Il paradosso dello spettatore disabile
Il paradosso è che lo spettatore diversamente abile a teatro, semplicemente, non c’è. Il paradosso è che il disabile, a teatro, è più frequentemente sul palco che in platea. Il paradosso è che ancora oggi, nella società dell’intrattenimento forzato, un tetraparetico spastico, è genericamente considerato inadatto al lavoro intellettuale.
Per contribuire a rovesciare tutto questo, lo scorso anno è nato a Bologna il progetto La Quinta Parete, a cura di alcune realtà che di rovesciamenti se ne intendono: tra le altre, il gruppo Il Calamaio, composto da animatori disabili che, supportati da educatori, realizzano attivamente progetti di sensibilizzazione all’alterità nelle scuole. Di ribaltamento di prospettive ci parla Lucia Cominoli, educatrice e coordinatrice del progetto, riferendosi a “persone diversamente abili che facciano attivamente un servizio alla società, spargendo semi di pensiero”. In questo primo anno, la redazione, in collaborazione con l’ITC Teatro di San Lazzaro di Savena e con il Teatro Testoni di Casalecchio di Reno, ha recensito nove spettacoli, incontrato critici teatrali e artisti, e soprattutto lavorato sulla possibilità di restituire, attraverso la scrittura, visioni teatrali di qualità: esperienza inusuale, racconta Cominoli, “tanto per i disabili quanto per gli educatori normodotati coinvolti”.
Per mantenere uno sguardo molteplice e sfaccettato, a ogni spettacolo si riferiscono diverse critiche, scritte sia dagli utenti che dagli operatori, alla cui lettura è impossibile distinguere la categoria cui appartiene l’autore. Di particolare interesse, nel blog, ci è parsa la sezione Il dizionario dello spettatore, un contenitore in divenire in cui si definiscono, con cristallina e al contempo evocativa precisione alcune parole chiave: applauso, comunità, occhio, stomaco, utopia. A proposito di parole, Cominoli racconta dell’esistenza di un “elenco di parole proibite nella scrittura delle recensioni”. Oltre ai termini generici e apodittici, è come vietato, il termine “disabilità”, a significare la precisa volontà di far emergere l’individuo (che osserva, pensa, sente e comunica), al di là della condizione, della categoria, dell’etichetta.
Di questo primo anno di sperimentazione, Cominoli ricorda come siano stati particolarmente apprezzati l’incontro con il critico teatrale Massimo Marino sullo spettacolo L’Avaro del Teatro delle Albe e quello con César Brie, le luci di Maurizio Viani nello spettacolo Antigone. Una strategia del rito de Le Belle Bandiere e, soprattutto, lo spettacolo La Repubblica dei bambini di Teatro delle Briciole e Teatro Sotterraneo. Il prossimo anno l’attività proseguirà, su espressa richiesta del gruppo che volontariamente ha iniziato questo percorso, cercando ulteriori contatti diretti con artisti, critici e studiosi, e attivando una collaborazione con l’Arena del Sole di Bologna.
Michele Pascarella
laquintaparete.accaparlante.it
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