Socrate, il sopravvissuto della conoscenza. A teatro
Il 69esimo Ciclo di Spettacoli Classici di Vicenza ha proposto lo spettacolo “Socrate il Sopravvissuto: come le foglie”, scritto e diretto da Anagoor. Una riflessione filosofica sul male e sul sapere.
DIDATTICA IERI E OGGI
Socrate il Sopravvissuto, spettacolo scritto e diretto da Anagoor, è come una pistola. Il calcio è un docente di storia e filosofia, la canna sono gli alunni, la miccia sono Socrate, la conoscenza e le imposizioni di rigide normative di insegnamento e il proiettile è il personaggio di Vitaliano Caccia. Sulla scena dello spettacolo, proposto al Teatro Astra, in occasione del 69° Ciclo di Spettacoli Classici di Vicenza, però, non c’è una pistola, bensì una classe vuota e l’insegnante di storia e filosofia è in piedi di spalle alla platea. Sembra relazionarsi a un pubblico ideale (o forse a sé stesso?), a riguardo di come i programmi didattici predeterminati dai vincoli ministeriali lo costringano a fermarsi con il loro svolgimento alla Seconda Guerra Mondiale, evitando così di prendere in esame l’intero Novecento. La sua voce è fredda, arresa, mentre quasi tutti gli alunni entrano in classe e prendono posto. Manca Vitaliano, che il docente dice essere l’unico in grado di porsi dei quesiti, di uscire dagli schemi. Mentre il professore esce di scena una voce, intanto, elenca le cifre dei morti delle maggiori guerre e persecuzioni del “secolo breve” e sembra schiacciare gli studenti sui banchi che piano piano scivolano per terra.
LA QUESTIONE DELL’IGNORANZA
Successivamente il professore, interpretato da Marco Menegoni, ritorna e continua la sua riflessione. Gli alunni, però, non lo ascoltano: sono intenti a distillare con delle pietre il sapere dai libri che, sotto forma di acqua, si perde sul terreno, per posare successivamente sul palco i volumi aperti su una pagina precisa, a significare che il sapere contenuto in quel passo è l’unica conoscenza da poter apprendere. Sull’altro lato della scena alcuni ragazzi, intanto, accatastano con noncuranza alcuni libri macerati e distrutti, seppellendo anche chi di loro li continua ad amare. La frustrazione del docente cresce allo stesso modo in cui aumenta la catatonia degli allievi i quali, inquadrati nelle loro divise scolastiche, mettono in ordine l’aula. Solo attraverso l’ordine, quindi, si può accedere alla conoscenza? Al quesito risponde Socrate, che in video si confronta con Alcibiade, doppiati, quasi a imitazione, rispettivamente dal professore e da un alunno, su quanto la conoscenza presunta, l’ignoranza, il disaccordo tra gli uomini generi l’annientamento attraverso guerre e repressioni. In un tale contesto di esasperazione resta solo l’azione di Vitaliano Caccia. Non è presente, ma rivive nel racconto dei suoi compagni di classe che narrano la scena dell’esame di maturità in cui prende corpo la sua giustizia ideologica ai danni di chi perpetra ignoranza, disuguaglianza, disaccordo ossia gli insegnanti.
RIFLETTERE SULLA CONOSCENZA
La riflessione di Anagoor, dunque, riguarda la conoscenza. Si focalizza, primariamente, sull’ambito scolastico e sul modo in cui imbriglia, attraverso la precisione e l’ordine imposto, la mente degli alunni e anche dei docenti i quali sono portati a eliminare, con la bocciatura, chi desidera sapere e interrogarsi sul non precostituito, come appunto Caccia. L’analisi della compagnia veneta si sposta, quindi, più in profondità, giocando con il tempo. Si passa dal 2000, al 2001, fino al 399 a. C. in cui Socrate, in video, precisa come l’arroganza di sapere nasce dall’ignoranza. Com’è possibile sapere cosa è giusto o sbagliato, cosa è corretto per il proprio popolo e quali guerre siano necessarie? Imporre un sapere – spiega Socrate – crea disaccordo, non comunicazione, la stessa che intercorre tra Caccia e i suoi insegnanti a cui il giovane risponde esplodendo con quel Male e quella violenza che i programmi scolastici non vogliono spiegare come matrice del Novecento. Insomma, per reagire a una situazione di costrizione, di imposizione forzata, l’unica soluzione è lo stesso Male che l’ha generata. Per questo Simone Derai e Patrizia Vercesi utilizzano la parola aggressiva del docente e quella chiarificatrice di Socrate, a cui rispondono gli sguardi vitrei degli alunni, in un impianto visivo che unisce interpretazione dal vivo e video. Questo offre la saggezza di Socrate, in grado di aprire ancor oggi la mente di tutti, calati in una realtà contemporanea rappresentata da una scena cupa, in cui gli attori esprimono una verbosità prolissa e disperata, in cui la presunzione, l’arroganza e la prevaricazione spazzano via tutti come fossero foglie.
Davide Parpinel
http://classici.tcvi.it
http://www.anagoor.com/
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