Fare senso. Michelangelo Miccolis, il performer
Arriva a Venezia “The desire to make sense” realizzato dal giovane performer di origine messicana. Sulla scena il pubblico osserva movimenti istintivi e personali, utili a costruire l'idea di danza di Miccolis che però, emerge con qualche difficoltà.
ASSISTERE AL RISCALDAMENTO
Per accogliere The desire to make sense, commissionato da American Apparel Mexico in collaborazione con Cine Tonalà, il Teatro Fondamenta Nuove di Venezia ha ridotto il suo spazio. Il pubblico trova il fondoscena molto vicino ai posti a sedere, così da costringerlo, una volta completati, a sedersi sulla scena stessa.
Michelangelo Miccolis, classe 1981, indossa una divisa ginnica, t-shirt, pantaloncino nero e calzettoni bianchi alti. È intento a svolgere esercizi di riscaldamento soprattutto degli arti inferiori. Li esegue muovendosi lungo tutto il percorso orizzontale della scena. Il pubblico osserva i suoi movimenti e si concentra sul suo respiro sempre più affannoso.
IN SOSTANZA, SI BALLA
Al termine del brano che accompagna questa esecuzione, il performer cambia la musica dal lettore mp3 che varia a seconda dell’esecuzione con cui si accorda.
Quando è ritmata con sonorità che richiamano quelle ascoltate nei locali notturni, Miccolis si esprime con gesti misurati, muovendo il suo corpo in maniera sensuale, solitamente a bordo scena. Al contrario, quando il sottofondo musicale è più armonico, con maggiori accenti, scandito da suoni digitali ripetuti, dilatati in un crescendo di intensità, il corpo del performer si trasforma. Si avvicina al pannello sul fondo e mette in moto il suo corpo in maniera più vibrante, quasi a voler esprimere l’energia che lo percorre.
In questo modo muove velocemente la testa da destra a sinistra; contorce gli arti superiori sollecitando i muscoli di collo e busto; descrive camminando linee dritte o curve; cerca di slanciarsi in alto piegando e allungando gambe e braccia. The desire to make sense, dunque, si struttura in questa alternanza di danze, eterogenee e opposte. Al suo termine Michelangelo si siede sulla scena con l’asciugamano al collo a osservare il pubblico.
UN PERFORMER AL SERVIZIO DELL’ARTE
L’esperienza di Miccolis in ambito performativo è ampia. Dal 2005 al 2012 ha collaborato con Tino Sehgal; è stato in tournee con l’installazione Paradiso di Romeo Castellucci tra il 2008 e il 2009. È stato protagonista della performance The Ants Struggle on the Snow di Marcello Maloberti e con Dora Garcia ha stretto la sua collaborazione più duratura. Da quattro anni, infatti, porta in prima persona nei musei e nei festival la performance dell’artista spagnola The artist without works: a guide tour around nothing. Proprio da un passaggio di questo spettacolo nasce l’idea di The desire to make sense, che dice: “What does he exactly refuse? First of all he refuses to make sense, the desire to make sense is the stock and trade of the good merchant who pretends to comfort an audience thirsty for sense with a product falsely full of sense”. Alla Biennale d’Arte 2015, infine, Miccolis è parte del progetto di Christodoulos Panayiotou per il Padiglione di Cipro.
Ognuna di queste esperienze, oltre agli studi svolti tra Londra e Venezia, ha formato l’idea di danza che il performer ci consegna in The desire to make sense. Sulla scena Miccolis si esprime con movimenti e coreografie in continuo mutamento che sembrano volersi confrontare innanzitutto con il proprio personale percorso, dialogando con un altro sé, incarnato nella sua ombra. Per questo si esprime in una polifonia di movimenti e azioni performative, per pare vogliano rendere più chiaro a se stesso quanto appreso nel suo percorso.
COSA NON FUNZIONA
L’obiettivo appare quello di proporre uno studio in cui dare nuovo senso di danza che ne sia la sua stessa negazione. La musica scelta da Miccolis, infatti, ne accompagna i movimenti ma non li scandisce, come avviene solitamente nella danza. Sembra che il performer voglia sconvolgerla anche ironizzando, soprattutto quando simula i movimenti scoordinati di coloro che popolano le discoteche.
Eppure tutto questo emerge con difficoltà: The desire to make sense non ha la forma di uno spettacolo. Il cambio netto della musica, il suo continuo variare a seconda di quanto il performer esprime con il suo corpo, l’alternanza di diversi movimenti di danza e non-danza costruiscono un legame di fascinazione e di interesse con il pubblico, ma non conduce a una comprensione di quanto sta avvenendo.
Seppure Miccolis rifiuti esplicitamente l’idea di sviluppo narrativo e voglia trasmettere singoli e autonomi segmenti di danza a chi osserva, non apre a un senso critico adeguato in grado di sostenere la sua idea di danza e performance. Manca una cornice concettuale alla sua proposta. Lo studio visto al Teatro Fondamenta Nuove, pertanto, nasce da una volontà precisa del giovane performer che, però, necessità di un adeguato sviluppo di spettacolo così da permettere alla sua forza propositiva di essere chiara e innovatrice.
Davide Parpinel
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati