Il comizio pop di Babilonia Teatri
Nell’ambito di “Strade Maestre”, stagione teatrale di Koreja a Lecce dedicata ad Alessandro Leogrande, è andato in scena “Calcinculo”. L’ultimo spettacolo della compagnia veronese.
Danno forma e struttura a un autentico presidio di crescita civica le proposte teatrali di Koreja. La realtà culturale leccese ha impaginato un programma, una stagione teatrale dedicati al compianto Alessandro Leogrande immaginati come spazio dell’inclusione e della riflessione. La conferma viene dallo spettacolo andato in scena lo scorso 15 dicembre.
Si tratta di Calcinculo, ultima produzione di Babilonia Teatri, la compagnia fondata da Enrico Castellani e Valeria Raimondi. Una scena scarna, popolata da simulacri, da poche, essenziali tracce di una civiltà in dismissione avvolta in una retromania angosciata e esilarante. È un elemento della giostra che dà il titolo alla pièce a staccarsi come icona di un mondo accelerato e appiattito su un eterno presente da cui sfuggire guardando indietro, alla ricerca di atmosfere da festa patronale di provincia o a improbabili raduni di seguaci della Liga Veneta, come suggerito dalle bandiere con il simbolo del leone alato. Altro elemento scenico è una batteria di estintori, ambiguo incastro segnico che, da una parte, allude al possibile spegnimento dell’incendio sociale che avvelena le esistenze contemporanee e, dall’altra, evoca l’apertura di questo infausto millennio a Genova con le manifestazioni contro il G8 del 2001.
UN QUOTIDIANO FUORI ASSE
È Valeria Raimondi a contribuire a questa dimensione retrò con una gestualità sospesa tra Cristina D’Avena e una popstar di provincia, ma dietro questa apparente e disturbante leggerezza si nasconde nei testi delle canzoni una lucida fotografia del nostro tempo, sintetizzata in un ritornello tagliente quanto struggente: “La mia depressione fa orario continuato / ho chiesto il part time ma non me l’hanno dato / mi sono suicidato”. Da sempre, Babilonia lavora su materiali potenti e assolutamente contemporanei presi da un quotidiano fuori asse e slabbrato, dove la potenza della messa in scena sta in una crudezza scandita con ritmi veloci, da concerto, dove noi spettatori siamo presi in una frenesia fatta di invettive declamate al microfono da Enrico Castellani, frontman dalle movenze techno-punk. Nel caso di Calcinculo siamo nel mezzo di una sagra di paese dove sfilano cani da compagnia per un’improbabile gara canina o un coro di alpini attempati che declamano la necessità di una misura, di un metro per comprendere il mondo nostro contemporaneo. È una paura fuori controllo, spesso, a emergere nelle parole declamate da Castellani: “Mi chiudo in casa con doppia mandata / inchiodo la porta / la saldo / la blindo”, un delirio della fobia dell’altro che sia il vicino o la minaccia dello straniero percepita come paranoia che immobilizza.
UN ATTO POLITICO
Tutto risulta frammentato e disperso in un crescendo che rende necessaria una particolare tecnica del tempo e dell’attenzione. Una percezione multitasking indispensabile per la sopravvivenza in un contesto selvaggio dove, come animali, non è possibile immergersi in una dimensione contemplativa, perché continuamente siamo chiamati a rielaborare le situazioni. Un’attenzione diffusa ma superficiale che contribuisce allo sfaldamento e all’incapacità di comprendere l’insieme delle situazioni. Scisso e molteplice è l’impianto drammaturgico di questo comizio pop, urlato e cantato da Babilonia Teatri. L’elemento che tiene insieme il tutto è il desiderio quasi sociologico di scavare nelle pieghe desolate di un paesaggio umano di provincia travolto dalla globalizzazione e dall’accelerazione tecnologica. Calcinculo è un atto politico, agonistico nel suo farsi senza respiro, senza pause, critica profonda alla nostra società ignorante e paradossale. Una sequenza di calcinculo ben assestati contro tutti gli asset di un sistema allo sbando nella sua cruda e violenta realtà.
‒ Marco Petroni
www.teatrokoreja.it
www.babiloniateatri.it
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