La danza ipnotica di Anne Teresa De Keersmaeker. A Roma
Considerato dalla stessa coreografa uno dei punti più alti della sua produzione artistica, “Rain” è ispirato all’omonimo romanzo di Kirsty Gunn e costruito sulle musiche minimaliste di Steve Reich. Lo spettacolo è giunto al Romaeuropa Festival in un riallestimento per un rinnovato gruppo di dieci interpreti la cui danza, fatta di respiro e velocità in un contagiarsi reciproco dei movimenti, diventa flusso costante di frasi coreografiche, ripetizioni, variazioni e fioriture gestuali.
UNA FESTA PER GLI OCCHI
È un flusso musicale e visivo ipnotico, una spirale danzante che cattura. Un movimento incessante dove leggerezza e rigore sono plasmati da una gestualità aerea avvolgente. Raffinatezza formale e tecnica vertiginosa costituiscono Rain, creazione di Anne Teresa De Keersmaeker, sulla musica minimalista dello statunitense Steve Reich, spettacolo che ha incantato il pubblico del Romaeuropa Festival. Ed è una luminosa festa per gli occhi e per la mente la danza dei dieci danzatori – tre uomini e sette donne – di Rosas, la compagnia della coreografa belga. In costumi pastello, color carne, che muteranno in diverse gradazioni del rosa per, infine, trascolorare anche nel grigio e nel bianco, i performer occupano ininterrottamente tutto lo spazio del vasto palcoscenico chiuso da un tendaggio filiforme semicircolare. La corsa iniziale, che chiuderà anche il finale, creerà un campo di energia aperto a continui attraversamenti e intrecci di linee rette, diagonali, file, cerchi, spirali, prese, scivolamenti, salti, cadute e rialzate sempre sull’asse verticale, che generano un’architettura armonica estatica.
COREOGRAFIE ELEGANTI E ROBUSTE
Il debutto di Rain, entrato nel 2011 nel repertorio del Ballet de l’Opéra de Paris, risale al 2001 al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles ed è ispirato allo spettacolo In real time, le cui ultime parole del testo erano: “Spero che domani non pioverà”. Ripreso oggi dalla sua creatrice, conserva, anzi accentua, la propria bellezza strutturale, la robusta ed elegante tessitura coreografica che nasce sulla sovrapposizione ritmica delle note ripetitive di Music for 18 Musicians (1976) di Reich. Il ricco fraseggio gestuale della coreografia, a tratti solo maschile o femminile, si genera sul contrappunto dei clarinetti e successivamente degli archi. I movimenti corali, il loro convergere e distinguersi, si sviluppano come un’onda che va e viene, che espelle e riassorbe, con uscite dalle quinte o dal gruppo, posizionamenti seduti e rientri, per assoli, duetti, terzetti, quartetti e così via, seguendo una musicalità intrinseca ai corpi, che si propaga. E che li mette a dura prova fino allo sfinimento, sempre festante.
Giuseppe Distefano
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