Emma Dante a Palermo. Con le strane e memorabili vie della felicità
E finalmente Emma Dante non sbaglia all’Opera. Memorabile la sua “Gisela” in scena al Massimo di Palermo. Un’opera di Henze dedicata alle difficili scelte da operare durante l’adolescenza.
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Questa volta Emma Dante ha fatto davvero centro. Alla serata inaugurale del Massimo di Palermo il 21 gennaio, ha trionfato con la messa in scena di Gisela ovvero le strane e memorabili vie della felicitàdi Hans Werner Henze (Gütersloh, 1926 – Dresda, 2012), uno dei compositori più importanti e più rappresentati della seconda metà del Novecento.
Chi scrive era stata una voce differente dal coro che ha elogiato la sua Carmenscaligera del 2009 (vi torna questa stagione) e il suo Feuersnot di Richard Strauss l’anno scorso a Palermo, nonché La Muette de Porticia Bari. Erano regie troppo cariche di un numero eccessivo di comprimari e mimi che facevano perdere il significato dei lavori; in La Muettemimi e comparse non sostituivano la mancanza di un’étoilenel ruolo della protagonista femminile, la quale (muta) si esprime con la danza.
In Gisella, Emma Dante ha invece il tocco sobrio, lieve e delicato nel mettere in scena uno degli ultimi lavori di Henze, uno “spettacolo di teatro musicale” considerato dall’autore “per adolescenti” e concepito a 84 anni guardando alla propria adolescenza e alla scelte di vita allora effettuate.
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Hans Werner Henze, Gisela! – regia Emma Dante, Teatro Massimo, Palermo 2015 – photo © Rosellina Garbo
Nato in Westfalia, Henze arrivò a Napoli ventenne e, dopo qualche anno tra Ischia e il capoluogo partenopeo, passò tutta la vita a Marino, nei pressi di Roma. I suoi lavori portarono la dodecafonia e altre espressioni della musica contemporanea al grande pubblico: non annoiavano gli spettatori, anzi li appassionavano.
Gisela si distingue da gran parte dei lavori di Henze, di solito contrassegnati dall’impegno civile o dalla ricerca dell’utopia, perché il suo tema essenziale sono proprio “le strane e memorabili vie della felicità” che si presentano quando si è adolescenti o comunque molto giovani. Ha numerosi punti in comune con Pollicino composto per il Cantiere d’Arte di Montepulciano (creato da Henze); dal 24 al 28 febbraio si replica al Teatro Goldoni di Firenze . Gisela è stata pensata per un palcoscenico speciale: quello scavato nelle miniere della Ruhr per la Triennale ivi promossa. Vi andò in scena nel 2010 e da allora è stata ripresa da vari teatri tedeschi.
Gisella è una studentessa di storia dell’arte che, con il proprio fidanzatino Hanspeter, un vulcanologo pedante, si avventura sul Vesuvio e sulla costiera amalfitana. La loro guida è un Gennarino il quale, la sera, per arrotondare fa il Pulcinella a teatro. Gisela se ne innamora, lascia Hanspeter e si porta Gennarino a Oberhausen, nel grigio nord della Germania. La passione pare durare poco, anche perché la famiglia di lei non accetta le nozze con un napoletano, Hanspeter si rifà vivo e Gennarino cerca disperatamente il sole. Nel dormiveglia, Gisela assiste a una battaglia tra i personaggi delle fiabe di Grimm e quelli della commedia dell’arte: vincono i secondi con l’aiuto di un’eruzione del Vesuvio (potenza di certi santi napoletani) che copre di cenere nera anche Oberhausen. Nel finale, Gisela e Gennarino inneggiano alla ritrovata felicità. Durerà?
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Hans Werner Henze, Gisela! – regia Emma Dante, Teatro Massimo, Palermo 2015 – photo © Rosellina Garbo
La regia di Emma Dante lascia la conclusione aperta. A differenza dell’edizione del 2010 e di quella in repertorio a Dresda, divide correttamente l’azione scenica in due parti: la prima a Napoli e dintorni (40 minuti) e la seconda (35 minuti dopo un intervallo di 20 minuti) a Oberhausen. Nel breve epilogo trionfa il Vesuvio in eruzione. La scena è semplicissima: vari sipari rossi del Teatro Massimo e un minimo di attrezzeria. I tre protagonisti (Vanessa Goikoetxea, Roberto De Biasio, Lucio Gallo) sono affiancati da alcuni cantanti in ruoli secondari e dalla “sua” compagnia Sud Costa Occidentali. Tutti giovani, o truccati da apparire giovani – pure Lucio Gallo, nato a Taranto nel 1959. Ottima la recitazione; i mimi e le comparse non fanno mai ombra ai tre protagonisti e alle non facili scelte di vita di fronte a loro. La scrittura musicale sembra seguire una struttura convenzionale a numeri chiusi (con recitativi e arie, terzetti, cori e anche un sestetto) ma è un arazzo di citazioni su un impianto di base di fine Novecento. La regia si accosta con delicatezza, quasi tenerezza, a questa rievocazione di Henze della propria giovinezza e delle ragioni che lo indussero a vivere in Italia. È dolcissima la battaglia tra Grimm e la commedia dell’arte, dove sarebbe stato fin troppo facile eccedere.
Una vera gioia. In sala, alla prima, c’erano i manager di altri teatri italiani (Roma, Bologna, Torino). È uno spettacolo che merita di essere ripreso e visto anche da chi non si reca a Palermo nella settimana in cui viene replicato.
Giuseppe Pennisi
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