Memorie contemporanee. Lo spettacolo di Teatro Nucleo
Nel Festival Post-Memoria al Teatro Julio Cortázar di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, va in scena in anteprima lo spettacolo “Contra Gigantes” dello storico Teatro Nucleo. Lo spettacolo è il clou del cartellone dedicato alla memoria collettiva e ai percorsi contemporanei contro impunità e ingiustizia tra Italia e Sud America.
“Ma Ascoli Piceno esiste davvero?”. Esordiva così un racconto di Giorgio Manganelli per la rivista Marka. Con “In un borgo che non voglio ricordare nella Mancia” iniziano invece le avventure di Don Chisciotte, che il Teatro Nucleo riprende in mano dopo quel Quijote! che negli Anni Novanta accumulava oltre trecento repliche per le strade del mondo.
Oggi Horacio Czertok ha qualche capello bianco in più ma la Mancia è rimasta terra di amore e di lotta, di scorribande clandestine, di resistenza tenace al potere costituito. “Non c’è possibilità di falso nel teatro: è un incontro di corpi reali in uno spazio reale, in tempo reale. Ed è molto più politico oggi che nel passato”, ha detto recentemente il direttore del Gorki Theater, Jens Hillje.
Qui, sotto la riva del Po, il teatro può solo essere così e la Mancia una pagina in cui trovare giustizia, che il potere sia Carlo V o una falsa democrazia populista.
CONTRA GIGANTES
Prima dello spettacolo, sullo stesso palco che ospita Contra Gigantes, gli avvocati che difendono in Italia le vittime dell’operazione Condor e i figli dei desaparecidos hanno tradotto quei fatti di quarant’anni fa in una categoria del presente: Italia e Argentina, la storia di ieri è uguale a quella di oggi. Perché la storia ci offre modelli che si ripetono nelle forme, è l’eredità che ci ha lasciati Todorov. I desaparecidos sono gli annegati nel Mediterraneo di oggi e i processi che si celebrano nell’Emilia Felix sono la necessità di un nuovo racconto che rilegga e dia giustizia a quei fatti.
I lutti non si elaborano, ma si possono sublimare nell’arte. Così faceva Julio Cortázar a cui il Teatro Nucleo ha dedicato, unico in Europa, lo spazio che ha ospitato il Festival Post-Memoria.
L’ignoranza è la peggior servitù, insegnava Oscar Venturelli, la figlia del papà ucciso dalle milizie è sugli spalti del teatro, tra spettatori da “educare”, veri soggetti attivi del cambiamento. Prima la voce radiofonica del compianto giornalista Alessandro Leogrande ha parlato di questo prete, professore universitario deportato e fatto sparire. Verità scomode, ma il palco da cui pronunciarle è sempre lo stesso.
Per questo non c’è alternativa alla verità e anche l’attore Horacio Czertok, nel suo lavoro su Don Chisciotte, esce ed entra dal suo personaggio per innescare altri cortocircuiti di senso.
Gli avvocati avevano ricordato i sessantanove ragazzi torturati e uccisi in America Latina, Don Chisciotte numera i dodici detenuti che arrancano con le catene al collo nella Mancia.
Il festival non ha la retorica della memoria, né la ridondanza dell’epica. La cronaca è cronaca, i fatti sono fatti. Il Teatro aggiunge “solo” l’immaginazione.
DA DON CHISCIOTTE AI DESAPARECIDOS
Sul palco dove s’agita il corpo non c’è nulla, il deserto della Mancia battuto solo dal rumore del treno che lì vicino viaggia verso Venezia. Nel nero solo la carne “tremula” che sussulta scosse artaudiane.
Horacio non ha più le macchine sferraglianti degli Anni Novanta ma ce le lascia immaginare, avvampandoci con gli occhi e avvolgendoci con abbracci di parole in spagnolo. Altro che mulini a vento.
Quaranta battaglie ha combattuto Chisciotte, e ne ha vinte venti. Chi lo chiama perdente mente. Chi lo chiama pazzo pure. Horacio saltella da un faro all’altro e dall’autore al personaggio, dall’attore al narratore, “ingegnoso narratore” come lo chiamava Ivano Fossati. Sì perché inventarsi che i mulini erano i Fugger, banchieri usurpatori dei contadini spagnoli e “la pastora” la prima donna a emanciparsi già nel Seicento, è da rivoluzionari.
“Qualsiasi forma di emancipazione umana avvicina l’uomo a Cristo”, insegnava ai suoi ragazzi il desaparecido Venturelli. Qui il teatro è la sola strada.
‒ Simone Azzoni
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati