L’omaggio iconoclasta di Enzo Moscato ad Annibale Ruccello

Un testo del 1987 mai andato in scena finora, e commissionato a Enzo Moscato alla morte dell’amico Annibale Ruccello, in cui l’autore lascia confluire il suo dolore e al tempo stesso tutto il disagio e il disappunto della scrittura “forzata” di una storia, l’ultima lineare per il teatro. Un testo che contiene in sé il furore iconoclasta del drammaturgo napoletano nei confronti della linearità drammaturgica e segna il passaggio artaudiano alla poesia, “l’eresia teatrale per eccellenza”.

UN TESTO MALEDETTO
Con una storia degna di un Genet partenopeo, eccoci ritornare nel cuore oscuro di una Napoli ancestrale, onirica, notturna, catapultati dentro un antico buio della coscienza bisognosa di un riscatto morale e civile ancora attuale. Enzo Moscato, per il tramite della sua scrittura barocca e degradata insieme, colta a e popolare, scava ancora una volta come un bisturi impietoso nella carne malata di Napoli, nel suo babelico cosmo. Lo fa con un testo, Bordello di mare con città, fra i suoi più duri e maledetti (come Pièce noir), scritto nel 1987 e mai rappresentato se non in una lontana versione radiofonica curata da Toni Servillo, e in un’altra, teatrale, nel carcere femminile di Pozzuoli con le detenute protagoniste, nell’ambito della rassegna Il carcere possibile. Ora è il regista Carlo Cerciello a (ri)dargli vita, in una produzione del Teatro Elicantropo e dalla Compagnia di Luca De Filippo, Elledieffe, diretta da Carolina Rosi, che ha aperto la bella stagione del Teatro Bellini di Napoli, e che riporta in luce quella drammaturgia contemporanea di matrice partenopea che tanta influenza ha avuto nella storia teatrale recente, e di cui Moscato è stato, ed è, tra gli autori più significativi. Complice la sua scrittura iconoclasta, che qui si manifesta nel rompere con una struttura drammaturgica lineare passando dalla dimensione realistica del primo atto a quella fortemente onirica del secondo, spiazzante nella forma e nei contenuti, punto di non ritorno rispetto alla qualità della sua poetica scenica.

Enzo Moscato, Bordello di mare con città - photo Andrea Falasconi

Enzo Moscato, Bordello di mare con città – photo Andrea Falasconi

UNA STORIA TORBIDA
Il testo ruota attorno a una storia torbida di desideri malati della carne – e dello spirito – di pulsioni spudorate e peccaminose, di follia latente e di religiosità squilibrata: sei personaggi all’interno di un ex casa di tolleranza dell’epoca fascista, trasformata in luogo devozionale e di culto a causa dei presunti miracoli operati da una ex prostituta di nome Assunta, manipolata a sua volta per essersi votata anni prima a una vita di pentimento e di rinuncia. In questa casa di misteri e di “eventi soprannaturali”, si affrontano e si scontrano le inquiete esistenze di un manipolo di donne, differenti per carattere, provenienza, ideali di vita. L’inizio dello spettacolo è in una penombra di loculi, una facciata che rumorosamente si abbatterà di colpo immettendoci in una luminosa stanza dalle pareti rosa con, al centro, due statue bianche con candelabri a far da altarino a un quadro posto in alto, un’effigie della defunta tenutaria dell’ex casa d’appuntamenti, Donna Rosa Abbate, che qui è identificata con la foto di Annibale Ruccello (ritratto che lo ricorda nella sua nota pièce Le 5 rose di Jennifer).
Al drammaturgo, prematuramente scomparso 30 anni fa a causa di un incidente, è dedicato il testo, all’epoca commissionato a Moscato proprio per la morte dell’artista partenopeo, in sostituzione di quello che lo stesso Ruccello avrebbe dovuto scrivere e portare in scena. E quella morte violenta, tragica, il trauma della perdita precoce di un amico e collega, l’elaborazione del dolore, sono riversati da Moscato sia nel personaggio di Betti – la ragazzina dodicenne che, in quella casa ambigua dove abita con la madre e le altre tre donne, troverà la morte precoce a causa dell’abuso di uno sgradevole zio cardinale nelle cui braccia, a spingerla, sarà la stessa madre –, sia,  soprattutto, in quel desiderio vaneggiante di resurrezione, di richiesta di miracolo col ritorno alla vita, che connota, in maniera visionaria, la seconda parte della pièce. La fanciulla l’avevamo ascoltata nel prologo, impaziente e gioiosa per l’approssimarsi della sua iniziazione sessuale; mentre, in ultimo, la troviamo collocata dentro una bara bianca, con in basso una grande maschera di Pulcinella.

Enzo Moscato, Bordello di mare con città - photo Andrea Falasconi

Enzo Moscato, Bordello di mare con città – photo Andrea Falasconi

UN RISCATTO IMPOSSIBILE
Qui il suo corpo è esposto alle intemperie linguistiche di quel coro delirante di voci che, incluse canzoni e recitato dal tono brechtiano, ritmano questa inquietante ballata di miseria e sopravvivenza, metafora dell’impossibilità di un sogno: quello del riscatto umano e civile di una città. Il furore gestuale e verbale che anima lo spettacolo è tutto sostenuto dalle magnifiche attrici – Imma Villa, Fulvia Carotenuto, Cristina Donadio, Ivana Maione, Sefora Russo – e da Lello Serao nei panni del cardinale, mentre lo stesso Moscato si ritaglia il ruolo di un giornalista che indaga sui misteri della casa. Determinante il contributo scenico di Lorenzo Amato, i costumi – castigati, con corpetti sui fianchi delle donne, nella prima parte; rossi e lussuriosi nella seconda – di Alessandro Ciammarughi, il suono di Hubert Westkemper, le luci di Cesare Accetta.

Giuseppe Distefano

www.teatrobellini.it/spettacoli/143/bordello-di-mare-con-citta

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Giuseppe Distefano

Giuseppe Distefano

Critico di teatro e di danza, fotogiornalista e photoeditor, fotografo di scena, ad ogni spettacolo coltiva la necessità di raccontare ciò a cui assiste, narrare ciò che accade in scena cercando di fornire il più possibile gli elementi per coinvolgere…

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