Tra musica e danza. La Cenerentola di Giuseppe Picone
Il Teatro di San Carlo di Napoli ha ospitato uno dei balletti più applauditi, ma meno rappresentati, sui palcoscenici di tutto il mondo. Grazie alla coreografia di Giuseppe Picone e al talento dei ballerini, un classico come Cenerentola ha saputo conquistare un’importante nota di attualità.
Il balletto Cenerentola è tornato sul palcoscenico del Teatro di San Carlo di Napoli dopo diciotto lunghi anni di assenza e c’è da chiedersi il perché di tanta attesa. Probabilmente uno dei motivi per cui la fiaba più amata in assoluto trasposta in versione ballettistica si faccia tanto desiderare sui palcoscenici di tutto il mondo – pare sia uno dei balletti meno rappresentati – è la complessità della partitura musicale nata dall’estro del compositore ucraino Sergej Sergeevic Prokof’ev. Si tratta di una musica con repentini e inaspettati cambi di registro, un insieme di fraseggi lontani dalla quadratura sintattica del più famoso compositore russo tardoromantico Pëtr Il’ič Čajkovskij, cui si deve la creazione di capolavori come Lo Schiaccianoci, La Bella Addormentata o Il Lago dei cigni. È noto che Prokof’ev desiderasse ardentemente comporre una musica che riportasse alla magnificenza delle più grandi composizioni russe di fine Ottocento, eppure il fascino che subì dai movimenti futuristi in Italia e dalle frizzanti novità dei Ballets Russes di Djagilev condizionò tutta la sua produzione conferendo alla più romantica tra le opere, per l’appunto Cenerentola, un carattere incredibilmente moderno.
UN’INTERPRETAZIONE RIUSCITA
Il balletto, andato in scena al Teatro di San Carlo con la coreografia dell’étoile Giuseppe Picone, direttore artistico del corpo di ballo del Massimo napoletano, apre il sipario su un lavoro che colpisce in quanto a costumi, scenografie e interpretazione. Ancora una volta lo scenografo Nicola Rubertelli pare rendere omaggio al pennello di Gustav Klimt ricordando nei colori del grande fondale della seconda scena (le Stagioni) il celebre Bosco di betulle (1902) e riportando sulle vesti di alcuni personaggi inseriti nel grande telone le tipiche fantasie del maestro del Secessionismo Viennese. L’operato della sartoria diretta da Giusy Giustino è in perfetta sintonia con le cromie della scena, dividendo lo spettacolo in due atmosfere ben distinte che si alternano tra loro facendo viaggiare lo spettatore avanti e indietro nel tempo, tra il romanticismo tenue e morbido di fine Ottocento e la spregiudicatezza del primo Novecento. La scena è invasa a momenti da colori pastello e a momenti da colori sgargianti, assecondando la musica, la trama e il carattere dei personaggi. Il tutto avviene all’unisono con le coreografie originali di Picone che, in questa sua versione di Cenerentola, rispetta la storia narrata da Charles Perrault, mantiene integra la partitura musicale e studia minuziosamente la gestualità dei personaggi rendendola attuale e verosimile allontanandosi da quella mimica teatrale che troppo spesso risulta caricata e pomposa. Le sorellastre Arabella e Araminta, interpretate rispettivamente da Candida Sorrentino e Sara Sancamillo, sono certamente i personaggi più riusciti dell’intero spettacolo tanto per la credibilità espressiva, che mai scade nell’eccesso, quanto per la sicurezza e padronanza tecnica anche nelle più difficili sequenze coreografiche. La più grande sfida, quella che poi le è valsa applausi a scena aperta e grandi approvazioni nei saluti, l’ha senza dubbio affrontata Annachiara Amirante nei panni della fata/madre. In questa versione la madre defunta ritorna nelle vesti della fata turchina rendendo il racconto più dolce e accompagnando Cenerentola lungo tutto il suo percorso in scena. Dolcezza frizzante, morbidezza scattante, velocità e pose plastiche rendono l’assolo dell’Amirante un vero e proprio ossimoro danzato, la cui difficoltà tecnica mette in luce doti più che mature.
CENERENTOLA E IL PRINCIPE
Ospite d’onore nei panni di Cenerentola una Maria Eichwald (prima ballerina dello Stuttgarter Ballett) precisa e disinvolta, perfettamente calata nei panni della giovane ragazza invisibile al mondo, ma con un grande sogno di rivalsa. Un’interpretazione fiera e degna di plauso che però risente del paragone con la forte presenza scenica e bellezza della già citata Amirante/fata. Il ruolo del principe è affidato ad Alessandro Staiano, talentuoso ed esplosivo ballerino fortemente voluto da Roberto Bolle nel suo ultimo tour del Bolle and Friends. L’indiscussa presenza scenica e il cosiddetto physique du rôle fanno sì che il pubblico lo accolga con un forte applauso al suo primo ingresso così come avviene per le stelle internazionali. Non delude il principe tra virtuosismi tecnici incorniciati da una spregiudicata sicurezza che da sempre lo caratterizza e la passione incontenibile con cui vive il suo personaggio. Le coreografie di Picone sono efficaci, impegnative e perfettamente aderenti alla partitura musicale di cui colgono ogni singola nota, trasformando i danzatori in veri e propri strumenti musicali. In altre parole, in alcuni momenti si ha la sensazione di assistere alla materializzazione della musica. Volendo trovare una debolezza dal punto di vista coreografico si può dire che le variazioni delle quattro stagioni non sembrano essere curate nel dettaglio come il resto del lavoro e mantengono un profilo medio senza momenti degni di nota. Oggi il San Carlo vanta un corpo di ballo – in questo caso rinforzato con dodici coppie scelte mediante audizione – perfettamente in grado di raggiungere la fama di colleghi attivi sulla scena nazionale e internazionale. Il lavoro di minuziosa valorizzazione di ogni elemento è ancora all’inizio, ma le potenzialità ci sono e i palcoscenici in giro per il mondo che spingono per avere tra i propri ospiti i ballerini del lirico partenopeo ne sono una tangibile dimostrazione. Al San Carlo il sold out è assicurato e, mentre in altre città i corpi di ballo vengono sacrificati sull’altare di una miope spending review, a Napoli si batte cassa e si investe.
– Manuela Barbato
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