Il marchingegno performativo di age
Per cominciare: come si articola la struttura di
Quali sono i parametri di queste selezioni e da dove provengono?
Abbiamo definito i parametri raccogliendo oltre 470 domande di adolescenti. Sono tutte domande di autodefinizione tipo: “sei sincero?”, “credi nelle coincidenze?”, “ti puzzano i piedi?”. Alcune dal tono particolarmente goliardico altre con toni più seri. Abbiamo redatto il questionario, ciascuno ha risposto esprimendo un’idea personale su se stesso. Prima delle date di spettacolo ricevono il questionario vuoto, le autodefinizioni si aggiornano costantemente. A ogni data si sceglie di scartare qualcosa. Quello che mi affascina è questa idea di continuo scarto, di spreco, che permette alle cose fatte in scena di avere un valore diverso soprattutto come sensazione interna perché i ragazzi non sanno mai quali tra i “comportamenti” preparati verranno presentati nello spettacolo e questo aumenta il rischio e l’attenzione.
Dal 2007, anche al di fuori di
La durata delle azioni completa l’idea di spazio condiviso col pubblico, poiché nessuno conosce a priori il tempo dell’azione. Indeterminazione e ruolo dello spettatore, quanto sono in gioco in
L’idea di performer che emerge da
Siamo partiti dall’idea di rischio. Scegliere degli adolescenti è stata una conseguenza perché a livello biologico erano gli unici performer in grado di poter sostenere il tipo di presenza che volevamo per la scena. Per me la cosa fondamentale era la loro curiosità estrema. Pensare l’evento come qualcosa di pericoloso non soltanto per chi lo vive sul palcoscenico, ma anche per chi lo va a vedere. Andare a teatro è una condizione pericolosa. Da un certo punto di vista questa lontananza dei ragazzi dal campo precostituito del fare teatrale, dalle attitudini logistiche o dalle convenzioni relazionali, è una grandissima risorsa di freschezza. È occasione di indagine delle regole sotterranee che governano un evento teatrale. Per tutte queste caratteristiche, era importante avere degli adolescenti. L’idea del guerriero e del kamikaze rientra con il grado di rischio aldilà di
L’adolescente come punto di vista per indagare la dinamica scenica del performer?
Sì e in qualche modo per me l’adolescente è il performer ante litteram.
Il processo di autodefinizione dei performer produce un effetto di differenziazione tra gli individui abitanti e non la scena. Si attiva un procedimento statistico alla ricerca di un contenuto di valenza sociale. Quanto conta quest’aspetto nel lavoro.
Per me questo è arrivato dopo. Nasce dall’osservazione di quello che avevamo a disposizione per il progetto. Non è un lavoro sugli adolescenti. Usare degli adolescenti come performer è una conseguenza. Ci siamo chiesti chi poteva abitare lo spazio con queste modalità. Il lavoro non è nato come forma di analisi sociale, però poi va contemplata. Non vuole trarre delle conclusioni sui contenuti che emergono dai singoli, se non questa continua differenziazione. A poco a poco ci siamo accorti che è un grosso problema da risolvere per mantenere tutto sottile e non farlo cadere in una conclusione. Per questo bilanciare la scelta dei parametri selezionati, da un punto di vista registico, è estremamente complesso.
Che tipo di rapporto c’è tra il lavoro finito e la regola che l’ha generato?
A me piace pensare a posteriori che i lavori che ho strutturato dal punto di vista registico non siano stati altro che una pianificazione di regole organizzate sulla base dei concetti su cui di volta in volta lavoravo e questo regolamento diventa una sorta di metodo generativo che viene poi abbandonato e la performance è soltanto ciò che accade in conseguenza. Io non ho più il controllo di che cosa avviene. La performance non è una certificazione dell’azione ma di quest’ambiente regolato in cui tutto ciò che va ad abitarlo è coerente col sistema creato.
Cosa ti porti dietro dall’esperienza con questi adolescenti-performer?
Mi piacerebbe mettermi nei loro panni. Fare quello che noi gli abbiamo chiesto di fare. Mi piacerebbe riuscire a fare quello che ci siamo inventati per loro da sola. Vorrei conservare dunque il coraggio e la curiosità racchiuse nelle domande. Loro ci hanno regalato tanti preziosi interrogativi che porterò con me come spirito di indagine.
Ida Alessandra Vinella
www.collettivocinetico.it
romaeuropa.net/festival.html
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