Danza corpo a corpo. Caino e Abele secondo Roberto Zappalà
La nuova creazione di Roberto Zappalà, che ha debuttato a Scenario Pubblico, indaga la violenza che i corpi subiscono ed esprimono sin dall'inizio della vita. Una meditazione sul bene e il male, sulle lotte dell’umanità partendo dalle due figure bibliche.
È un corpo a corpo fisico, energico, potente. Di prese, di sguardi, di parole e di abbai. Di balli, di corse, di atterramenti. Tra due fratelli, due uomini, Caino e Abele, figli dell’umano calore. Due figure in cui scorre lo stesso sangue, che ha radici profonde nella storia di ieri e di oggi. Sangue che pulsa tenerezza e violenza, fragilità e forza, amore e odio. Che genera legami e divisioni, lotte e unioni, abbracci e distacchi. La nuova tappa del sentire, dello scavo ardito tra le pieghe dell’umano, della memoria ancestrale inscritta nelle membra e fatta riemergere nelle loro fronde, è per Roberto Zappalà un passaggio necessario nel percorso sempre più chiaro e urgente di definire una mappa dell’anima che possa tracciare segni di appartenenza, di comunanza del consorzio umano.
CORPO A CORPO
Approdo e punto di ulteriore partenza è la nuova creazione Corpo a Corpo (1° meditazione su Caino e Abele), primo di due step di “meditazione” insieme a Come le Ali (in scena il 19 e 20 maggio a Viagrande Studios a Viagrande, Catania) che comporranno, seppur ciascuno con una loro autonomia artistica, un unico spettacolo, Liederduett, creazione per quattro danzatori, pianoforte e controtenore, il cui debutto è previsto al Festival Bolzano Danza il 18 luglio. E già il titolo chiarisce la tematica che il coreografo catanese indaga dentro quel grande alveo del suo progetto Transiti Humanitatis. Transitano nella penombra i due pugili agli angoli del ring definito da linee immaginarie e da fari di luce, che al suono del gong, incitati dalle voci della folla, ingaggiano una vera lotta. Smessi guantoni e casco, e indossata una t-shirt, i due danno avvio a quel corpo a corpo del titolo che li vedrà continuamente trasformarsi assumendo posture da cani ringhiosi a fratelli amanti, mutando animo da nemici ad amici, rompendo e ricomponendo gesti e movimenti che dicono sentimenti celati, poi espressi; pensieri trattenuti, poi esplicitati. Li diranno anche con le parole, definendosi, ciascuno, vittima e assassino, buono e cattivo, violento e pacifico, egoista e altruista, tutto e niente, luce e buio. I due seguono traiettorie circolari nell’annusarsi guardinghi e nello strisciare a quattro zampe, nel correre da fermi e nel circoscriversi dinamico. Conquistano posizioni verticali nel riconoscersi uguali e protettivi, liberi e schiavi del loro pulsare. Rincorrono linee di difesa e di attacco nello spazio scenico delimitato di sale che verseranno da due secchi metallici, per definire confini emotivi che ritmano l’alternarsi di bene e male nel rapporto che scoprono degradare man mano.
COMBATTIMENTI ESAUSTI
Zappalà plasma sui corpi dei due magnifici danzatori, Gaetano Montecasino e Fernando Roldan Ferrer, una poetica densità di immagini, di energiche figurazioni che rimandano anche a opere pittoriche. Ed è esplicito, e di vibrante plasticità, il riferimento al quadro di William-Adolphe Bouguereau, Il primo lutto, trasfigurazione danzata del primo fratricidio dell’umanità, un duetto di rotolamenti e prese sulle ginocchia a terra coi corpi strattonati e flaccidi che si stringono e cedono. Corpi sfibrati che si rianimano e riprendono a danzare su una canzone di Nick Cave e sulla musica di Johannes Brahms; che respirano del loro reciproco articolarsi nel sorreggersi, nell’aprirsi con le braccia a croce, nell’intrecciarsi furente e placato con un plotone di luci a terra che illuminano le pieghe poliformi. Crespe silenziose che, infine, giungono ad acquietare ogni respiro e fatica sotto quell’onnipresente guantone da boxe sospeso; totem che, squarciato, verserà una pioggia di sale coprendo l’esausto combattimento dei due corpi adagiati e addormentati.
‒ Giuseppe Distefano
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