Il progetto artistico InCorpore[o] nasce nel 2009 dall’incontro tra una danzatrice-coreografa e un biologo-scrittore, appassionato d’arte plastica: Luigia Riva e Daniele Derossi. Dopo aver presentato la loro prima performance nella galleria School Gallery Paris di Olivier Castaing in occasione della Nuit Blanche del 2010, s’installano nel complesso architettonico del Trocadero, che col Musée du Quai Branly e il Palais de Tokyo è il centro istituzionale della creazione contemporanea parigina.
Nel grand foyer del Théâtre National de Chaillot si è svolta la performance InCorpereo[o]. A poco meno di una settimana, nel quadro dei Jeudis modernes ideati dal dispositivo Chaillot nomade, il duo ha performato Inretita, nella sala della Dance di Matisse del Musée d’Art moderne de la Ville de Paris. In mezzo, sempre a Chaillot (sala Gémier), è andato in scena Inedito 2, scrittura coreografica della Riva.
L'articolo continua più sotto
Luigia Riva e Daniele Derossi – InCorpore[o] – photo Sara Valentini
Si tratta, nel caso di questo incontro tra Riva e Derossi, di un vero e proprio innesto, che letteralmente incorpora, nelle loro azioni, le discipline dell’uno e dell’altro. L’allitterazione in “In” di questo fraseggio è in sintonia con la poetica del duo. Il prefisso “in” è presente non solo nel conio sotto il quale i due artisti si riconoscono,
InCorpore[o] appunto, ma in tutte le azioni che fino ad ora hanno elaborato. Un’eredità che suggella la linea di parentela tra la compagnia di danza
Inbilico, che la Riva ha fondato nel 2000, e questo nuovo formato performativo. L’”in” costituisce la chiave per inoltrarsi nel loro universo. Prima di tutto perché designa un luogo. “In” significa dentro. Quello peculiare dell’anatomia umana intesa come luogo d’invenzione. Ciò che esalta come spettatore è il loro tentativo di ricondurre, con un approccio squisitamente archeologico, a quel luogo psico-fisiologico che fu del Medioevo europeo e pervase l’intero
esprit scientifique ante litteram del Rinascimento italiano, per cui l’uomo di lettere come quello della strada consideravano il dentro del corpo come un luogo invisibile e ignoto, luogo di proliferazione fantasmagorica; soggetto alle stesse leggi d’armonia universale che regolavano il cosmo terrestre e celeste.
Luigia Riva e Daniele Derossi – InCorpore[o] – photo Sara Valentini
Mantenendosi sul territorio aperto delle corrispondenze appena percepite e alle stesse indicazioni di Riva e Derossi tracciate nei loro scritti, il corpo della coreografa nelle due performance appare come un cosmo. Un gesto lo rivela in maniera inequivocabile. È quello che principia la performance
Inretita: la Riva è stesa in posizione fetale al centro dallo spazio raccolto della sala senza alcuna finestra. È attorniata da otto uomini in piedi, relativamente lontani ed equidistanti tra loro. Derossi s’avvicina e, come un antico manipolatore il cui tatto risveglia, prende la donna per il palmo, le allarga le dita e le poggia al suolo. Questo pezzo di corpo di donna appare come una stella a cinque punte, che sembra mettere in relazione lo spazio anatomico interno con quello esterno. Spazio urbano, quest’ultimo, d’una città-ragnatela che si crea per effetto del lungo elastico rosso che Derossi, con un fuso, lega tra le caviglie, i polsi, il ventre della Riva e il corpo degli otto uomini, bastioni d’una muraglia invisibile.
In questa città il vedere è un gesto ondulatorio, sospeso, aereo. È un ricucire il corpo con lo spazio per generare un luogo squisitamente letterario. Riva-Derossi scrivono infatti: “
Inretita s’ispira a una collezione di poemi del Rinascimento, i ‘Blasoni anatomici del corpo femminile’. […] Nel caso di questa raccolta gli ‘oggetti’ sono le parti del corpo femminile: la coscia, il ginocchio, la bocca, il piede, ma mai la donna nella sua integralità. […] Inretita è l’inverso di una dissezione.”
Luigia Riva e Daniele Derossi – Inretita – photo Sara Valentini
Il movimento opposto generato sullo stesso terreno d’invenzione, è messo in scena in InCorpore[o]. I due lavori possono essere letti sotto forma di dittico. In questo caso si tratta d’uno smembramento in cui il corpo si svuota dagli organi. A oscillare stavolta è il corpo della Riva, sopra un lungo tavolo bianco su cui poggiano questi pezzi di viscere. Oggetti, fabbricati da Derossi, a metà tra piante e ortaggi, in cui si condensa la potenza fantasmagorica di quest’azione. Mentre l’odore di plastica, che invade lo spazio, è ciò che resta nella memoria di chi assiste.
Marco Villari
theatre-chaillot.fr/danse/luigia-riva/incorporeo-inedito-2
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati