Roma, capitale europea della musica contemporanea
Un intellettuale straniero interessato alle arti dal vivo troverebbe Roma, dopo otto anni di recessione, non troppo diversa da come Christopher Irshewood e Wystan Hugh Auden trovarono la Berlino degli Anni Venti. Ma se si guarda alla musica contemporanea e si entra in contatto con le principali associazioni del comparto, ci si accorge che la città è diventata la capitale europea del settore.
Secondo il musicista e musicologo Nicola Sani, Roma se la batte con Berlino in termini di ore di esecuzione di musica contemporanea. E questo interesse sta spostando i programmi delle istituzioni paludate. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia programma da qualche anno una sezione “Contemporanea” al Parco delle Musica e ospita il festival internazionale Emufest, il maggior festival di musica elettronica ed elettroacustica a livello mondiale. Quasi la metà dei concerti dell’IUC (la prestigiosa Istituzione Universitaria dei Concerti, giunta alla 69esima edizione nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza) apre con un lavoro commissionato a Silvia Colasanti. La musica contemporanea ha grande spazio nel programma dell’Accademia Filarmonica Romana, Romeuropa Festival e la Fondazioni Scelsi. Vivace iniziativa è anche il festival annuale di Nuova Consonanza (dal 3 novembre al 15 dicembre) è l’espressione più nota.
A queste iniziativa italiane si aggiungono quelle delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri a Roma. Questo autunno è in corso un festival di musica contemporanea a Villa Medici (Accademia di Francia) e a Villa Medici (Accademia Tedesca). Un cronista di musica contemporanea o un appassionato, dovrebbe avere il dono della bilocazione (ma i concerti di Emufest iniziano la mattina) e questo consente di ascoltare almeno quattro concerti al giorno.
Mi limito a rivelare alcuni aspetti salienti. In primo luogo, l’afflato internazionale, agevolato dalla presenza di tante accademie straniere. Quando diversi anni fa il Comune, allora guidato da Walter Veltroni, annunciò che le ristrettezze finanziarie avrebbero impedito al Campidoglio di versare il consueto contributo (20mila euro) al festival di Nuova Consonanza, intervennero le Accademie di Francia, Germania, Olanda e Stati Uniti e fecero loro il versamento. Gli americani, in particolare, aprono una volta l’anno al pubblico la splendida Villa Aurelia (un edificio e parco rinascimentale sulle pendici del Gianicolo) in occasione dell’inaugurazione del festival Nuova Consonanza, quando dalle 16 alle 23 si tengono concerti nei vari saloni della villa. I compositori del festival Emufest – in gran numero americani, coreani, giapponesi – hanno trovato una nuovissima strumentazione nei locali del Conservatorio a via dei Greci.
In secondo luogo, il nesso con l’innovazioni visiva. È una caratteristica specifica di Romaeuropa Festival, ma è presente anche in altre realtà. Alla prima mondiale di Studi sulla Notte (un notturno di 50 minuti) di Laurent Durupt, per esempio, lo scorso settembre nel Grand Salon di Villa Medici, la parte musicale (piano, percussioni, clarinetto) era strettamente integrata con il buio interrotto da lampade a guisa di stalattiti e dall’apertura di finestre e balconi sulla notte romana (vista dalla collina del Pincio). In altre occasioni (le più frequenti) l’integrazione è con proiezioni computerizzate.
In terzo luogo, la conferma di un orizzonte internazionale. Sono state presentate sei prime mondiali, esito di una serrata selezione, di compositori di vari Paesi (Pierre-André Charpi, Liviu Danceanu, François Narboni, Ted Heame, Martjin Padding, A-Iorgulescu). Le caratteristiche generali sono parse essenzialmente tre: la dodecafonia sembra ormai qualcosa del passato, mentre l’orientamento generale pare in favore del minimalismo; l’elettroacustica e l’elettronica sono funzionali alla parte strumentale e a quella vocale live (ad esempio gli echi corali nel lavoro di Charpy); grande attenzione al descrittivismo (il suono delle onde nella composizione nell’imbarcarsi verso l’aldilà di Narboni, i ritmi concitati della vita urbana in quella di Iorgulescu). I temi sono numerosi. Il dibattito è aperto.
Giuseppe Pennisi
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