Shakespeare e la società dello spettacolo. A Spoleto
Con Troilovscressida, il duo Ricci/Forte, in una produzione del Teatro Biondo di Palermo, ha riletto la poetica shakespeariana, nell’ambito del 60° Festival dei Due Mondi di Spoleto.
“Lussuria, lussuria; sempre guerra e lussuria; non c’è nient’altro che resti di moda”. Così scriveva Shakespeare a proposito della guerra di Troia, nella tragedia Troilo e Cressida. Rileggendo il testo con un allestimento che unisce il teatro alla danza, per il 60° Festival di Spoleto, i registi Ricci e Forte sembrano dirci che niente è cambiato, in 2500 anni di storia umana.
L’approccio scelto dalla regia punta a una decisa satira contro la “società dello spettacolo”, le sue frivolezze e vanità, e la superficialità che ne consegue. La guerra di Troia vista come conseguenza degli appetiti sessuali della leggendaria Elena, mentre fra i valorosi (o presunti tali) guerrieri greci e troiani serpeggiano invidie, rivalità, narcisismi, meschinità, e combattere sembra essere l’unico modo per riempire giorni che altrimenti scorrerebbero nella monotonia. Il coro femminile è una pletora in adorazione di questi “divi” prestanti ma vuoti, cui sono riservate espressioni salaci, nello stile dei talk show televisivi.
Lo spettacolo si muove su un buon ritmo, tranne forse alcune lungaggini in scene didascaliche, ma nel complesso riesce a coinvolgere il pubblico con un’atmosfera decisamente spiazzante.
UNA RILETTURA RADICALE
Quindici attori che sono, di volta in volta, alunni della scuola elementare e guerrieri, mettono in scena quella che è, di fatto, un’amara lezione di storia sui generis ambientata nel presente, rievocando avvenimenti del passato. Un doppio filo temporale diviso fra danza e recitazione. La danza è aggressiva, al ritmo di una bizzarra musica disco-punk, che ricorda la controversa esperienza Oi della fine degli Anni Settanta, legata alla sottocultura skinhead; a questa si aggiungono le più suggestive musiche tradizionali siciliane, che apportano alla scena un’atmosfera ancestrale, in aperto contrasto con la contemporaneità della rilettura.
La scenografia è dapprima un’aula scolastica ‒ con un’enorme lavagna che porta scritti i nomi di eroi e grandi personaggi della storia greca, da Ettore ad Achille, da Agamennone a Cassandra ‒, poi una sorta di “salone di bellezza”, e infine spazio indefinito dove il pubblico può immaginare le vestigia dell’antichità classica. È infatti sull’immaginazione che si fonda buona parte del fascino del teatro, che va oltre la realtà visibile e combina spazi e tempi anche molto lontani fra loro.
Il registro linguistico si muove su differenti livelli, facendo largo uso di termini televisivi, del gergo sessuale, del gossip politico e rendendo bene l’idea dello scialbo livello intellettuale della società di massa. A tutto ciò si alterna il dialetto siciliano, dai suoni aspri ma solari.
Elementi certamente estranei a Shakespeare, ma che ben combinati regalano al pubblico uno spettacolo originale e a tratti caustico.
AMORE E POTERE
Radicale nelle sue forme espressive, l’opera mette alla berlina la società dello spettacolo, con i suoi colori scioccamente sgargianti e le sue intime meschinità.
Troilo è a suo modo l’eroe romantico, idealista, innamorato di Cressida, ma troppo timido per esternare i suoi sentimenti, e sente venire meno il suo slancio guerriero, proprio in virtù di questo amore. Rispetto ai suoi commilitoni, è una voce fuori dal coro, che rifiuta l’omologazione e l’obbedienza di massa. Quando riesce a parlare alla donna, ne scaturisce un dialogo che è un confronto sull’amore, non privo di sincero romanticismo e sentimenti autentici.
Il coro femminile dibatte animatamente su chi, fra i guerrieri troiani, sia il più valoroso; una discussione che si muove tra pettegolezzi, apprezzamenti salaci, isterie e invidie, in un clima di solito riservato ai divi dello spettacolo. Nei momenti di riposo, come fossero in un salone di bellezza, i guerrieri greci si prendono cura del corpo, e discutono dell’andamento della guerra e sul potere politico che detiene la facoltà di dichiararla. Una facoltà esercitata quasi sempre per mantenere l’ordine e far sì che la forza si sostituisca al diritto.
O ancora, l’opportunità di cedere alle richieste dei troiani, restituendo loro Elena; qui entra però in gioco la questione dell’onore, del non potersi ritirare da un’impresa che è già costata molte vittime e iniziata per di più con entusiasmo.
Spettacolo interessante, un po’ ridondante nelle scene didascaliche, ma comunque originale nella rilettura. Tuttavia, privilegiando l’aspetto concettuale rispetto a quello performativo, se ne sarebbe potuto fare uno spettacolo più incisivo, muovendo da una critica generale a una più mirata. A questo proposito, un po’ scialba la figura di Cassandra, che resta in ombra mentre avrebbe avuto il potenziale per esercitare il ruolo di vera coscienza critica dello spettacolo, che perde invece una protagonista e la possibilità di un approfondimento concettuale.
ALCUNE OMBRE
Pur interessante, lo spettacolo è probabilmente debole sull’aspetto narrativo; c’è infatti un radicale cambio di atmosfera nella parte finale, in cui a una scena un po’ forzata con i guerrieri, che riscoprono l’innocenza affidando ai diari i loro desideri di rimanere sull’ “isola che non c’è”, segue una lunga performance di danza, che chiude il cerchio con quanto affermato all’inizio circa la vera causa che ha scatenato la guerra di Troia. Manca però la continuità con la critica alla società dello spettacolo, che nel finale sembra appunto rimanere nell’ombra. Così come l’amore di Troilo per Cressida, che pure ha lanciato spunti efficaci nelle scene precedenti.
Nel complesso, lo spettacolo supera la prova, trattandosi di una non banale rilettura shakespeariana, nell’ottica di una fondata critica alla società contemporanea.
‒ Niccolò Lucarelli
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