Le stravaganti Silfidi di CollettivO CineticO
“Sylphidarium”, il nuovo spettacolo di Francesca Pennini, eredita gli elementi di peculiarità dei classici per tracciare un percorso che riflette sul rapporto tra narrazione e astrazione, con una formula drammaturgica che ibrida le due dimensioni, sintetizza i principi della storia, traspone eventi in funzioni e ne distilla la simbologia. Un’autopsia del balletto e della storia della danza, attraversando “La Sylphide” e “Les Sylphides”, con uno sguardo archeologico che si fa corpo nella tradizione del balletto e ne abita le carcasse.
SILFIDI E MODA
A sipario aperto una figura, in kilt e petto nudo, dorme sdraiata di schiena sul grande tappeto bianco che diventa fondale. Fanno da sottofondo il frinire delle cicale e grilli, e, subito, alcune note di Chopin. Un voce fuori campo declama l’inizio di un viaggio in un mondo fantastico popolato da creature che risiedono in un limbo sospeso. Se si cerca nel vocabolario il significato di Silfide, risulta: “Genii femminili della mitologia nordica, che popolano l’aria e i boschi, che possono essere sia benevoli sia malevoli; ragazza snella e agile con allusione a una leggerezza quasi evanescente”. Sono alquanto moderne e per niente evanescenti le creature che popolano la scena di Sylphidarium/Maria Taglioni on the ground, di Francesca Pennini e CollettivO CineticO (in scena a Le vie dei Festival di Roma, dopo il debutto a Torinodanza, e ora in tournée). Con geniale inventiva, la coreografa ferrarese avvia lo spettacolo attraverso una stravagante e coloratissima passerella di moda – che ricorda le performance di Vanessa Beecroft – con i performer che indossano costumi di varie fogge, kilt scozzesi, pellicce, cuoio, colbacchi; vestono tutine sportive, body filiformi, perizomi, infiocchettamenti strampalati e poi, ancora, guantoni da boxe ai piedi, zampe e pelle d’orso, costumi floreali e fetish, e molto altro. Insomma, un originalissimo campionario di un défilé fashion e fumettistico in cui incarnano, fantasiosamente, ciascuno un personaggio della storia de La Sylphide. È il noto balletto classico dell’impossibile amore tra un essere umano e una creatura soprannaturale, ovvero del protagonista James che riceve in sogno una visita da una Silfide alla vigilia delle sue nozze con la fidanzata Effie, cui si aggiungono uno strega e il pretendente Gurn, l’amico dello sposo, innamorato di Effie.
ANATOMIA DEL BALLETTO
Il titolo dello spettacolo si riferisce a Taglioni, che fu la prima grande ballerina romantica, e con la quale nacquero tutù e scarpette; e allude al balletto astratto di Fokine, in cui il poeta dialoga con silfidi sfuggenti, leggiadre, diafane. Ma i silfidi sono anche coleotteri che si nutrono di carogne. Ed ecco che Pennini, quasi da entomologa, riscrive a suo modo un’anatomia del corpo del balletto classico e innesca un cortocircuito tra i personaggi, tra elemento aereo e terreno, naturale e soprannaturale, materia e trasparenza. A creare un’ulteriore destrutturazione nelle tre parti dello spettacolo, è la musica elettronica dal vivo di Francesco Antonioni, che dialoga con le partiture di Chopin della violinista Marlène Prodigo e con la batteria di Flavio Tanzi.
Dentro questo universo sonoro contaminato si consumano rituali di innamoramento, tra competizioni e fughe, voli, sforbiciate aeree e sequenze rasoterra, assoli e coralità, fino a che la Sylphide imbrigliata di bianco come una larva, distesa a terra ormai morta, rimane in balia dei suoi predatori che la ricoprono di baci in tutte le parti del corpo, la alzano e portano via in una processione funebre. Il montaggio coreografico prosegue serrato fino a sfumare silenziosamente nella scena di picnic dove, smesse le corazze e diventati esseri umani, i danzatori, nudi, siedono attorno a una montagnola di popcorn mangiando pacificamente.
L’EPILOGO
La lenta uscita di scena di ciascuno segna un cambio totale nell’ultima parte. Eccoli riapparire in una frenetica sequenza corale di aerobica, con tute bianco e argento, con spazio per assoli di breakdance, hip-hop e posture scultoree. Il corpo liberato esplode in un trionfo motorio che sembra non avere fine, chiudendo uno spettacolo ricco di intelligente humour, di rigoroso linguaggio drammaturgico ed estetico, rivelando una nuova maturità compositiva di Francesca Pennini.
Giuseppe Distefano
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