Teatri di Vetro. Strategia cognitiva e difetto di massa
Teatri di Vetro ha ottenuto il riconoscimento di Festival di particolare interesse per la vita culturale della Città. Dal 14 settembre al 22 ottobre, ospita 45 spettacoli di teatro, danza e musica, fra cui 14 debutti nazionali. A Roma e in alcuni centri culturali della regione.
Giunto alla decima edizione, il festival Teatri di Vetro anima la Capitale con il consueto calendario di eventi performativi. La direttrice artistica Roberta Nicolai approfondisce i dettagli di una rassegna che si è guadagnata un posto di rilievo nel panorama italiano.
Quali sono gli elementi che hanno permesso a Teatri di Vetro di avere maggiore risonanza sul territorio italiano?
Abbiamo iniziato nel 2007 in un momento in cui sentivamo l’esigenza di far luce su una serie di percorsi artistici maturi, ma purtroppo poco conosciuti. Teatri di Vetro è un festival giovane, nonostante quest’anno compia dieci anni, ma forse è riuscito a diventare un punto di riferimento perché si concentra sulla scena contemporanea italiana. L’obiettivo di questo progetto è proprio aiutare gli artisti del nostro paese ad avere più spazio. Per i primi sette anni è stato lanciato un avviso pubblico, quindi il festival veniva organizzato in base alle richieste che arrivavano. Con il tempo abbiamo intercettato un numero sempre maggiore di risposte, riuscendo a strutturare meglio la nostra proposta.
Quali strategie utilizzate?
Tuttora continuo a utilizzare una “strategia cognitiva”: cerco di avvicinarmi ai gesti e ai percorsi artistici creando un dialogo, a volte diretto e a volte basato sull’osservazione. Oserei dire che c’è una condivisione passionale e questo gli artisti lo percepiscono. Non mi sento un programmatore e neanche un operatore culturale, sono più vicina a qualcosa che si può chiamare “inventore”, una figura che con la sua squadra di lavoro dilata i pochi mezzi a disposizione.
Da dove nasce il titolo di questa edizione, Difetto di massa?
È una definizione scientifica che indica come in un sistema non chiuso ci sia una perdita di energia. La massa totale è inferiore rispetto alla somma delle masse dei componenti. La massa persa è uguale all’energia scambiata con il resto dell’universo. Già dalla scorsa edizione, sono partita ragionando sul rapporto che c’è tra spazio singolare e spazio plurale, tra individuale e collettivo. Volevo mettere l’accento proprio sul “difetto”, andare a contrastare le forze omologanti che sono presenti anche all’interno della scena contemporanea risultando, spesso, anche più potenti. Sicuramente non tutti sanno cos’è il difetto di massa, ma credo si percepisca l’intento di mettere in risalto la diminuzione, la fragilità, la perdita. Non tendiamo a proposte di consumo culturale, lo dimostrano alcuni spettacoli destinati a un numero ristretto di spettatori. Consideriamo questo claim un augurio, una piccola promessa per il pubblico.
Il festival ha sede a Roma ma si dirama anche nel resto della regione. Si può parlare di una mappatura?
L’idea della mappa c’è sempre stata. All’inizio eravamo nel quartiere Garbatella di Roma e usavamo il Teatro Palladium, poi ci siamo aperti a diversi luoghi della città. Quest’anno abbiamo deciso di strattonare la forma del festival il più possibile allargando i tempi, in passato la programmazione doveva concentrarsi in quindici giorni. Lo spazio si è esteso di conseguenza. Inoltre, lavoro come dramaturg in alcune zone della regione e mi è sembrato naturale approfondire lo scambio con queste realtà. C’è persino una app che dà agli spettatori la sensazione di essere coinvolti in una piccola caccia al tesoro e che racconta i nostri dieci anni attraverso immagini e frammenti di drammaturgia originale.
Il programma include teatro, danza, musica e ospita numerosi artisti. Come sono nate queste collaborazioni?
Ogni singolo spettacolo ha un percorso di selezione diverso. Il primo lavoro di cui abbiamo parlato è FILM-macchina della vista e dell’udito di Opera, perché parte da una riflessione iniziata con la compagnia subito dopo la nona edizione. Differente è il percorso di Morte di Zarathustra di Teatro Akropolis, di cui ho visto diversi studi andando a Genova. Alcuni lavori sono debutti e sono stati scelti sia per il rapporto di fiducia instaurato negli anni con gli artisti sia perché abbiamo voluto fare una scommessa comune. Come è successo, per esempio, con Leviedelfool, compagnia che porterà al festival Antipodi #HERETICO in cui sono coinvolti anche Andrea Cosentino e Ilaria Drago. Inoltre, è stata fatta una call a cui hanno risposto oltre 500 progetti visionati tramite video. Ne ospitiamo tanti, ma ci sembrano sempre molto pochi rispetto al grosso investimento degli artisti e al grandissimo valore della scena italiana.
Quali saranno i nuovi orizzonti di Teatri di Vetro?
Sto provando a immaginare un progetto più radicale. Non ho ancora capito l’esatta direzione, ma mi piacerebbe cercare economie che permettano di andare al cuore, di lavorare sulla qualità artistica. Ecco, vorrei che Teatri di Vetro diventasse più “controculturale”. Ciò che cerco è lo spostamento, l’apertura verso l’anticonvenzionale.
Alessandra Corsini
Roma // dal 14 settembre al 22 ottobre 2016
Teatri di Vetro 10 – Difetto di massa
SEDI VARIE
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