Sinfonie per la pace
L’unico festival sinfonico nella sponda inferiore del Mediterraneo. Siamo andati a El Jem in Tunisia, per vedere come prosegue la diffusione della musica classica in Nord Africa.
Dura da 28 anni, nonostante tensioni politiche e difficoltà di ogni genere. Ciò dimostra che l’idea originale era meno banale di quel che sembri. Non soltanto resiste, ma si rafforza: sta diventando tappa obbligata di una crociera Queen Elisabeth Musical Journey, un itinerario dedicato alla musica classica, che vi porta tutto il suo carico di passeggeri. Inoltre, potrebbe diventare – sono in corso trattative – il fulcro di un vasto progetto di collaborazione artistico-musicale tra un Paese del Nord Africa e l’Italia.
Di cosa si tratta? Del festival di musica sinfonica di El Jem in Tunisia, unica manifestazione di questo genere nella sponda meridionale del Mediterraneo. Quest’anno è iniziato il 29 giugno e si estende sino al 31 agosto; è diviso in due parti a ragione della festività religiosa del Ramadan. Lo ha inaugurato l’Orchestra Sinfonica di Roma, che il 6 luglio chiuderà anche la prima parte. Vi partecipano orchestre dell’Austria , del Belgio, della Cina, dell’Egitto, della Polonia e della Russia. Tradizionalmente è l’orchestra del balletto dell’Opera di Vienna a concludere il festival con una serata di valzer.
El Jen tunisina e Thysdrus romana
Oggi El Jem è una ridente cittadina (di circa 20mila abitanti), capoluogo di un governato tunisino, a circa 160 km da Tunisi e ad una sessantina da una delle coste con maggiore affluenza turistica nel Paese. In epoca romana era una delle più importanti città del Mediterraneo:. Thysdrus – così si chiamava – prosperò nel II secolo quando divenne un centro per la coltivazione e l’esportazione di olio d’oliva. Dai primi anni del III secolo, quando venne costruito l’anfiteatro, Thysdrus rivaleggiò con Hadumentum (la moderna Susa) per il ruolo di seconda città romana del Nordafrica, dopo Cartagine. Era così importante che il proconsole di Roma, nel 238 si autoproclamò Imperatore nell’anfiteatro che aveva fatto costruire con dimensioni da rivaleggiare con il Colosseo. Le truppe romane leali all’Imperatore Massimino Trace distrussero la città, che non venne mai ricostruita, ma non l’anfiteatro che , all’epoca poteva ospitare 35mila spettatori seduti, era per capienza il terzo dell’Impero, dopo il Colosseo di Roma e il teatro di Capua. Rimase, fino al XVII secolo, più o meno intatto. Successivamente, le sue pietre vennero usate per la costruzione del villaggio limitrofo di El Jem e della Grande Moschea di Qayrawan; durante la guerra con gli Ottomani i Turchi utilizzarono i cannoni per stanare i ribelli nascosti al suo interno. Le rovine vennero dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’umanità nel 1979. Pochi anni più tardi diventarono la sede del festival.
Come nasce e perché dura il festival
L’iniziativa nasce da un gruppo di musicisti tunisini. Il Paese ha quattro conservatori e, nella capitale, un elegante Teatro Municipale in puro stile liberty che, costruito all’inizio del Novecento, può ospitare circa 1.200 persone.
Inizialmente, i concerti sinfonici dell’Anfiteatro di El Jem (che ora ha una capienza di 5-6.000 spettatori) erano diretti principalmente al pubblico della Tunisia e di Paesi vicini. Gradualmente sono diventati elemento di attrazione per i circa 200mila turisti che in estate vanno in vacanza negli alberghi della non distante costa. A poco a poco, la manifestazione è aumentata di spessore con sempre maggiore partecipazione di orchestra straniere.
Con il supporto della Fondazione Roma-Mediterraneo, è stata stabilita una stretta collaborazione con l’Orchestra Sinfonica di Roma, unica formazione sinfonica in Europa che non riceve sovvenzioni pubbliche. La Sinfonica romana, creata e diretta da Francesco La Vecchia, potrebbe essere protagonista di un programma di accompagnamento della Filarmonica Tunisina, che nel medio periodo comporterebbe spettacoli lirici. L’istituto italiano di cultura a Tunisi, diretto dall’infaticabile Gino Merolla, è molto attivo a riguardo.
Il Festival 2013 e il bicentenario verdiano
Quest’anno, il festival è dedicato alla pace, soprattutto nella regione. Per questo motivo ha ottenuto, oltre al contributo della Fondazione Roma-Mediterraneo, il patrocinio non solo delle autorità tunisine, ma anche del Presidente della Repubblica italiana, della Santa Sede e del Pontificio Consiglio Justitia et Pax. Inoltre, il festival viene coniugato con il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi che assume, quindi, anche le vesti di ambasciatore di Pace nel Mediterraneo. L’Orchestra Sinfonica di Roma (che curerà il concerto iniziale e l’ultimo prima della pausa per il Ramadan) eseguirà alcune sinfonie delle più celebri opere del compositore, nonché anche la sinfonia concertante di Wolfgang Amadeus Mozart e due sinfonie di Ludwig van Beethoven: la Sesta e l’Ottava.
Il concerto inaugurale
Anfiteatro pieno in ogni ordine di posti. Un treno speciale da e per Tunisi. L’inizio è stato ritardato dalle esigenze di una diretta televisiva che dalla televisione tunisina ha raggiunto il resto del Maghreb. Prima dell’inizio un gioco di fuochi d’artificio, fiaccole sui resti dell’anfiteatro dietro il palco (dove, quindi, non c’era pubblico) e anche piccole mongolfiere con fiaccole inviate in volo. Dopo gli inni nazionali, la pastorale di Beethoven e tre ouverture verdiane (Traviata, Nabucco, Vespri Siciliani) senza interruzione tra prima e seconda parte a causa dell’ora tarda. Esecuzione con grande puntualità, e passione, anche in quanto si tratta di brani musicali nel repertorio dell’orchestra.
Il pubblico
Due ministri (con il loro entourage in sala), alcune delegazioni straniere, pubblico giunto da Tunisi in treno, auto o pullman (ad esempio i partecipanti a un congresso internazionale di medicina) ma soprattutto gente del luogo e della vicina Souse (l’antica Susa) dove ha sede l’Istituto di Musica dell’Università di Tunisi. Non certo il pubblico della Dresden Staatkapelle (ad esempio, durante la pastorale sono scrosciati applausi ad ogni movimento) ma attento e desideroso di apprendere una forma d’arte, la sinfonica, così distante dalla loro musica tradizionale – in gran misura per fiati e percussioni e imperniata su poche note – di cui si è avuto un breve saggio all’imbrunire (il concerto è iniziato dopo le 22) nella piazza antistante l’anfiteatro.
Giuseppe Pennisi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati