gallery Of Scotland per vedere la mia opera preferita, The Hunt di Robert Burns (1926).

La canzone che più ami.
Sunday, l’ultima traccia del lato B dell’album Moondog and Suncat Suites (1957) di Kenny Graham And His Satellites

I tuoi progetti recenti.
Con Sealionwoman stiamo ancora presentando concerti dal nostro ultimo album Nothing Will Grow In The Soil. Inoltre sto iniziando a piantare i semi per nuova musica sempre con Sealionwoman. È un processo molto lento, in cui devo fidarmi dell’intuito e lasciare che il mio inconscio mi guidi nella giusta direzione. Molte delle canzoni che io e Tye abbiamo scritto sono basate su sogni che ho fatto, quindi cerco di entrare nel giusto stato d’animo in modo che le idee mi si presentino quando sono pronte.

Un ricordo della tua vita.
Da bambina ero ossessionata dalle fate e credevo che in ogni pianta del giardino dei miei genitori vivesse una famiglia diversa di fate. Trascorrevo ore seduta sul terreno all’interno dei cespugli di fiori con le fate, sperando che mi facessero entrare nel loro mondo e condividessero i loro segreti.

Samantha Stella

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Samantha Stella

Samantha Stella

Samantha Stella, nata a Genova, vive a Milano. Artista visiva, performer, set & costume designer, regista, musicista, cantante. Sviluppa principalmente progetti focalizzati sul corpo e pratiche di discipline live utilizzando differenti linguaggi, installazioni con elementi strutturali e corporei, fotografia, video,…

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